La guerra fredda divide il mondo
L’Europa dei blocchi
Alla fine del conflitto la divisione dell’Europa in due aree d’influenza (come discusso a Yalta e Potsdam) si radicalizzò:
• Blocco occidentale, con a capo gli USA.
• Blocco orientale, controllato dall’URSS.
Churchill parlò di una “cortina di ferro” in uno dei suoi discorsi: essa separava l’oriente dal mondo libero, inoltre espresse la necessità di combattere l’avanzata comunista. Le due superpotenze proponevano modelli di società antitetici:
1. USA: retti da democrazie parlamentari, fondate sul sistema capitalistico e sull’economia di mercato.
2. URSS: retti da repubbliche popolari a partito unico, aventi un sistema economico basato sulla pianificazione statale.
La contrapposizione tra i due blocchi venne chiamata “Guerra Fredda” poiché non vi furono mai veri e propri scontri in campo aperto ma soltanto crisi diplomatiche. Le uniche guerre furono Corea e Vietnam ma impegnarono soltanto una delle superpotenze, mentre l’altra forniva solo aiuti militari ed economici ad i paesi del suo blocco.
Dunque lo scontro fra le due superpotenze fu sempre indiretto, attraverso spionaggio, propaganda e diplomazia. L’arma più micidiale fu la minaccia di una guerra nucleare: gli USA erano l’unico paese alla fine della guerra in possesso dell’atomica, ma nel 1949 l’URSS fece esplodere la sua prima bomba nucleare; allora nel 1953 USA e URSS si dotarono di “bombe all’idrogeno”, la cui forza era nettamente maggiore a quella atomica.
L’elemento distintivo della guerra fredda fu la corsa agli armamenti, gli arsenali atomici avevano principalmente una funzione deterrente: dovevano dissuadere l’avversario da ogni tentativo di aggressione.
La divisione della Germania
Il destino della Germania era un nodo cruciale per l’Europa. Già dal 1947 la parte ovest di Berlino (sotto Francia, Gran Bretagna e USA) era stata integrata ad occidente; nel 1948 i sovietici reagirono con il blocco di Berlino sbarrarono le strade di accesso fra ovest e occidente impedendo così rifornimenti. Gli USA intervennero immediatamente con un ponte aereo, ciò portò i sovietici ad ammettere il loro fallimento e a togliere il blocco.
Abbandonata la speranza di riunificazione della Germania nacque:
• Repubblica federale tedesca ad ovest.
• Repubblica democratica tedesca ad est.
Nel 1931 venne dunque alzato il muro di Berlino per dividere i due settori simbolo della Guerra Fredda.
La situazione Europea apparve comunque stabile, anche Berlino appariva facile da controllare; inoltre si evitarono contrapposizioni frontali (esempio secondo Yalta la Grecia era occidentale, quindi l’URSS non fece nulla per impedire la sconfitta dei comunisti greci; ugualmente gli USA non intervenne nei conflitti ungheresi e polacche).
Dalla “dottrina Truman” al piano Marshall
Nel 1947 il presidente americano Truman tenne davanti al Congresso un discorso col quale chiedeva aiuti militari a favore delle forze anticomuniste greche. In quell’occasione si costituirono le basi della “dottrina di Truman” e la politica estera statunitense: proteggere il mondo libero (limitando l’espansione sovietica e aiutando economicamente i Paesi che volevano difendere le istituzioni liberaldemocratiche dalla minaccia comunista) Nel 1947 gli USA organizzarono il “piano Marshall”: intervento economico americano a sostegno dei Paesi Europei devastati dalla guerra ricostruzione. Il legame tra USA e alleati europei si concretizzò nel 1949 con la firma del patto Atlantico: con cui si costituiva un’alleanza militare difensiva antisovietica (NATO). L’URSS reagì dando vita nel 1955 al Patto di Varsavia: un’alleanza militare tra i paesi comunisti, così che i due blocchi raggiunsero una coesistenza pacifica.
I primi segni di “disgelo” tra le due superpotenze vi fu col trattato di Vienna del 1955, dove le truppe sovietiche lasciarono l’Austria assicurandosene la neutralità.
L’Unione Sovietica negli anni ‘50
L’unione sovietica, uscita vittoriosa dal conflitto, era al culmine della popolarità. Tuttavia al termine del conflitto era devastata: piena di macerie e morti. Stalin allora aumentò ulteriormente il controllo del partito e delle forze militari sulla società La CEKA (che assunse il nome KGB nel 1953) controllava ogni ambito della vita sociale, lavorativa, militare e politica del Paese, reprimendo ogni forma di dissenso e gestendo gulag. Il partito comunista era ormai ridotto ad un apparato rigido e fortemente gerarchizzato. La nomenklatura (insieme dei funzionari di partito) controllava il Paese, godendo di privilegi e di condizioni di vita nettamente superiori a quelle dei cittadini comuni. Stalin dirigeva il Partito con autoritarismo, senza ricorrere a riunioni; ma questo apparato aveva a livello economico costi ingenti ed una radicata inefficienza.
Nel 1946 con il 4° piano quinquennale l’economia sovietica fece grandi progressi, continuando però a privilegiare l’industria pesante e militare. Nel settore agricolo vigeva la prassi dell’acquisto delle derrate alimentari da parte dello Stato, che imponeva prezzi fissi ciò per assicurare prezzi di vendita alla portata delle masse, nonostante venisse penalizzato lo sviluppo di un’agricoltura intensiva. La produzione continuava comunque ad essere minore rispetto al fabbisogno, quindi fu necessari l’importazione di derivate agricole dai Paesi di blocco sovietico o, raramente, occidentali. Tale sistema funzionava anche grazie al saldo legame economico che vincolava l’URSS ai paesi orientali. Il forte incremento industriale fu principalmente a livello militare, acciaio, elettricità, siderurgia; nacquero anche industri di ricerca e di tecnologia spaziale.
L’Europa centro-orientale: i satelliti dell’urss
Nei Paesi dell’Europa orientale si formarono governi di unità nazionale già alla fine della guerra, partiti dove i partiti comunisti rappresentavano solitamente solo una minoranza. Tra il 1945 ed il 1955 questi Paesi subirono un processo di sovietizzazione forzata.
• Cecoslovacchia: le sinistre (socialisti e comunisti) avevano ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento ed avviarono una politica di riforme collaborando con le forze democratiche. Sembrava dunque che la Cecoslovacchia fosse avviata verso la costituzione di un sistema libero. Nel 1948 il governo entrò in crisi al rifiuto di aderire al patto di Marshall degli USA operai e comunisti occuparono le piazze manifestando a favore della nascita di un esecutivo guidato dai comunisti. Benes, presidente della Repubblica, acconsentì per evitare che la situazione degenerasse, ma nei mesi successivi l’unico ministro non comunista del governo Masaryk morì in circostanze oscure; intanto i comunisti assunsero il controllo delle forze di polizia. Alle elezioni successive venne presentata soltanto un’unica lista (partito Comunista) trasformando il Paese in un regime Stalinista.
• Ungheria: alle elezioni del 1945 venne formato un governo di coalizione, l’URSS intervenne attraverso appoggi economici e strategici. Nel 1948 gli altri partiti vennero arrestati o ridotti al silenzio cosicché alle elezione del 1949 venne pesentata una unica lista (Fronte Popolare, guidato dal partito comunista). Sotto la guida di Ràkosi il Paese fu soggetto di repressione poliziesca spietata. Nel 1953 Mosca decise di intervenire ponendo a capo il moderato Nagy, il quale intraprese una politica di riforme e garantì una certa libertà politica e religiosa. Nel 1955 torno al potere Ràkosi.
• Analogamente in Polonia, Bulgaria, Romania ed Albania vi fu un partito unico secondo i modello sovietico.
Nel 1949 nacque dall’URSS il Comecon (consiglio di mutua assistenza economica) per la pianificazione economica unitaria; ciò avviò un programma di aiuti economici, contrapposto al piano Marshall, per lo sviluppo industriale dell’Est europeo legare le economie dei Paesi satelliti a quella di Mosca.
Jugoslavia: i comunisti del maresciallo Tito dichiararono di voler cercare una “via nazionale al comunismo”, evitando ogni ingerenza sovietica nelle questioni interne e mantenendo una posizione equidistante tra le due superpotenze. I russi definirono ciò una politica “deviazionista”.
La svolta di Kruscev e l’evoluzione del blocco orientale
A metà degli anni 50 la tensione internazionale sembrò attenuarsi. Nel 1953 si concluse la guerra in Corea e uscirono di scena le figure di Stalin (morì nel 1953) e Truman (sostituito da Eisenhower). Nel settembre 1953 la guida della Russia fu assunta da Kruscëv. Egli appariva come una figura nuova, più aperta al mondo esterno. Alcune delle sue scelte furono determinanti per il miglioramento delle relazioni internazionali (es. il riconoscimento dell’indipendenza dell’Austria), invece altri portarono all’acutizzarsi delle tensioni. Kruscëv decretò la fine delle “grandi purghe” e nel febbraio 1956 denunciò al condanna dei crimini staliniani. Inoltre denunciò il culto della personalità introdotto da Stalin e lo definì un despota crudele. Kruscëv tenne un discorso ufficiale nel quale esponeva la teoria della “coesistenza pacifica”: il progetto consisteva in una competizione pacifica tra i modelli liberaldemocratico e socialista, senza ricorrere a strategie militari ed evitando le tensioni drammatiche di una guerra civile. Sul piano economico, si ebbero degli effetti positivi con la concessione di una maggiore autonomia e responsabilità gestionale alle aziende agricole, nei settori industriali si procedette a una timida modernizzazione degli impianti e l’idea di soddisfare le esigenze primarie portò a un miglioramento delle condizioni di vita.
Le dichiarazioni del XX Congresso nel PCUS ebbero effetti deflagranti soprattutto nell’Europa dell’Est. Nel giugno 1956 a Poznań uno sciopero assunte il carattere di una violenta rivolta antisovietica, fortemente sostenuta dalla Chiesa cattolica.
In Ungheria si susseguirono agitazioni studentesche e operaie e per sedare le rivolte fu richiamato al governo Nagy. Nell’ottobre vi furono numerose manifestazioni che radunarono operai, studenti e intellettuali che chiedevano la piena concessione delle libertà civili e l’indipendenza dall’URSS.
I membri del partito comunista chiesero aiuto all’Armata rossa che il 24 ottobre entrò a Budapest scatenando una rivolta che durò 4 giorni. Il 29 ottobre le truppe lasciarono Budapest e Nagy proclamò l’uscita del patto di Varsavia. Il nuovo segretario Kádár chiese l’aiuto sovietico. Il 3 novembre l’Armata rossa strinse d’assedio la capitale e la Resistenza venne stroncata. Nel 1958 Nagy venne condannato a morte e impiccato.
Verso la fine degli anni 50 anche i rapporti tra URSS e Cina andarono deteriorandosi, fino ad arrivare alla rottura politica e diplomatica tra i due Paesi. I sovietici accusavano i cinesi di non rispettare il loro modello nella costruzione del socialismo reale e il presidente cinese Mao Zedong accusava l’URSS di aver dissolto le spinte rivoluzionare della società sovietica e di aver ceduto al capitalismo.
A dividere i due Paesi erano questioni territoriali. Alla fine degli anni 60, russi e cinesi giunsero anche a scontri armati su zone di frontiera determinando la spaccatura del mondo comunista. Nel 1964 Kruscëv fu destituito probabilmente a causa degli insuccessi internazionali e della crescenze insoddisfazione per la situazione economica interna.
Gli Stati Uniti durante la guerra fredda
Gli Stati Uniti uscivano dal conflitto come la principale potenza economica e militare del pianeta. Le elezioni del 1948 confermarono Truman che nel 1945 aveva sostituito lo scomparso Roosevelt. Lui sosteneva che solo un’America prospera potesse opporsi alla minaccia sovietica, per questo motivo si tenne fedele alle linee del New Deal.
In politica estera si oppose duramente alla Russia impedendo la diffusione dei regimi comunisti. Nel 1950, su iniziativa del senatore McCarthy, il congresso emanò l’International Security Act e istituì una commissione con poteri speciali, per indagare sui sospetti di attività antiamericane.
La commissione operò spesso in contrasto con i principi della democrazia. Il maccartismo (sistema di indagini sulla base di sospetti di spionaggio contro gli interessi degli USA) divenne una vera e propria “caccia alle streghe” che portò all’emarginazione di comunisti e democratici progressisti. Il caso più emblematico fu quello della condanna a morte dei coniugi Rosenberg. La commissione iniziò ad operare in maniera inquisitoria, attuando arresti e interrogatori sulla base di semplici sospetti, portando a limitare la libera espressione delle opinioni. La commissione fu interrotta due anni dopo a causa dei suoi eccessi e McCarthy fu costretto a lasciare la politica.
Nel 1953 divenne presidente Eisenhower, che abolì i controlli sui prezzi e sui minimi salariali e agevolò le imprese sul punto di vista fiscale. Non rinunciò alla legislazione sociale contribuendo a mantenere una certa stabilità nel paese, scelta che portò all’aumento della spesa pubblica.
Durante il secondo mandato di Eisenhower emerse la questione dei neri americani, ai quali non venivano riconosciuti diritti civili come il voto o l’accesso alla scuole frequentate dai bianchi.
Tra gli anni 50 e 60 i conflitti razziali divennero sempre più accesi. La parte fino a quel momento emarginata cominciò a organizzarsi in movimenti di protesta con lo scopo di ottenere la fine della segregazione razziale. Fra i leader più popolari emerse la figura di Martin Luther King. Nel 1957 l’apice della tensione razziale venne toccato nella cittadina di Little Rock, dove il governo inviò l’esercito affinché i neri potessero accedere nelle scuole.
Il primo conflitto: la guerra di corea
Nel 1945 la penisola coreana fu divisa in due Stati lungo il 38 parallelo: Corea del Nord, dove si era costituto un sistema comunista retto da Kim Il-Sung e la Corea del Sud, dove vigeva un regime nazionalista e conservatore guidato da Syngman Rhee.
La tensione tra i due paesi si manifestò fin dal 1948 poiché il governo del Nord non accettava la divisione e rivendicava il diritto alla riunificazione del paese. Il 25 giugno 1950 le forze nordcoreane abbatterono il 38 parallelo penetrando in Corea del Sud per abbattere il regime. Il presidente Truman mandò truppe in difesa del territorio amico riuscendo a contrastare l’armata nordamericana, spingendosi fino in prossimità del confine cinese facendo nascere una forte tensione con la Cina. Nel 1953 venne firmato un armistizio che decretò la divisione della Corea lungo il 38 parallelo.
Il secondo conflitto: la guerra del Vietnam
La guerra del Vietnam fu il conflitto combattuto tra il 1960 (data di costituzione del Fronte di Liberazione Nazionale filo-comunista) e il 30 aprile 1975 (caduta di Saigon), prevalentemente nel territorio del Vietnam del Sud, tra le forze insurrezionali filo-comuniste, sorte in opposizione al governo autoritario filo-americano costituito nel Vietnam del Sud, e le forze governative di questo stato, creato nel 1954 dopo la Conferenza di Ginevra.Il conflitto, iniziato in realtà fin dalla metà degli anni cinquanta con il primo manifestarsi di un'attività terroristica e di guerriglia in opposizione al governo sudvietnamita, vide il massiccio coinvolgimento diretto degli Stati Uniti d'America che incrementarono progressivamente le loro forze militari in aiuto al governo del Vietnam del Sud, fino a impegnare un enorme complesso di forze terrestri, aeree e navali dal 1965 al 1972, con un massimo di quasi 550 000 soldati nel 1969. La potenza nord-americana non riuscì, nonostante questo spiegamento di forze, a conseguire la vittoria politico-militare, ma subì al contrario pesanti perdite, finendo per abbandonare al suo destino nel 1973 il governo di Saigon. In appoggio alle forze americane parteciparono al conflitto anche contingenti inviati dalla Corea del Sud, dalla Thailandia, dall'Australia, dalla Nuova Zelanda e dalle Filippine. Sull'altro versante intervenne direttamente in aiuto delle forze filo-comuniste dell'FLN (definite Viet Cong dalle autorità statunitensi e sudvietnamite) l'esercito regolare del Vietnam del Nord che infiltrò, a partire dal 1964, truppe sempre più numerose nel territorio del Vietnam del Sud, impegnandosi in duri combattimenti contro le forze statunitensi nel corso di offensive culminate nella campagna finale del 1975. Inoltre, la Cina e l'Unione Sovietica appoggiarono il Vietnam del Nord e le forze Viet Cong con continue e massicce forniture di armi e con il loro appoggio politico-diplomatico. La guerra del Vietnam non interessò soltanto il territorio del Vietnam del Sud, ma coinvolse progressivamente il Laos (ufficialmente neutrale, ma in realtà oggetto di operazioni belliche segrete statunitensi e di infiltrazioni continue di truppe nord-vietnamite) e la Cambogia, interessata massicciamente da attacchi aerei e terrestri americani (1969-1970) e infine invasa dalle forze nordvietnamite in appoggio alla guerriglia comunista dei Khmer rossi. Anche lo stesso Vietnam del Nord venne ripetutamente colpito da pesanti e continui bombardamenti aerei statunitensi (dal 1964 al 1968 e ancora nel 1972) sferrati per indebolire le capacità militari nordvietnamite e per frantumare la volontà politica del governo di Hanoi di continuare la lotta insurrezionale al sud. La guerra ebbe termine il 30 aprile 1975 con la caduta di Saigon, il crollo del governo del Vietnam del Sud e la riunificazione politica di tutto il territorio vietnamita sotto la dirigenza comunista di Hanoi. Gli Stati Uniti subirono la prima vera sconfitta politico-militare della loro storia e dovettero accettare il totale fallimento dei loro obiettivi politici e diplomatici.
La gara per la conquista dello spazio
Negli anni 50 e 60 la ricerca scientifica e tecnologica fece enormi progressi. La guerra fredda favoriva la competizione in questo campo. Ciò portò a una vera e propria gara spaziale, dove lo scopo dei due contendenti era quello di dimostrare la propria superiorità tecnologica.
Pur essendo partita in ritardo, l’URSS colse due clamorosi successi nel 1957, quando inviò nello spazio lo Sputnik (primo satellite artificiale) e nel 1961, quando il sovietico Gagarin fu il primo astronauta a navigare in orbita intorno alla Terra.
Gli USA cercarono di colmare lo svantaggio intensificando gli sforzi e aumentando i finanziamenti alla NASA. Gli USA vinsero la “gara spaziale” il 21 luglio 1969 quando due astronauti, Neil Armstrong e Edwin Aldrin a bordo dell’Apollo 11, raggiunsero la Luna e vi posero piede per la prima volta.
L’europa occidentale durante la guerra fredda
Germania ovest, Francia e Inghilterra
La Repubblica federale tedesca grazie agli aiuti economici americani vive negli anni 50 una grande ripresa economica. La costituzione limitò l’azione del partito nazista e, nel 1956, anche di quello comunista. Il confronto si svolse quindi tra le forze moderate.
La costituzione prevedeva un Parlamento bicamerale: il Bundestag e il Bundestrat (formato da 45 rappresentanti delle regioni che formavano lo stato federale.
Il cancelliere deteneva il potere esecutivo ed era aletto dal Bundestag. Il presidente della Repubblica, eletto dal Parlamento, aveva compiti di rappresentanza.
In Francia, la nuova costituzione diede al Paese un sistema politico a metà tra una Repubblica presidenziale e una parlamentare. Il presidente della Repubblica nominava il capo del governo, il quale doveva avere la fiducia della maggioranza assoluta del Parlamento.
I governi di coalizione formati da tutti i partiti antifascisti ebbero vita travagliata. Il Generale De Gaulle creò il Rassemblement du peuple français, un movimento di orientamento conservatore.
Le vicende politiche francesi videro, negli anni 50 l’alternarsi di coalizioni di centrodestra e di centrosinistra. La questione più delicata che i governi dovettero affrontare fu il processo di decolonizzazione. Il rifiuto di concedere alle colonie l’indipendenza portò a veri e propri conflitti, come per esempio in Indocina (conflitto che determinò la caduta del governo di centrodestra), o in Nord Africa quando i francesi accolsero la richiesta di indipendenza della Tunisia ma non dell’Algeria. Nel 1958 colonia francesi ed esercito effettuarono un colpo di Stato in Algeria minacciando di espanderlo in Francia.
Il governo fu affidato a De Gaulle che, approfittando delle situazione di emergenza, ridisse una nuova costituzione. L’ordinamento della V Repubblica accentuava i poteri del Presidente (eletto dal popolo) e del potere esecutivo.
Meno travagliato fu il dopoguerra della Gran Bretagna. Nel luglio 1945 il laburista Attlee vinse le elezioni e Churchill fu costretto a lasciare la scena politica. I sacrifici del periodo bellico portarono a un forte disagio sociale, per questo motivo Attlee promosse la costruzione del Welfare State (adozione di riforme sociali per tutelare le classi più deboli). Questo portò però alla crescita del debito pubblico causando un forte processo inflazionistico generando così gravi insoddisfazioni sociali che portarono il partito conservatore a tornare al governo prima con Churchill e poi con Eden e MacMillan. Negli anni 50 la Gran Bretagna fu segnata da una situazione di crescente benessere. Intanto era in corso il processo di decolonizzazione che venne gestito in maniera pacifica. Nonostante questo smantellamento, le istituzioni rimasero ben salde e la regina Elisabetta II, salita al trono nel 1952, mantenne inalterato il prestigio della monarchia.
Turchia, Grecia, Spagna e Portogallo
Diversa era la situazione nella penisola iberica.
La Turchia entrò nella NATO nel 1951. Gli aiuti statunitensi favorirono la svolta filoccidentale, inoltre ricevettero un sostegno dagli alleati per le rivendicazioni sull’isola di Cipro.
La Grecia fra il 1945 e il 1949 fu devastata dalla guerra civile che contrappose i comunisti alle forze governative. I primi furono dichiarati fuorilegge e nel 1950 la Grecia entrò nella NATO.
In Spagna il regime di Franco si mantenne saldo. La guerra favorì un avvicinamento con gli USA. Nel 1961 fu soffocato un feroce sciopero dei minatori delle Asturie e fu organizzata una durissima azione verso i separatisti baschi.
Anche la dittatura di Salazar in Portogallo continuò dopo la guerra. Il paese entrò nella NATO nel 1949.
Verso l’integrazione europea: la CEE
Il progetto di un’Unione Europea venne formulata nel “Manifesto di Ventotene” del 1941 da un gruppo di intellettuali antifascisti, che iniziarono a sognare un’Europa unita, capace di allontanare per sempre dal continente lo spettro della guerra e delle dittature. Il premier Shuman, insieme a De Gasperi dichiararono che l’unico modo per evitare i conflitti era creare una federazione tra gli Stati del continente. Il sogno inizia a realizzarsi dopo la conclusione del conflitto: il progetti di integrazione europea iniziò nel 1951 ad opera di 6 Paesi (Italia, Francia, Germania federale, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi) che diedero vita, attraverso il trattato di Parigi, alla Comunità del carbone e dell’acciaio (CECA).
Nel 1957 gli stessi Paesi diedero vita, con il Trattato di Roma, alla Comunità economica europea (CEE), allora chiamata Mercato comune europeo (MEC), che aveva lo scopo di abbattere le barriere doganali fra i Paesi membri e facilitarne gli scambi commerciali, e all’Euratom, organismo teso al coordinamento e allo sviluppo di tutte le attività di sfruttamento pacifico dell’energia nucleare. Le tre comunità europee restano ancora oggi alla base dell’Unione europea. Mentre la Ceca e l’Euratom agiscono in ambiti specifici, la CEE svolge una funzione di carattere generale, ovvero quella di creare un mercato unico tra gli stati membri. Nel tempo ha esteso le sue funzioni a materie come l’ambiente, la sanità e i trasporti, per questo motivo con il trattato di Maastricht cambiò la sua denominazione in Comunità europea (CE). Nel 1958 fu istituito il Parlamento europeo di Strasburgo, formato da deputati allora nominati direttamente dai Paesi membri.
La CEE assunse un ruolo importante in ambito internazionale. La formazione di una comunità di Stati in Europa occidentale sconvolse gli equilibri politici ed economici di un mondo bipolare. Le questioni principali erano essenzialmente due:
• Bisognava definire di un ruolo internazionale della comunità.
• Bisognava far seguire all’unione commerciale una reale unificazione dell’Europa.