Concetti Chiave
- Dopo l'unificazione nel 1870, l'Italia affronta un grave deficit economico a causa delle spese belliche e della scelta di un governo centralista per evitare disparità regionali.
- I rapporti tesi tra lo Stato italiano e la Chiesa portano a misure come il Non Expedit e l'espropriazione di beni ecclesiastici, aggravando tensioni sociali e promuovendo l'ateismo.
- L'Italia resta un paese prevalentemente agricolo con disparità regionali, mentre l'introduzione del corso forzoso della moneta cerca di stabilizzare l'economia.
- La sinistra politica emerge con riforme significative, come l'istruzione pubblica obbligatoria, mentre il trasformismo diventa una pratica comune nel parlamento.
- In politica estera, l'Italia inizialmente evita il colonialismo ma cambia rotta dopo il Congresso di Berlino, stipulando la Triplice Alleanza con Austria e Germania.
Indice
- Le conseguenze economiche dell'unificazione
- Centralismo e omologazione culturale
- Conflitti tra Stato e Chiesa
- Il Papa e le leggi guarentigie
- Espropri e tensioni sociali
- Economia agricola e disuguaglianze
- Problemi monetari e beni ecclesiastici
- Proteste e riforme sociali
- Trasformazioni politiche e sociali
- Politica estera e colonialismo
Le conseguenze economiche dell'unificazione
In seguito all’unificazione, avvenuta nel 1870, l’Italia si trova ad affrontare tutta una serie di conseguenze, che sono le seguenti.
I Costi: in tutte le guerre di indipendenza non ci sono stati tanti morti quanti nella Prima Guerra Mondiale.
Tuttavia ci sono state delle spese che hanno portato il Paese ad un grave deficit economico.Centralismo e omologazione culturale
La scelta centralista: meglio creare uno stato accentrato o una confederazione? La prima scelta sembra essere la migliore, in quanto si ha paura di creare eccessiva differenza tra le regioni (specialmente nel sud, che oltretutto non possiede nemmeno una classe dirigente adeguata).
Omologazione: per unificare le varie regioni, diverse per lingua e per tradizione, la burocrazia sembra essere l’ideale, giacché obbligata a vivere e a spostarsi per tutta Italia, mettendo così insieme le esperienze. Insieme ad essa favorisce l’unificazione culturale anche l’esercito, composto da soldati provenienti da tutte le regioni che si trovano a prestare servizio molto lontano da casa. I soldati devono capire i compiti dettati in italiano, e nelle caserme si insegna a leggere.
Conflitti tra Stato e Chiesa
Conquista piemontese o unificazione: il fatto che Vittorio Emanuele II sia rimasto tale e non I, fomenta questa opinione. Inoltre i piemontesi detengono la burocrazia e l’esercito. Solo in seguito sia burocrazia che esercito avranno rappresentanti di tutte le regioni.
I rapporti tra Vittorio Emanuele II e Pio IX non sono buoni, al punto che non pochi clericali fomentano il brigantaggio, e molti vengono esiliati o condannati. Tutto questo porta nel Paese un’ondata di ateismo.
Il Papa e le leggi guarentigie
Il Papa prigioniero: dopo la breccia di Porta Pia, il Papa considera l’invasione di Roma un affronto, e la sua annessione al regno d’Italia un’usurpazione. Egli si ritiene “prigioniero nei palazzi sacri” ed è ascoltato da molte potenze cattoliche.
Il Non Expedit: il 13 maggio 1871 vengono varate le leggi guarentigie, che garantiscono al Papa la possibilità di amministrare le sue funzioni, ma nessuna sovranità territoriale –nemmeno i suoi palazzi sacri. Gli vengono comunque mantenute prerogative sovrane, come l’esenzione dalle leggi ed un corpo diplomatico.
Il Papa, indignato, intima ai cattolici di non prendere parte alla vita politica del nuovo stato, perché “non expedit” (cioè “non è opportuno”).
Espropri e tensioni sociali
La politica degli espropri: per sanare il deficit dello stato si espropriano i beni ecclesiastici, e questo inasprisce gli animi.
Cattolici intransigenti e conciliatoristi: i primi indeboliscono lo stato. Fra i secondi ci sono Manzoni e Fogazzaro. Nelle campagne, a causa della povertà, molti sono ostili allo stato.
Economia agricola e disuguaglianze
Un paese agricolo: l’Italia è un Paese essenzialmente agricolo, tant’è vero che l’80% della popolazione è contadina ed una percentuale altissima è analfabeta.
Per essi il tenore della vita è disuguale. Al nord infatti ci sono numerose terre in affitto, ma i contadini soffrono di denutrizione e gravi malattie; al centro c’è la mezzadria e le condizioni dei contadini sono abbastanza buone; al sud domina il latifondo, e nelle montagne si è costretti a migrare periodicamente.
Problemi monetari e beni ecclesiastici
La moneta: le quotazioni dei titoli di stato italiani calano. Viene allora introdotto il corso forzoso della moneta, secondo cui “gli istituti che emettono carta moneta non sono obbligati a cambiare a vista le banconote in moneta metallica”.
I beni ecclesiastici: essi fruttano allo stato un beneficio solo relativo, giacché:
1) la loro grande immissione sul mercato li fa calare di prezzo;
2) ne traggono vantaggio solo i proprietari;
3) le condizioni dei contadini peggiorano, e aumentano gli speculatori.
La lesina: Vengono fatti risparmi sulle spese fino all’osso all’interno del Paese. Ma questo non impedisce di modernizzare le strutture ferroviarie.
Proteste e riforme sociali
Imposta sul macinato: Essa provoca un aumento del costo delle farine. La situazione è aggravata oltretutto dalle altre imposte. Cominciano dunque i primi moti di protesta, di carattere inizialmente spontaneo. Il clero li fomenta.
Trasformazioni politiche e sociali
Le campagne del Nord: Le rivolte sono più numerose al nord poiché al sud la situazione è piuttosto stabile. Al nord, invece, è in atto un processo di trasformazione che mette in discussione le posizioni acquisite.
Nel 1875 il governo Minghetti annuncia il pareggio del bilancio statale. Tuttavia la destra, che ormai gode di grande impopolarità, entra in crisi.
Inoltre Agostino De Pretis, leader della sinistra, reclama il comando e presenta al governo un programma di riforme. Anche i meridionali, diffidenti di un governo piemontese, sono ostili alla destra.
Col governo Depretis si assisterà ad una vera e propria rivoluzione parlamentare. Tuttavia non è una rivoluzione politica, poiché non è prevista una radicale trasformazione né sono presenti atteggiamenti rivoluzionari.
Due anni dopo si forma allora un gruppo di estrema sinistra comprendente garibaldini e mazziniani ostili alla politica di Depretis.
Nel frattempo muore Vittorio Emanuele II, e gli succede il figlio Umberto che intraprende, con la moglie Margherita, un viaggio ufficiale nella penisola.
Se la destra era composta principalmente da nordici cittadini, la sinistra raccoglie invece i consensi dei meridionali provinciali e, a differenza della destra, liberalizza la nascita di società per azioni.
Nonostante ben presto emerga che la sinistra è composta da opportunisti, essa offre anche molti posti di lavoro al sud.
A causa delle difficoltà economiche la tassa sul macinato non può essere tolta. La tassa è infatti necessaria per il mantenimento della burocrazia e dell’esercito.
Tuttavia vengono attuate altre numerose riforme, che gravano sul mantenimento del bilancio.
Avviene così in quegli anni la riforma Coppino, ministro della pubblica istruzione, che rende pubblica, gratuita e obbligatoria l’istruzione elementare.
Purtroppo ci vorrà molto tempo prima che l’istruzione elementare diventi veramente obbligatoria, perché molti genitori sono costretti a mandare i propri figli a lavorare.
I costi delle scuole sono molti e gli insegnanti sono mal pagati. Insegnare diventa perciò una missione (come mostra anche De Amicis nel suo capolavoro Cuore).
C’è tuttavia un lento calo dell’analfabetismo, ed anche se la presenza di una scuola pubblica sfida la chiesa, alle elementari si insegna il catechismo.
A poco a poco, poi, le masse vengono nazionalizzate, e si diffonde il mito del Risorgimento.
La riforma elettorale estende il voto a tutti i maschi sopra i 21 anni, alfabeti, che pagano le tasse.
Accolto l’invito di Depretis ad abbandonare le ostilità, nel 1882 egli stringe un’alleanza con Minghetti. Questo fa sì che molti deputati, disaccordi alla cosa, lascino il governo. Tra essi vi è anche Crispi.
E’ l’epoca del trasformismo e del clientelismo. In altre parole il parlamento diventa da luogo di dibattito politico un centro di mercanteggiamento di interessi nel quale si promettono favori agli elettori.
Ci sono varie ragioni per cui questo avviene: il Non expedit ha infatti tagliato fuori dalla politica i cattolici, e la mancanza di grandi contrasti ideologici favorisce il compromesso anziché lo scontro. I contrasti tra partiti sfumano perciò di fronte alla difficoltà di governare.
Vi è dunque un autunno del Risorgimento e nasce il mito del Risorgimento tradito da politici avidi e mediocri. Una sorta di rivolta ideale.
Politica estera e colonialismo
Per quanto riguarda la politica estera, l’Italia preferisce in un primo momento, visto che nell’unificazione mancano ancora alcuni territori sotto l’Austria, non intraprendere conquiste coloniali, e perseguire una politica filo-francese.
Tutto cambia in seguito al Congresso di Berlino del 1878, nel corso del quale tra l’altro l’Italia lascia Trento e Trieste all’Austria, e per evitare di inimicarsi le altre nazioni europee rinuncia, almeno per il momento, al colonialismo.
Per non urtare la Francia, dunque, rinuncia anche a possibili mire sulla Tunisia e la Francia, per tutta risposta, la rende suo protettorato.
Visto il comportamento francese, L’Italia cambia atteggiamento e si spinge allora in Eritrea, già da tempo scalo italiano, e in Libia.
Il Mar Rosso è infatti ormai strategico dopo l’apertura del Canale di Suez, sebbene gli stati conquistati non offrano la minima ricchezza all’Italia.
Nel 1882 l’Italia stipula anche la Triplice alleanza con l’Austria e la Germania, con il patto di mutuo soccorso.
L’intesa con Vienna viene considerata dalla popolazione come un tradimento del Risorgimento, specie per gli irredentisti, che vedono così sfumare la speranza di poter annettere Trento e Trieste al territorio italiano.
Uno di loro, Oberdan, tenta anche di uccidere Francesco Giuseppe, ma viene catturato e fucilato.
Domande da interrogazione
- Quali furono le principali conseguenze economiche dell'unificazione italiana?
- Come influì l'unificazione sull'organizzazione politica e sociale dell'Italia?
- Quali furono le sfide affrontate dal settore agricolo italiano dopo l'unificazione?
- Quali riforme furono introdotte dal governo Depretis e quali furono le loro conseguenze?
- Come si sviluppò la politica estera italiana dopo l'unificazione?
L'unificazione portò a un grave deficit economico a causa delle spese sostenute durante le guerre di indipendenza. Inoltre, l'espropriazione dei beni ecclesiastici non portò i benefici sperati, poiché il loro valore calò e le condizioni dei contadini peggiorarono.
L'unificazione portò a una scelta centralista per evitare differenze regionali e favorì l'omologazione culturale attraverso la burocrazia e l'esercito. Tuttavia, ci furono tensioni con la Chiesa e un'ondata di ateismo, mentre la politica degli espropri inasprì gli animi.
L'Italia era essenzialmente agricola, con l'80% della popolazione contadina. Le condizioni di vita erano disuguali: al nord c'erano denutrizione e malattie, al centro la mezzadria offriva condizioni migliori, mentre al sud il latifondo dominava e causava migrazioni periodiche.
Il governo Depretis introdusse la riforma Coppino, rendendo l'istruzione elementare pubblica, gratuita e obbligatoria, sebbene ci volesse tempo per la sua effettiva applicazione. La riforma elettorale estese il voto a tutti i maschi alfabeti sopra i 21 anni che pagavano le tasse.
Inizialmente, l'Italia evitò conquiste coloniali e mantenne una politica filo-francese. Tuttavia, dopo il Congresso di Berlino del 1878, cambiò atteggiamento, espandendosi in Eritrea e Libia e stipulando la Triplice alleanza con Austria e Germania, suscitando critiche tra gli irredentisti.