Concetti Chiave
- Il fascismo emerse come un movimento di rifiuto verso i partiti tradizionali, inizialmente con pochi seguaci, ma crebbe grazie all'abbandono del radicalismo e all'uso della violenza politica.
- La Marcia su Roma nel 1922 segnò l'inizio del potere di Mussolini, facilitata dal mancato intervento del re Vittorio Emanuele III, e portò alla formazione del primo governo fascista.
- Dal 1925, con le leggi fascistissime, il fascismo si trasformò in un regime totalitario, sopprimendo la libertà di associazione, controllando la stampa e eliminando l'opposizione politica.
- I Patti Lateranensi del 1929 normalizzarono i rapporti tra Stato e Chiesa, ma il regime fascista continuò a opporsi alle organizzazioni cattoliche, tranne l'Azione Cattolica.
- Le politiche economiche fasciste includevano la rivalutazione della moneta e l'espansione coloniale in Africa, con l'intento di ridurre la disoccupazione e aumentare il prestigio internazionale.
Indice
- Origini del fascismo
- Crescita del movimento fascista
- Violenza e instabilità politica
- Trasformazione in partito politico
- Consolidamento del potere fascista
- Marcia su Roma e governo Mussolini
- Transizione verso il regime fascista
- Legge Acerbo e dittatura fascista
- Controllo totale e patti lateranensi
- Politica economica e coloniale
- Conquista dell'Etiopia e conseguenze
- Declino del consenso popolare
- Opposizione al fascismo
Origini del fascismo
L’ascesa del fascismo inizia col movimento dei fasci di combattimento del 1919, fondato da Benito Mussolini. Le persone che partecipavano erano: socialisti, repubblicani, sindacalisti rivoluzionari, futuristi. Tutti erano accomunati dal rifiuto per la politica e i partiti tradizionali. Infatti i fascisti nacquero come antipartito, dal programma anticlericale e repubblicano.
Crescita del movimento fascista
Alle elezioni del 1919 il fascismo ottenne 4000 voti e nessun seggio. Alla fine del ’19 i fascisti in Italia erano solo 31. All’inizio questo movimento era poco seguito, ma poi guadagnò importanza grazie a:
- Abbandono del Radicalismo;
- Impiego della violenza politica.
Violenza e instabilità politica
Nell’autunno 1920 iniziarono le spedizioni delle squadre d’azione fasciste nelle campagne contro i socialisti. I componenti delle squadre erano soprattutto proprietari terrieri e agrari che volevano stroncare il movimento comunista o cattolico dei contadini.
Le squadre fasciste erano formate soprattutto da giovani, ex combattenti, studenti e disoccupati di provenienza piccolo -borghese. Si muovevano su camion di notte e distruggevano tutto: case del popolo, circoli, cooperative e terrorizzavano sindacali e politici. Questa violenza mirava a intimidire l’avversario ed era molto apprezzata dai giovani, che ne erano affascinati.
Tra il 1921 e 1922 le violenze squadriste crebbero arrivando all’occupazione di intere città. Contro queste violenze la magistratura e le forze dell’ordine non presero provvedimenti, così che i fascisti potevano agire tranquillamente.
Alla fine della guerra c’era una grande instabilità politica in Italia, siamo di fronte alla crisi di una vecchia classe dirigente liberale. Quindi, data questa instabilità, maturò l’idea di un’alleanza elettorale tra nazionalisti e fascisti (fu Giolitti a proporre l’alleanza, e Mussolini accettò).
Le elezioni si effettuarono il 15 maggio 1921: ci fu un calo della sinistra, una sostanziale tenuta dei liberali e un lieve aumento dei popolari, mentre i fascisti ottennero 31 seggi. In questo modo quindi l’instabilità politica non era risolta, ma anzi, il parlamento era ancora più frazionato. In questo modo il governo, diretto da Bonomi, risultò debolissimo mentre accrebbe il peso politico dei fascisti. In questo caos Mussolini riuscì abilmente ad inserirsi.
Trasformazione in partito politico
Mussolini voleva trasformare il movimento fascista in forza politica sia per inserirsi tra le posizioni più alte dei dirigenti tradizionali, sia per controllare il fascismo intransigente delle squadre fasciste (ras). Al congresso dei fasci del novembre 1921 riuscì a trasformare il movimento in Partito Nazionale Fascista (PNF), formato da 200.000 iscritti. Il suo programma (conservatore e nazionalista) prevedeva:
- Forte limitazione dei poteri del parlamento;
- Esaltazione della Nazione;
- Divieto di sciopero nei servizi pubblici.
Intanto il movimento socialista si indeboliva a causa di ulteriori divisioni:
Al congresso di Livorno del 1921 nacque, da un gruppo della sinistra, il Partito Comunista d'Italia, che nacque come sezione della Terza Internazionale.
Nel 1922 si divisero riformisti e massimalisti: i riformisti appoggiarono il governo del liberale giolittiano Facta. Diedero vita al Partito Socialista Unitario, che ebbe come primo segretario Matteotti.
Consolidamento del potere fascista
Alla vigilia della Marcia su Roma l’intero movimento socialista stava crollando. L’avvenimento che segnò la fine del partito fu lo sciopero legalitario del 31 agosto 1922, uno sciopero generale proclamato dall’Alleanza del lavoro, che voleva difendere le libertà politiche e sindacali, che però fallì.
Marcia su Roma e governo Mussolini
Nell’estate del 1922 Mussolini approfittò per compiere un’azione di forza. Dato che Mussolini aveva rafforzato l’apparato militare del fascismo attraverso una milizia fascista,il 28 ottobre decise di intraprendere la Marcia su Roma, con l’occupazione di edifici pubblici. Questo movimento violento non trovò nessuna reazione in quanto Vittorio Emanuele III rifiutò di firmare il decreto di stato d’assedio per difendere Roma sottopostogli da Facta, che si dimise. Vittorio Emanuele III, al contrario, convocò a Roma Mussolini per dargli l’incarico di formare un nuovo ministero. Il Primo Governo di Mussolini iniziò quindi il 30 ottobre 1922 ed era composto da cinque esponenti fascisti, ministri liberali, popolari e nazionalisti. È famoso il discorso del 16 novembre in cui Mussolini presenta il suo governo al parlamento. Dopo il discorso votarono 306 favorevoli e 116 contrari. La marcia su Roma e il governo di Mussolini segnarono il crollo delle istituzioni liberali e democratiche.
Transizione verso il regime fascista
Il periodo dal 1922 al 1925 viene chiamato periodo di transizione verso il regime fascista, un regime di forma totalitaria molto diversa dai regimi autoritari tradizionali. Nella fase di transizione comunque il fascismo non era ancora una dittatura. In questo periodo vennero istituiti:
- Gran Consiglio del Fascismo (1923), che comprendeva massimi esponenti del partito;
- Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (1923);
- Confederazione nazionale dei sindacati fascisti, l’unico sindacato che poteva operare nel Paese.
La stabilità del governo di Mussolini aveva però un limite in quanto ne facevano parte anche forza politiche non fasciste (popolari, liberal - democratici…) che avrebbero potuto mettere in crisi il governo. Tra i popolari ci fu uno scontro tra la componente sturziana, che era contro il fascismo, e quella clerico - moderata che lo sosteneva. Alla fine Don Sturzo dovette dimettersi.
Legge Acerbo e dittatura fascista
Mussolini nel 1923 riuscì a far approvare la Legge Acerbo, una nuova legge elettorale maggioritaria, secondo la quale alla lista che avesse ottenuto la maggioranza dei voti sarebbero stati assegnati i due terzi dei seggi. Questa legge permise una svolta della dittatura fascista alle elezioni del 1924. A queste elezioni il partito fascista si presentò all’interno di una lista nazionale (listone). Gli antifascisti invece avevano liste diverse, erano separati (socialisti, comunisti, popolari..). Il listone ottenne un gran successo (65% dei voti). Ora in parlamento c’erano 275 deputati fascisti.
C’è da dire che però i fascisti avevano effettuato dei brogli per giungere a questi risultati. Questi brogli vennero denunciati da Matteotti, che di fatto venne ucciso da una squadra fascista il 10 giugno 1924. Questo delitto scosse l’opinione pubblica e per la prima volta il potere di Mussolini sembrò vacillare. Gli oppositori decisero di dimettersi dalle camere al posto di protestare (secessione dell’Aventino), per cui per Mussolini risultò facile riprendere in pugno la situazione, con il famoso discorso al parlamento del 3 gennaio 1925, in cui si assume la responsabilità delle violenze.
Nel 1925 inizia la vera e propria dittatura fascista, con le leggi fascistissime del 1925 - 26:
Il capo del Governo doveva sottostare solamente al Re e non al parlamento. Il parlamento non poteva discutere leggi senza il consenso del governo. Fu soppressa la libertà di associazione e tutti i partiti eccetto quello fascista erano fuori legge. Vennero sostituiti i sindaci con i potestà, nominati dal sovrano. Furono chiusi i giornali antifascisti e tutta la stampa sottoposta a un duro controllo. Fu reintrodotta la pena di morte. Fu istituito un tribunale speciale per la difesa dello Stato.
In pratica, il parlamento non aveva più alcun potere e il potere legislativo era nelle mani del Duce. La nuova legge elettorale del 1928 prevedeva la fine del suffragio universale democratico.
La violenza squadrista, fondamentale per la nascita del fascismo, ora non era più necessaria grazie al tribunale speciale, alla Milizia, ma soprattutto alla polizia segreta (Ovra). Mussolini aveva trasformato il partito in una struttura burocratica e gerarchica, al cui vertice c’era il Gran Consiglio Del Fascismo.
Alla fine del 1925 si giunse ad un accordo tra la confederazione nazionale dei sindacati fascisti e la Confindustria (associazione degli industriali).
Patto di Palazzo Vidoni: impediva l’azione sindacale a socialisti, comunisti e cattolici. Inoltre lo sciopero fu abolito per legge.
Controllo totale e patti lateranensi
Negli anni Trenta il fascismo divenne un regime totalitario che controllava la vita sociale, economica e politica. Il regime aveva il completo controllo dell’informazione: venne proibita la stampa antifascista e controllata la stampa quotidiana e creati enti (radiofonico: Eiar; cinematografico: Ist. Luce) che pubblicizzavano il fascismo. Tutte le informazioni passavano attraverso l’agenzia Stefani, controllata ovviamente dal regime.
L’iscrizione al partito fu resa obbligatoria per ottenere lavoro. Il partito controllava anche diverse organizzazioni di massa per educare i giovani al fascismo: si svolgevano attività ricreative, ginniche. Tutte queste organizzazioni facevano parte della Gioventù Italiana del Littorio. Si diffuse anche l’Opera Nazionale del Dopolavoro e la Federazione Nazionale Fascista delle masse rurali (organizzazione femminile).
Mussolini per avere ulteriori consensi, giunse alla conciliazione tra stato e chiesa, con i patti lateranensi firmati dalla Santa Sede e il governo, appunto, l’11 febbraio 1929. I patti erano comporti da tre documenti:
- Trattato: la Santa sede riconosceva sovranità dello stato italiano con Roma capitale, mentre lo stato riconosceva la sovranità del pontefice sulla città del Vaticano;
- Convenzione finanziaria: lo Stato versava al Vaticano una somma di indennità;
- Concordato: limitava l’autorità della legislazione civile su alcuni punti: ad esempio vennero conferiti effetti civili al matrimonio
Tuttavia i rapporti tra Stato e Chiesa non furono buoni: Mussolini infatti non tollerava le organizzazioni cattoliche, tanto da abolirle tutte eccetto quella dell’Azione Cattolica.
Politica economica e coloniale
Il Fascismo intervenne anche nella politica economica: nel 1926 Mussolini aveva annunciato la rivalutazione della moneta, fissando il cambio con la sterlina a 90 lire. La rivalutazione mise in difficoltà le industrie esportatrici perché rese i prodotti meno competitivi all’estero, ma favorì le imprese che operavano nell’interno. Inoltre negli anni ’30, quando la disoccupazione era cresciuta e la produzione rallentava a causa della crisi del ’29, venne creato l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), grazie al quale lo stato divenne il maggior imprenditore e banchiere italiano. Durante il Fascismo si sviluppò l’apparato industriale italiano:
- Incentivò una politica demografica espansiva, attraverso la formazione di famiglie numerose. Avere una famiglia numerosa era un ideale morale e patriottico e quindi venne sostenuto da appositi provvedimenti, come la tassa sul celibato e gli assegni famigliari;
- Proibì l’emigrazione;
Dato che le campagne erano il luogo più adatto per crescere una famiglia numerosa, l’agricoltura assunse un ruolo centrale nel regime. Questa ideologia rurale diede però vita a diverse battaglie, come la battaglia del grano del 1926, per raggiungere l’autosufficienza in campo agricolo; la bonifica integrale del 1928, che chiedeva un progetto di bonifiche idrauliche per aumentare l’occupazione nelle campagne.
Nacquero diversi enti pubblici economici, come l’IRI, l’IMI (istituto mobiliare italiano), l’AGIP; a anche enti pubblici assistenziali e provvidenziali.
In campo coloniale il regime volle consolidare i possedimenti italiani in Africa: Libia, Eritrea e Somalia.
- In Libia: il maresciallo R. Graziani vinse contro la resistenza dei ribelli indiani, quindi molti italiani si trasferirono in Libia per coltivare (risolvendo anche il problema della disoccupazione);
- In Eritrea e Somalia il governo consolidò la presenza militare ed economica italiana costruendo anche infrastrutture e strade, e sviluppando la produzione di cotone e banane.
Conquista dell'Etiopia e conseguenze
Per ragioni di prestigio internazionale ma anche di carattere economico (ridurre la disoccupazione) e di politica interna (per mobilitare il consenso al regime), Mussolini maturò l’idea, tra il 1932 e 1934 di conquistare l’Etiopia. Era praticamente l’unico Stato africano rimasto, dopo la corsa imperialistica. Quindi il 3 ottobre 1935 le truppe italiane iniziarono l’invasione dell’Etiopia. L’impresa si concluse con la presa di Addis Abeba e la fuga dell’imperatore, il 6 maggio 1936. Successivamente Mussolini in un suo famoso discorso annunciò la fondazione dell’ Impero dell’Africa orientale italiana orientale (AOI). Ma dato che l’Etiopia faceva parte dell’ONU, l’Italia ricevette delle sanzioni economiche, che tuttavia vennero applicate parzialmente.
Le conseguenze dell’impresa dell’Etiopia furono gravi:
- L’Italia di allontanò dall’essere una potenza democratica, si avvicinò alla Germania;
- Sul campo economico si accelerò l’autarchia (una sorta di emarginazione economica: lo stato produce solo con le proprie materie prime e limita l’importazione).
Declino del consenso popolare
Verso il 1938 il fascismo inizia a non essere appoggiato dal popolo, a causa della severa politica autarchica, della crescente invadenza dello stato, e anche dell’introduzione di leggi razziali. Le leggi razziali consistevano in leggi discriminatorie nei confronti degli ebrei, come il divieto di sposarsi con cittadini italiani ariani, l’esclusione dal servizio militare e dalle cariche pubbliche, l’esclusione dei giovani dalla scuola pubblica, la limitazione nell’esercizio di attività economiche e di libere professioni. Era la prima volta che in Italia un gruppo sociale veniva discriminato in base a caratteristiche razziali su base biologica.
Opposizione al fascismo
L’opposizione al fascismo si divide in due periodi:
- Fino a 1926: l’opposizione venne condotta da operai, contadini, comunisti e cattolici, senza un’organizzazione precisa e senza armi. Essi vennero travolti dalla violenza squadrista.
- Da 1927 a lotta di liberazione del Paese (1943-45): a seguito delle leggi liberticide (1925-26) e dell’instaurazione della dittatura di Mussolini, in Francia si sviluppò il Fuoriuscitismo, un importante fenomeno di opposizione. Era formato da comunisti, cattolici, repubblicani e socialisti. Questo movimento svolse soprattutto un’opera di propaganda contro il fascismo.
Altri oppositori:
- Comunisti: il partito comunista fin dall’inizio decise di mantenere una rete clandestina nel paese, che costò la vita a tantissimi comunisti. La direzione del partito era tenuta a Parigi da Togliatti. Il partito operava in isolamento in quanto considerava socialisti e liberal-democratici alleati del fascismo, ma le cose cambiarono nel 1934, quando i fascismi si affermarono in gran parte d’Europa: quindi ci fu un patto di unità d’azione tra socialisti e comunisti per combattere il nemico.
- Giellisti: il cui gruppo più attivo era il movimento Giustizia e Libertà, fondato nel 1929 a Parigi da Rosselli. Il movimento ebbe un ruolo importante nel far nascere l’opposizione anche negli intellettuali
Intellettuali intellettuali e uomini di cultura organizzarono un’opposizione di tipo culturale. Il più importante tra questi fu il filosofo Croce, che scrisse “manifesto degli intellettuali antifascisti” , in cui si sottolineava la povertà culturale del fascismo.
- Cattolici: dopo i patti lateranensi del 1929, alcuni intellettuali cattolici, fra cui De Gasperi, tennero un atteggiamento critico nei confronti del fascismo.
Domande da interrogazione
- Quali furono le origini del movimento fascista e chi ne faceva parte inizialmente?
- Come si sviluppò il potere del fascismo tra il 1921 e il 1922?
- Quali furono le principali misure adottate durante il regime fascista per consolidare il potere?
- In che modo il fascismo influenzò la politica economica italiana?
- Quali furono le reazioni e le opposizioni al regime fascista?
Il movimento fascista iniziò con i fasci di combattimento nel 1919, fondato da Benito Mussolini, e includeva socialisti, repubblicani, sindacalisti rivoluzionari e futuristi, uniti dal rifiuto della politica tradizionale.
Tra il 1921 e il 1922, il fascismo crebbe grazie alla violenza politica delle squadre d'azione e all'instabilità politica, culminando nella Marcia su Roma e nella formazione del governo Mussolini.
Il regime fascista consolidò il potere attraverso le leggi fascistissime, che abolirono la libertà di associazione, soppressero i partiti non fascisti, e introdussero un controllo rigido sulla stampa e sulla vita politica.
Il fascismo intervenne nell'economia con la rivalutazione della moneta, la creazione dell'IRI, e promosse politiche demografiche e agricole per sostenere l'autosufficienza e ridurre la disoccupazione.
L'opposizione al fascismo si manifestò in due fasi: inizialmente da operai e contadini, e successivamente attraverso il Fuoriuscitismo e movimenti clandestini come i comunisti e i giellisti, nonché intellettuali critici come Croce.