Concetti Chiave
- Il dopoguerra in Italia vede una crisi economica profonda, con inflazione elevata e disoccupazione crescente, portando a tumultuose tensioni sociali e politiche.
- Il "biennio rosso" è caratterizzato da forti conflitti sociali, con scioperi massivi e occupazioni di fabbriche e terre, mentre il governo tenta senza successo di mediare.
- I Fasci italiani di combattimento, fondati da Mussolini, emergono come risposta antisocialista e antioperaia, utilizzando la violenza contro le opposizioni e guadagnando potere politico.
- La marcia su Roma del 1922 segna l'ascesa al potere di Mussolini, con un governo di coalizione che porta gradualmente alla trasformazione dell'Italia in uno stato autoritario.
- Dopo l'omicidio di Matteotti nel 1924, Mussolini consolida il potere attraverso le "leggi fascistissime", eliminando le opposizioni e instaurando una dittatura fascista.
••• Crisi economica e sociale: scioperi e tumulti
Indice
Crisi economica post-bellica
•• L’Italia esce vittoriosa dalla Prima guerra mondiale, ma il Paese è distrutto economicamente e moralmente. L’Italia vive un periodo di forti tensioni sociali e politiche. Si vive una crisi economica che costringeva le industrie a riconvertirsi a una produzione adatta ai tempi di pace, anche se non si riesce a stimolare la crescita dei consumi. Si ristrutturano gli edifici distrutti, i licenziamenti aumentano e così anche la disoccupazione. Tra giugno e luglio 1919 l’inflazione (aumento costante dei prezzi e conseguente diminuzione del potere d’acquisto) sale vertiginosamente. L’aumento dei prezzi per i beni alimentari scatenano una serie di forti tumulti non sempre controllati. La guerra aveva ucciso anche molti contadini, per cui cala la produzione agricola e non è possibile importare i beni alimentari dall’estero perché i prezzi sarebbero lievitati. Il debito pubblico dello Stato era salito a dismisura: il deficit nel 1913 era di 214 milioni di lire, mentre nel 1919 era di 23’345 milioni di lire: era impossibile investire nella ripresa produttiva.
Conflitti nelle campagne
•• Tra gli effetti del dopoguerra, importanti e numerosi sono i conflitti nelle campagne. Quando i contadini tornano dalla guerra nei loro campi, si rendono conto dell’arretratezza del sistema agricolo italiano.
Al Centro-Sud nell’autunno 1919 i contadini poveri ex-combattenti occupano le terre incolte (ormai distrutte dalla guerra), perché proprio durante il massimo sforzo in battaglia (disfatta di Caporetto) ai contadini erano state promesse le terre. Questo anima sia le forza democratiche e radicali, sia il movimento fascista.
Al Centro-Nord l’agricoltura era basata sulla mezzadria (il padrone e il capo della forza lavoro poi si dividono i prodotti) e sulla piccola proprietà, rappresentata dalle organizzazioni cattoliche come le leghe bianche.
Nella Pianura padana invece c’era il capitalismo con i relativi braccianti che lavoravano nei capitali, supportati dalle leghe rosse, organizzazioni sindacali socialiste.
Per le leghe bianche il fine della lotta era quello di dare “la terra ai contadini” così da diffondere la coltivazione diretta per far lavorare più braccianti. Per le leghe rosse, invece, era la “socializzazione della terra”, che i contadini gestirebbero in comune. Entrambe le leghe però combattevano contro la proprietà privata.
Biennio rosso e scontri sociali
•• Tra il 1919 e il 1920 si hanno così tanti scontri in campagna e in città che questo biennio prende il nome di “biennio rosso”. Nel 1913 gli scioperanti tra agricoltura e industria erano quasi 500 mila. Nel 1920 quasi 2 milioni. La Fiom (Federazione degli operai metallurgici) e la Cgdl (Confederazione generale del lavoro) promuovono l’occupazione di più di 600 fabbriche. A Torino, Milano e Genova nascono i Consigli di fabbrica, organismi interni eletti dai lavoratori, ispirati dal comunismo russo e dal periodico marxista “Ordine nuovo” fondato da Gramsci, Tasca e Togliatti. Lo scontro tra rivoluzionari del Partito socialista e riformisti della Cgdl mettono in difficoltà il movimento operaio. Giolitti al governo da giugno 1920 non fa usare la forza dagli industriali e non permette all’esercito di intervenire. Cerca di trovare un accordo migliorando salari e il controllo tecnico e finanziario delle aziende, ma questo controllo maggiore non si è avuto e i lavoratori sono delusi. Le industrie vedono il governo accontentare le richieste e hanno paura che il socialismo ritorni a un nuovo sbocco rivoluzionario.
••• Crisi istituzionali: partiti di massa e governabilità
Crisi del sistema liberale
•• Le classi inferiori (alle quali durante la guerra erano state fatte larghe promesse) si rendono conto di questo e si organizzano in nuovi partiti di massa più radicati sul territorio e capaci di accogliere anche i ceti emergenti: è la crisi del sistema liberale. Addirittura le donne durante la guerra erano chiamate a sostituire gli uomini in fabbrica e adesso che sono emancipate rifiutano di rientrare nelle mura domestiche. Tutto questo fa entrare in crisi la vecchia classe dirigente liberale facendo affermare i moderni partiti di massa.
•• Nel novembre 1919 si passa dal sistema di voto elettorale maggioritario a quello proporzionale (grazie a Nitti, favorendo Giolitti): ciascun partito raccoglie un numero di seggi proporzionale ai voti ricevuti, così come avviene oggi. L’età era scesa da 30 a 21 anni, mentre a 18 per gli ex-combattenti. I nuovi partiti di massa, il Partito socialista italiano (Psi, 156 seggi) e il Partito popolare italiano di Luigi Sturzo (Ppi, 100 seggi) il quale difendeva i ceti deboli nel nome del cattolicesimo democratico, vincono le elezioni. Con questo nuovo sistema di voto, però, è più difficile stabilire le alleanze, perché spesso i maggiori partiti hanno programmi inconciliabili e al governo non è possibile trovare un alleanza. Siccome nessun partito ha la maggioranza e siccome il Psi non è disponibile ad accordi con altri partiti, l’unico compromesso è quello tra liberali e cattolici. Tornano quindi a governare le vecchie formazioni liberali (presidente del Consiglio prima è Nitti, fino al 1920, poi è Giolitti, fino al 1921), ormai però troppo deboli per contrastare la guerra civile che sta crescendo in Italia.
••• I Fasci italiani di combattimento
Fasci italiani di combattimento
•• Nell’autunno 1920, gli imprenditori e i proprietari terrieri rispondono alle lotte operaie e alle occupazioni delle terre attraverso il fascismo, movimento fondato da Mussolini (il 23 marzo 1919), diventando il braccio armato della reazione antisocialista e antioperaia: con i Fasci Mussolini voleva tradurre in movimento politico l’esperienza dell’interventismo in guerra. All’inizio, i Fasci di combattimento erano composti da ex-combattenti e rappresentanti del ceto medio, che non ne potevano più del risentimento creatosi con la fine della guerra, ovvero con le guerre civili. L’ideologia dei Fasci rivendicava principi nazionalistici e anticlericali, aspirando a riforme. In realtà il programma era molto confuso (alcune aspirazioni di riforma erano degne della sinistra più radicale, come quella di voler dare le industrie agli operai), che ha come punto principale la sola conquista del potere, orientato sempre di più a destra (soprattutto dopo le elezioni del 1919). È un programma molto eterogeneo che voleva prendere l’insoddisfazione sociale per trasformarla in voti. Le “camice nere” agiscono indisturbate, appoggiate da una parte di magistratura, dalle forze dell’ordine, dagli industriali e dai proprietari terrieri.
Ascesa del fascismo
•• Alle elezioni del 1919 i Fasci hanno scarsissimo successo: solo 4000 voti. A quel punto Mussolini cambia rotta e si schiera sempre di più a destra: è antisocialista e antipopolare. Vuole anche violentemente eliminare la classe politica al governo. Si organizzano così i ras (capi dello squadrismo), che usano l’azione violenta contro sinistra e opposizioni, distruggendo sedi di giornali, associazioni sindacali, aggredendo singoli e gruppi del Psi e del Ppi. Se nel 1919 sono dati per morti, nel 1920 i Fasci diventano attori fondamentali della scena sociale, anche se non ancora di quella parlamentare. La figura di Mussolini, con i suoi infiniti voltafaccia ideologici, ci fa capire che non aveva degli ideali se non quello di conquistare il potere.
•• Lo squadrismo dei ras comincia a prendere forma: i gruppi fascisti armati di bastoni, coltelli e pistole fanno spedizioni punitive nelle città e nelle campagne, soprattutto al nord, spesso accompagnati dalla magistratura e dalle forze dell’ordine, dagli industriali e dai proprietari terrieri.
Il fascismo nel 1921 è così sviluppato che può offrirsi come collaboratore del liberalismo quasi morto.
••• 1921 - 1922: da Giolitti a Facta
Giolitti e il fallimento politico
•• Giolitti per primo cerca di sgretolare la violenza fascista per far cessare di conseguenza l’opposizione socialista e cattolica. Alle elezioni del maggio 1921 fallisce e i fascisti hanno 35 seggi. A queste elezioni entra nella storia anche il Partito comunista italiano (Pci), fondato da Gramsci e Bordiga, dopo la scissione del Partito socialista (a gennaio del 1921). La sinistra, così divisa tra Psi e Pci, è indebolita, proprio nel momento in cui avrebbe dovuto reagire contro i Fasci. Tra i Fasci gli iscritti volano: da 200 mila firme del 1920 a 250 mila del 1921.
Dopo Giolitti il Presidente del Consiglio è il socialista Bonomi (Luglio 1921), che tenta di mediare tra il Psi e i Fasci. Ad agosto del 1921 per far terminare la violenza, Psi e il Cgdl (Confederazione generale del lavoro) accettano di firmare con i fascisti un Patto di pacificazione e a novembre nasce il Partito nazionale fascista (Pnf), che era proprio la condizione data da Mussolini per accettare il Patto. Il Pnf ha come programma il rispetto delle tradizioni e della famiglia, la patria era esaltata (il tipico programma di una destra idiota per piccole menti). Quindi durante il governo di Bonomi e poi del liberale Facta, il fascismo ha sempre più potere con l’uso della forza e la sinistra si indebolisce, evento fatale che segna l’Italia: gli scioperi falliscono e il Partito socialista si divide ancora, perché Turati e Matteotti si staccano formando il Partito socialista unitario (Psu). Questa frammentazione indebolisce la sinistra e il fascismo ha sempre più potere.
••• La marcia su Roma e il “governo autoritario”
Marcia su Roma e governo fascista
•• Alla fine del 1922 Mussolini modifica il programma del partito rendendolo liberista economicamente e monarchico sul piano istituzionale: gli italiani avevano bisogno di pace, stabilità governativa e ripresa economica, quindi Mussolini era l’uomo giusto al momento giusto. Organizza e affida a un quadrumvirato (lui resta a Milano) l’azione di forza della “marcia su Roma” del 28 ottobre 1922: numerose squadre circondano Roma. Ovviamente le forze dell’ordine aiutano questo piano folle. Facta si dimette. Il re Vittorio Emanuele III invece di contrastare le squadre con l’esercito, dà a Mussolini il compito di formare un nuovo governo di coalizione. Mussolini forma un governo di fascisti, nazionalisti, liberali, popolari e tecnici. Si passa da uno Stato garante dei diritti essenziali dei cittadini a uno Stato capace di rimuovere ogni forma di opposizione e dissenso, orientando a suo favore la pubblica opinione. Mussolini lavora a una politica antisindacale e rinuncia alla riforma della terra per confermare che si sia raggiunto l’accordo con i conservatori. Nasce il Gran Consiglio del fascismo (dicembre 1922) che limitava il potere del governo e del Parlamento, e la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (gennaio 1923), cioè l’esercito privato del partito. Si approva una nuova legge elettorale che dà ampissimo potere a Mussolini. Si scioglie il Parlamento a gennaio del 1924 e si fissano le elezioni ad aprile dello stesso anno.
••• Dall’assassinio di Matteotti alle “leggi fascistissime”
Assassinio di Matteotti e leggi fascistissime
•• Il fascismo vince di moltissimo grazie a una campagna elettorale fatta da violenze, imbrogli e intimidazioni, poi denunciate alla Camera da Matteotti, parlamentare socialista (Psu), il quale contestava il risultato delle elezioni, poi assassinato dai fascisti il 10 giugno 1924. Mussolini viene isolato dai suoi alleati e i deputati delle altre correnti politiche si dimettono dal Parlamento per protesta (Secessione dell’Aventino, 27 giugno 1924). Tutti attendono e sperano che Vittorio Emanuele III chieda le dimissioni di Mussolini, ma non succede. Mussolini, con la violenza delle sue squadre che combattono le ultime formazioni antifasciste, si assume la responsabilità morale del delitto (3 gennaio 1925) dichiarando guerra alle opposizioni, che non sanno reagire. Lo Stato liberale si distrugge. Alcune modifiche alla legislazione creano il nuovo regime, tra cui una legge che dava grandi poteri al Capo del governo (24 dicembre 1925). Sono vietati gli scioperi e le associazioni segrete, come la massoneria. Viene introdotto il saluto romano fascista (1927). Si fa una legge in modo che il presidente del Consiglio diventi il capo del governo che avrebbe potuto dimettersi solo in autonomia. Si tentano molti attentati a Mussolini che indurisce le norme di sicurezza pubblica e di giudizio con dei provvedimenti chiamati “leggi fascistissime” (novembre 1926), tra le quali anche una che scioglieva tutti gli altri partiti e chiudeva tutte le testate giornalistiche di opposizione. SI istituisce il confino di polizia e la pena di morte per gli attentati alla famiglia del re e al Capo del governo. Si crea una fortissima polizia politica (Ovra) e il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, con il compito di giudicare i reati di spionaggio, incitamento alla guerra civile e la ricostruzione e la propaganda dei partiti disciolti. L’Italia è diventata una dittatura.
Domande da interrogazione
- Quali furono le principali cause della crisi economica e sociale in Italia dopo la Prima guerra mondiale?
- Come si manifestò la crisi istituzionale in Italia nel dopoguerra?
- Quale fu il ruolo dei Fasci italiani di combattimento nel contesto postbellico?
- Cosa portò alla marcia su Roma e quali furono le sue conseguenze?
- Quali furono le "leggi fascistissime" e il loro impatto sull'Italia?
L'Italia uscì vittoriosa dalla guerra ma devastata economicamente e moralmente, con un'inflazione crescente e un debito pubblico insostenibile, che portarono a scioperi e tumulti.
La crisi istituzionale si manifestò con l'emergere di nuovi partiti di massa e il passaggio a un sistema di voto proporzionale, rendendo difficile la formazione di alleanze governative stabili.
I Fasci, fondati da Mussolini, divennero il braccio armato della reazione antisocialista, utilizzando la violenza per contrastare le forze di sinistra e guadagnare potere politico.
La marcia su Roma fu organizzata da Mussolini per prendere il potere, con il supporto delle forze dell'ordine, portando alla formazione di un governo di coalizione sotto la sua guida.
Le "leggi fascistissime" consolidarono il potere di Mussolini, vietando scioperi e partiti di opposizione, e trasformarono l'Italia in una dittatura con una forte polizia politica e un tribunale speciale.