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Concetti Chiave

  • Le "leggi fascistissime" abolirono le libertà civili dello Statuto albertino, vietando partiti e sindacati ostili e sopprimendo la libertà di stampa.
  • Il Tribunale speciale per la sicurezza dello stato fu creato per condannare gli antifascisti, trasformando le elezioni in plebisciti controllati dal Partito nazionale fascista.
  • Mussolini istituì la Confederazione dei sindacati fascisti e la Magistratura del lavoro per gestire le controversie lavorative e promuovere gli interessi nazionali.
  • Il corporativismo mirava a controllare il mercato e a promuovere la cooperazione tra capitale e lavoro, sostenendo l'ideologia fascista attraverso la Carta del lavoro del 1927.
  • La politica economica del regime puntava alla rivalutazione della lira ("quota 90") attraverso una politica deflazionistica, che ridusse salari e colpì i piccoli produttori.

Indice

  1. Cancellazione delle libertà civili
  2. Riforme economiche e sociali
  3. Politica economica del fascismo

Cancellazione delle libertà civili

Questo gruppo di leggi rappresentò la cancellazione delle libertà civili previste dallo Statuto albertino.

-Vennero messi fuori legge i partiti e i sindacati ostili;

- Fu eliminata la libertà di stampa e di espressione;

- Fu istituito un Tribunale speciale per la sicurezza dello stato, per condannare gli antifascisti;

- Le elezioni vennero trasformate in plebisciti per il “Duce”, poiché gli elettori potevano solo sottoscrivere una lista di deputati presentata dal Partito nazionale fascista;

Riforme economiche e sociali

Mussolini voleva creare uno stato nuovo e per questo non si limitò ad abolire il diritto di sciopero e i sindacati liberi, ma creò una Confederazione dei sindacati fascisti, che doveva trovare al suo interno un accordo sulle principali questioni del lavoro in nome dell’interesse nazionale.

Venne inoltre istituita la Magistratura del lavoro, incaricata di dirimere le controversie di lavoro.

Nelle corporazioni confluivano tute le attività produttive, e dovevano tenere sotto controllo le dinamiche del mercato, evitando che la libera concorrenza portasse alla sovrapproduzione, e impedire i contrasti tra capitale e lavoro.

Sul piano ideologico la funzione delle corporazioni era promuovere la cooperazione tra capitale e lavoro, nell’interesse dello stato; sul piano politico era assicurare la collaborazione fra i gruppi economici e sociali, sotto il controllo della classe dirigente fascista.

Politica economica del fascismo

Nel 1927 venne promulgata la Carta del lavoro: una sorta di documento costituzionale incaricato di enfatizzare i caratteri sociali e popolari del fascismo e di superare il conflitto tra imprenditori e lavoratori. Con questa nuova sintesi sociale e ideale il fascismo si presentava come il regime dei produttori.

La conferma di questo orientamento di fondo, furono gli atti concreti della politica economica nel 1926-1927. Mussolini legò le sorti del regime alla rivalutazione della lira: “quota 90”, ovvero il ritorno a un rapporto di cambio tra la sterlina e la lira italiana ai valori del dopoguerra (1 sterlina=90 lire), divenne obiettivo ideologico. La rivalutazione era ottenibile solo attraverso una rigida politica deflazionistica: bisognava ridurre la circolazione monetaria e l’accesso al credito di aziende e famiglie, abbassare i prezzi, contrarre i già scarsi consumi.

L’effetto della politica deflazionistica fu un ridimensionamento dei salari dei lavoratori e dei redditi degli agricoltori, a vantaggio delle classi medie. I salati vennero ridotti e l’abbassamento dei prezzi colpì i piccoli produttori e favorì le grandi imprese che lavoravano per il mercato interno, colpendo quelle che operavano sui mercati internazionali (prezzi alti all’estero dei prodotti italiani).

Domande da interrogazione

  1. Quali furono le principali conseguenze delle "leggi fascistissime"?
  2. Le "leggi fascistissime" portarono alla cancellazione delle libertà civili, mettendo fuori legge partiti e sindacati ostili, eliminando la libertà di stampa e di espressione, e trasformando le elezioni in plebisciti per il "Duce".

  3. Qual era lo scopo del corporativismo nel regime fascista?
  4. Il corporativismo mirava a promuovere la cooperazione tra capitale e lavoro nell'interesse dello stato, assicurando la collaborazione tra gruppi economici e sociali sotto il controllo della classe dirigente fascista.

  5. Cosa rappresentava la "quota 90" nella politica economica fascista?
  6. La "quota 90" rappresentava l'obiettivo di rivalutare la lira rispetto alla sterlina ai valori del dopoguerra, attraverso una rigida politica deflazionistica che riduceva la circolazione monetaria e l'accesso al credito.

  7. Quali furono gli effetti della politica deflazionistica sulla società italiana?
  8. La politica deflazionistica ridusse i salari dei lavoratori e i redditi degli agricoltori, favorendo le classi medie e le grandi imprese interne, mentre penalizzava i piccoli produttori e le imprese orientate ai mercati internazionali.

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