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Concetti Chiave

  • L'assassinio dell'Arciduca Francesco Ferdinando nel 1914 innescò una serie di alleanze che portarono rapidamente allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, con l'Austria che dichiarò guerra alla Serbia.
  • La guerra si trasformò rapidamente in un conflitto di massa e di trincea, caratterizzato dalla "guerra di posizione" e da battaglie sanguinose come quelle sulla Marna e sul fronte orientale.
  • La partecipazione dell'Italia alla guerra, inizialmente neutrale, fu motivata da promesse territoriali fatte con il Patto di Londra, portando alla mobilitazione di milioni di italiani.
  • L'ingresso degli Stati Uniti nel conflitto nel 1917 e il ritiro della Russia contribuirono a modificare l'equilibrio delle forze, portando infine alla sconfitta degli Imperi Centrali nel 1918.
  • Le trattative di pace di Parigi furono segnate da richieste punitive nei confronti della Germania, piantando i semi per future tensioni globali e portando alla formazione della Società delle Nazioni.

Indice

  1. La scintilla della guerra
  2. L'entrata in guerra delle nazioni
  3. La delusione della guerra
  4. Il piano Schlieffen e la guerra di posizione
  5. La neutralità italiana e le tensioni interne
  6. La lingua italiana e la guerra
  7. Le offensive italiane e la disciplina
  8. Il genocidio armeno e le promesse disattese
  9. La guerra sottomarina e l'entrata degli USA
  10. L'innovazione tecnologica e la propaganda
  11. La disfatta di Caporetto e la reazione italiana
  12. Il cambio di strategia e l'entrata degli USA
  13. La fine della guerra e le trattative di pace
  14. Le trattative di pace e le conseguenze
  15. La spartizione degli imperi e la delusione italiana

La scintilla della guerra

La tradizionale differenza tra cause e scintilla vacilla studiando la prima guerra mondiale, che scatta proprio per una scintilla: l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono d’austria (in sostituzione del figlio dell’imperatore, morto suicida).

L’attentato avvenne il 28 Giugno 1914 a Sarajevo, in Bosnia, territorio austriaco dal 1908 (ciò porto i servizi segreti austriaci, ostili all’erede al trono, ad essere inizialmente accusati di complicità, accuse poi confutate). La nazionalità serba dell’anarchico omicida, Gavillo Prjncip, portò l’Austria ad accusare la Serbia, inviando un ultimatum con richieste umilianti, rifiutato dalla Serbia. Il 28 luglio del 1914 l’Austria dichiara guerra alla Serbia.

L'entrata in guerra delle nazioni

La Russia di Nicola II scende a sostegno della Serbia, seguita dunque, il 1 Agosto, dalla Germania a sostegno dell’Austria Ungheria contro Russia e Francia. La Gran Bretagna scende dunque in guerra il 4 Agosto a sostegno della Francia. Il 6 Agosto l’Austria Ungheria dichiara guerra alla Russia.

La delusione della guerra

L’entusiasmo derivante dallo scoppio del conflitto e portò molti (come Ungaretti) a presentarsi come volontari nell’esercito regolare. Davanti alla realtà della guerra, scatta la delusione in molti che avevano prospettato l’aspetto eroico del combattimento: la morte, invece, diviene anonima, di massa, non eroica ne celebrata.

Il piano Schlieffen e la guerra di posizione

I tedeschi, sotto i dettami del piano Schlieffen, attaccarono rapidamente la Francia (per poter avere poi le mani libere con la Russia) aggirando le difese attraverso il Belgio, dove inaspettatamente trovarono una forte resistenza, portando al fallimento del piano e alla cosidetta “guerra di posizione” sulle rive del fiume Marna e, successivamente, anche sul fronte orientale con il lento scontro tra Austria e Russia.

La neutralità italiana e le tensioni interne

Dal 1882 l’Italia aveva firmato la Triplice Alleanza con Germania e Austria, abbandonano la solida posizione filofrancese in seguito agli scontri coloniali in nord Africa e alle lotte economiche in relazione all’industria vinicola. L’alleanza conteneva una clausola che garantiva sostegno soltanto in difesa di uno dei paesi firmatari: questo giustificò, dal punto di vista giuridico, la neutralità italiana in relazione all’attacco austriaco verso la Serbia. Alla guerra si oppongono i socialisti, pacifisti per eccellenza perché puntano alla rivoluzione internazionale dei proletari, e i cattolici, che vedono la guerra come scontro tra paesi cattolici. Gli interventisti italiani erano divisi tra coloro che sostenevano il rispetto del trattato con l’Austria e coloro che invece proponevano un cambio di fronte a favore di Inghilterra e Francia. Il più famoso neutralista fu proprio Giolitti, che aveva intuito la centralità assunta dall’Italia per le sorti del conflitto: era dunque possibile ottenere delle concessioni (Trentino, Alto Adige, Venezia Giulia ed Istria, la Dalmazia, le isole del Dodecaneso, alcune colonie tedesche e il protettorato dell’Albania) senza entrare in guerra. Queste richieste puntavano al completamento territoriale che mancava dall’unità d’Italia (i nazionalisti parlavano del conflitto in corso come IV guerra di indipendenza). La situazione, al termine del conflitto, cambiò con la caduta degli Imperi centrali e la nascita della Jugoslavia, che impedì alcune concessioni territoriali, (nonostante l’ottenimento di quasi il 70% dei territori richiesti) portò alla delusione nazionale e all’allontanamento dell’Italia, potenza secondaria, dai colloqui di pace. Il governo italiano, nel 1915, con il Patto di Londra entra nella Triplice Intesa, tenendo all’oscuro il parlamento. Il 23 Maggio 1915 l’Italia dichiara guerra all’Austria, portando alla mobilitazione di circa cinque milioni di italiani e la militarizzazione delle industrie.

La lingua italiana e la guerra

Nella storia della lingua italiana, la I guerra mondiale rappresenta una tappa importante per l’unificazione linguistica italiana: la convivenza obbligata nelle trincee tra italiani provenienti da diverse regioni portò alla nascita di una lingua comune, oltre ai dialetti. Come già sappiamo, gli altri strumenti di unificazione linguistica furono la scuola e, successivamente, la televisione.

Le offensive italiane e la disciplina

Il generale Cadorna, capo di stato maggiore dell’esercito, organizzò diverse offensive sul fronte dell’Isonzo (le cosiddette “spallate” sanguinoso e tatticamente inutili). L’unica vittoria, ottenuta con la conquista di Gorizia nell’Agosto del 1916, fu simbolicamente importante ma anche questa tatticamente inutile. Gli austriaci, nel frattempo, organizzarono una “spedizione punitiva” contro gli Italiani traditori (portando tra l’altro alla cattura di Battisti e Fields, austriaci arruolatisi nell’esercito italiano); l’assalto fu fermato dopo 20 chilometri di sfondamento dall’esercito italiano. Di fronte alla situazione bellica, il governo di Salandra si sciolse aprendo le porte ad un governo di concentrazione nazionale (composto anche dai socialisti) e presieduto da Paolo Boselli. Nel 1916 il governo italiano dichiara guerra alla Germania. Il generale Cadorna, rigido sostenitore della disciplina assoluta tra le truppe (portando alla pratica della decimazione, l’uccisione sommaria degli insubordinati). Il fronte occidentale, nel frattempo, si muove con le sanguinose offensive di Verdun e delle Somme. Sul fronte orientale, l’Impero Ottomano entra in guerra, portando all’offensiva inglese dei Dardanelli (a Gallipoli) che costò migliaia di vite all’Intesa.

Il genocidio armeno e le promesse disattese

A partire dal 1915, gli Armeni (vicini culturalmente alla Russia per tradizioni e religioni) vengono considerati dei “nemici interni” dalla Turchia, che diede avvio allo sterminio delle cosidette “marce della morte”, documentate ma rifiutate, ancora oggi, dal governo turco => necessità della memoria.

Molti dei problemi attuali in medio-oriente derivano dalle decisioni assunte durante la prima guerra mondiale. Gli inglesi, per ottenere l’appoggio dei popoli arabi contro i turchi ottomani, promettono la nascita di uno stato indipendente arabo (promessa poi disattesa).

La guerra sottomarina e l'entrata degli USA

La flotta inglese, la più potente al mondo, organizza un blocco navale per contrastare la Germania, bloccandone le risorse importate dall’estero. I tedeschi attuano una guerra sottomarina per aggirare il blocco inglese, efficace ma indiscriminata (colpendo non solo le navi inglesi ma tutte quelle dirette a rifornire la Gran Bretagna). La guerra sottomarina culmina nell’incidente del Lusitania (affondamento di una nave inglese carica di americani), che porta ad un momentaneo arresto della politica tedesca per evitare l’entrata in guerra degli americani. Con l’avanzare del conflitto, i tedeschi riprendono gli affondamenti. Gli Stati Uniti entrano in guerra nel 1917.

Nel 1916, non si può ancora dire chi sia in vantaggio.

L'innovazione tecnologica e la propaganda

Lo svolgimento del conflitto porta le industrie e, in generale, gli apparati economici a concentrarsi sull’innovazione tecnologica in campo militare: “l’icona” del primo conflitto mondiale divenne la mitragliatrice (capace di una potenza di fuoco inedita al tempo). L’uso delle nuove armi chimiche (dopo l’utilizzo nella città di Ypres, un gas urticante assunse il nome odierno di iprite) fu bandito dopo il conflitto. Allo stesso tempo, si sviluppa l’aviazione e la forza anfibia (i primi sottomarini): tuttavia, l’aviazione è ancora equiparata alla cavalleria e sottosta ad alcuni codici “di onore” (non y, ad esempio, su un nemico a corto di munizioni).

La violenza, nel corso del conflitto, diviene “sistematica”, soprattutto a danno dei civili, delle donne e dei bambini. Allo stesso tempo, la propaganda, specie a mezzo stampa, è d’importanza vitale per gli eserciti nazionali. I paesi in guerra soffrono, ad un certo punto, di un’economia affetta da razionamenti e mercato nero. L’ingresso delle donne in fabbrica rappresenta un passo avanti nell’emancipazione femminile, non solo perché provarono l’eguale efficenza tra uomo e donna sil lavoro, ma proprio perché cambiò la prospettiva sulla donna, che ottiene in alcuni casi l’indipendenza economica.

Il 1917 è l’anno di svolta: la Russia si ritira dal conflitto con la pace di Brest-Litovsk, a condizioni umilianti per il paese. La promessa di uscire dalla guerra, infatti, era stata la carta vincente di Lenin per ottenere il controllo del paese. Il ritiro della Russia smonta il fronte orientale, constentendo alla Germania di spostare le truppe in Italia (favorendo lo sfondamento a Caporetto) e sul fronte occidentale.

La disfatta di Caporetto e la reazione italiana

La disfatta di Caporetto, la più grande mai subita dall’esercito italiano (forse insieme ad El-Alamein), costituì un trauma per il paese (ed un altra svolta del 1917), poi non così inaspettato (e forse sottovalutato) grazie alle soffiate provenienti dall’esercito austriaco. Il punto scelto per lo sfondamento, un punto di congiunzione tra montagna e pianura, e le modalità di attacco di matrice tedesca (a piccoli gruppi dotati di mitragliatrice) portarono al disastro e alla resa di interi reparti italiani, convinti che la guerra fosse ormai persa. La confusione fu aumentata dall’ingorgo delle strade, affollate di reparti in fuga. L’esercito italiano arretrò, infine, sul fiume Piave.

Secondo alcuni storici, la disfatta di Caporetto avrebbe potuto giustificare una rivoluzione bolscevica in Italia (dopo la recente esperienza russa); secondo altri (come poi avvenne), Caporetto si trasformò in un aumento del sentimento patriottico, realizzando il sogno risorgimentale di un’Italia unita e pronta a difendere i confini nazionali.

Il cambio di strategia e l'entrata degli USA

Il governo italiano cade, dopo la disfatta militare. Il generale Cadorna incolpa i soldati, ma perde il posto, venendo sostituito da Armando Diaz, che cambia il proprio approccio con le truppe (passando dal regime autoritario adottato in precedenza ad una “disciplina della persuasione” per rianimare le truppe) e la tattica militare, passando ad una guerra difensiva.

Il 2 aprile 1917 il presidente USA Wilson, in risposta alle trame tedesco-messicane, dichiara guerra ufficialemente alla Triplice Alleanza (nonostante fosse, in pratica, già parte del conflitto dopo i rifornimenti all’Inghilterra). Gli Stati Uniti si affacciano al mondo come super-potenza mondiale, specialmente nel dopo-guerra.

La fine della guerra e le trattative di pace

Nel 1918 le difficoltà degli Imperi Centrali, con l’esaurimento delle risorse umane e materiali, divengono evidenti. I tedeschi tentano le ultime offensive, venendo sconfitti. Dopo la ritirata di Caporetto, i due capisaldi del fronte italiano sono il fiume Piave e il monte Grappa, dal quale riparte l’offensiva italiana (grazie all’apporto della nuova leva, i ragazzi del ’99). L’ultima battaglia combattuta dall’esercito italiano fu la Battaglia di Vittorio Veneto. La fine della guerra porta alla dissoluzione dei grandi Imperi

L’epidemia di febbre spagnola (APPROFONDIMENTO), secondo la diceria popolare, aveva colpito maggiormente le donne, mentre il conflitto aveva ucciso maggiormente gli uomini: il bilanciamento naturale delle cose

Le trattative di pace e le conseguenze

Le trattative di pace di Parigi sono considerate una delle cause della II guerra mondiale: troppo punitive nei confronti della Germania, sottoposero il paese a pesanti sanzioni economiche, occupazioni territoriali e al divieto di ricostituzione dell’esercito (spianando la strada a quella che sarà l’ascesa di Adolf Hitler).

Lo scenario in cui vengono avviate le trattative comprende le potenze vincitrici e, per la prima volta, gli Stati Uniti. La visione del presidente Wilson (i 14 punti, basati su cooperazione internazionale mirata alla pace) non passa l’esame delle trattative, che cominciano, con la partecipazione di 32 paesi (esclusi i paesi vinti e la Russia bolscevica), il 18 Gennaio 1919. La visione punitiva degli sconfitti fu sostenuta sopratutto dalla Francia di Clemenceau e secondariamente dalla Gran Bretagna di Lloyd George: il primo ministro inglese temeva infatti che una Germania umiliata si sarebbe avvicinata al comunismo, ma per interessi in medio-oriente aderì alla politica francese).

La visione di futuro di Wilson (uno dei 14 punti wilsoniani mirava all’autodeterminazione dei popoli) fu contrastata dalla Gran Bretagna, impero coloniale, e dalla Francia.

La smilitarizzazione della riva destra del Reno, la creazione della Polonia, la cessione dell’Alsazia e della Lorena (insieme alla gestione del bacino del Saar) alla Francia costituirono, insieme alle ingenti somme richieste come risarcimento, un colpo mortale per la nazione tedesca.

La spartizione degli imperi e la delusione italiana

La spartizione degli imperi dissolti si uniformò, per la maggior parte, al principio di autodeterminazione (vedi cartina a pg. 151). Il medio-oriente fu affidato, tramite un sistema di mandati (APPROFONDIMENTO), al protettorato politico delle nazioni europee. La neonata Turchia fu limitata alla penisola anatolica, mentre le province russe del Baltico si rendono indipendenti: viene costituito un “cordone sanitario” contro il comunismo.

L’Italia, davanti a questa nuova visione di Europa, si trova in difficoltà, non avendo previsto la fine degli Imperi e la nascita di nuove nazionalità (come la nuova Iugoslavia), rimanendo ferma alle vecchie richieste territoriali: la questione della Dalmazia e di Fiume, negate all’Italia, portano alla delusione nazionale e al mito della guerra mutilata. L’Italia abbandona dunque le trattative di pace.

La Società delle Nazioni, voluta da Wilson, nasce nel 1919, ma sarà fortemente indebolita, tra le altre cose, proprio dall’assenza degli Stati Uniti (tendente ormai all’isolazionismo)

Domande da interrogazione

  1. Qual è stata la scintilla che ha innescato la Prima Guerra Mondiale?
  2. La scintilla che ha innescato la Prima Guerra Mondiale è stato l'assassinio dell'Arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo il 28 giugno 1914 a Sarajevo.

  3. Come si è sviluppato l'effetto domino tra le nazioni coinvolte nella guerra?
  4. L'effetto domino è iniziato con l'Austria che ha dichiarato guerra alla Serbia, seguita dalla Russia a sostegno della Serbia, poi dalla Germania a sostegno dell'Austria-Ungheria, e infine dalla Gran Bretagna a sostegno della Francia.

  5. Qual è stato il ruolo dell'Italia durante la Prima Guerra Mondiale?
  6. L'Italia inizialmente ha mantenuto la neutralità, giustificata dalla clausola difensiva della Triplice Alleanza, ma nel 1915 è entrata in guerra a fianco della Triplice Intesa dopo il Patto di Londra.

  7. Quali furono le conseguenze del genocidio degli Armeni durante la guerra?
  8. Il genocidio degli Armeni, considerati "nemici interni" dalla Turchia, ha portato a stermini documentati ma ancora oggi negati dal governo turco, sottolineando la necessità della memoria storica.

  9. Quali furono le implicazioni delle trattative di pace di Parigi?
  10. Le trattative di pace di Parigi furono considerate una delle cause della Seconda Guerra Mondiale, poiché imposero sanzioni punitive alla Germania, contribuendo all'ascesa di Adolf Hitler.

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