Concetti Chiave
- Francesco Crispi, ex-mazziniano, diventa un leader forte e contestatore della politica trasformista, supportato da economisti e intellettuali.
- Riforme sociali e politiche: elimina la pena di morte, liberalizza scioperi, e stabilisce l'elezione popolare dei sindaci, mantenendo però un controllo prefettizio.
- Politica estera aggressiva: dopo l'incidente in Eritrea, firma il Trattato di Uccialli, proclamando l'Eritrea colonia italiana e avanzando verso la Somalia.
- Crispi affronta difficoltà economiche, ma si oppone alla riduzione delle spese militari, aggravando ulteriormente la situazione fiscale del paese.
- La diminuzione della popolarità e la crisi bancaria del 1891 portano alle dimissioni di Crispi, con crescente opposizione da parte dei socialisti e dell'estrema sinistra.
Indice
Crispi e la politica interna
Nel 1887 muore Depretis, e gli succede Crispi.
Ex-mazziniano e sostenitore di ideali democratici, adesso egli è monarchico, conservatore e ammiratore della politica di Bismarck.
Crispi si rivela subito un uomo forte, contestatore della politica trasformista di Depretis.
Egli gode del consenso del mondo economico, della Camera e degli intellettuali.Riforme sociali e politiche
Ostile al socialismo, ne vuole reprimere le cause di diffusione così da eliminarlo, ragion per cui vara tutta una serie di riforme sociali.
Per ottenere maggior consenso sociale, Crispi vorrebbe anche venire a capo della “questione romana”, che ancora risulta essere irrisolta e che indebolisce lo stato. Non riuscirà purtroppo in quest’intento.
Oltre a questo, rafforza il potere esecutivo e introduce il nuovo codice penale Zanardelli, che toglie la pena di morte, tutela imputati e cittadini, liberalizza scioperi e manifestazioni.
Stabilisce inoltre che i sindaci siano eletti dal popolo, ma controllati dai prefetti, ed introduce leggi per l'assistenza.
Politica estera e colonialismo
In politica estera, Crispi prosegue la politica di espansione e rafforza i rapporti con la Triplice Alleanza.
Nel 1887 alcuni soldati italiani vengono però uccisi da indigeni in Eritrea. Scossa da questo fatto, l’opinione pubblica sarebbe dell’idea di ritirare le truppe italiane dal Mar Rosso, ma Crispi risponde invece con il Trattato di Uccialli (1889), stipulato con il Negus Menelik, attraverso il quale l’Eritrea viene proclamata colonia italiana e si pongono gli avamposti per la conquista in Somalia.
Crisi economica e dimissioni
Crispi vorrebbe poter risolvere anche le gravi difficoltà economiche del paese.
Tuttavia nuove tasse inasprirebbero gli animi ed una politica di riduzione degli sprechi sarebbe mal accettata. Si potrebbero ridurre le spese militari, ma Crispi è contrario su questo punto.
Quando poi, nel 1891, il sistema bancario italiano entra in crisi, Crispi dà le dimissioni.
Opposizione socialista
Già da tempo egli aveva visto diminuire la sua popolarità, anche a causa del mancato consenso al suo governo da parte dei socialisti.
Nel 1890 l’estrema si era infatti riunita nel Patto di Roma contro Crispi, ed aveva per leader Felice Cavallotti.
I socialisti chiedevano:
1) una diminuzione dei poteri del Presidente del Consiglio;
2) una riforma fiscale;
3) l’uscita dell’Italia dalla Triplice;
4) una riduzione delle ore di lavoro;
5) maggior intervento dello stato per creare posti di lavoro.
Domande da interrogazione
- Quali erano le principali caratteristiche della politica interna di Crispi?
- Come ha gestito Crispi la politica estera durante il suo mandato?
- Quali erano le richieste dei socialisti contro il governo di Crispi?
Crispi era un uomo forte e conservatore, ostile al socialismo. Ha introdotto riforme sociali, rafforzato il potere esecutivo e introdotto il codice penale Zanardelli, che aboliva la pena di morte e liberalizzava scioperi e manifestazioni.
Crispi ha proseguito la politica di espansione e rafforzato i rapporti con la Triplice Alleanza. Ha risposto all'uccisione di soldati italiani in Eritrea con il Trattato di Uccialli, proclamando l'Eritrea colonia italiana e ponendo le basi per la conquista della Somalia.
I socialisti, riuniti nel Patto di Roma, chiedevano una diminuzione dei poteri del Presidente del Consiglio, una riforma fiscale, l'uscita dell'Italia dalla Triplice Alleanza, una riduzione delle ore di lavoro e un maggior intervento dello stato per creare posti di lavoro.