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Concetti Chiave

  • Il dopoguerra in Italia fu segnato da disillusioni e tensioni sociali, con il Partito socialista diviso tra riformisti e massimalisti, e la nascita del Partito comunista italiano.
  • Mussolini fondò il Movimento dei fasci di combattimento, attraendo ex combattenti e ceti colpiti dalla crisi postbellica, ma inizialmente ricevette scarsi consensi politici.
  • Il Partito fascista, evolutosi dai fasci, crebbe in influenza fino alla marcia su Roma del 1922, quando Mussolini fu incaricato di formare un nuovo governo dal re.
  • Sotto il regime fascista, furono attuate riforme per rafforzare il controllo politico e sociale, come la legge Acerbo e la Carta del lavoro, consolidando il potere di Mussolini.
  • In politica estera, Mussolini cercò di espandere l'influenza italiana, culminando nella fondazione dell'Impero italiano e l'allineamento con la Germania attraverso il Patto d'Acciaio.

Indice

  1. Il dopoguerra italiano e le sue sfide
  2. La nascita del Partito comunista italiano
  3. Il biennio rosso e l'ascesa del fascismo
  4. Il fallimento del governo Giolitti
  5. La marcia su Roma e l'ascesa di Mussolini
  6. La dittatura fascista e le sue riforme
  7. La politica estera di Mussolini
  8. L'espansione italiana in Etiopia e le conseguenze

Il dopoguerra italiano e le sue sfide

Nonostante la vittoria il dopoguerra italiano fu un periodo carico di problemi: i trattati di Parigi avevano riconosciuto all’Italia meno del previsto e le aspettative di chi per anni aveva combattuto nelle trincee erano state disattese.

L’interrompersi delle commesse militari complicò il ritorno del paese alla vita civile e si ripercosse negativamente sulla sua economia.

La nascita del Partito comunista italiano

Tale situazione causò l’accentuarsi dei conflitti sociali entro i diversi schieramenti politici. Il governo liberale faticava ad adeguarsi alle novità ideologiche del dopoguerra, mentre i partiti di massa raccoglievano consensi. Le elezioni del 1919 rafforzarono il neonato Partito popolare (fondato da don Luigi Sturzo e rappresentante le forze cattoliche) e il Partito socialista. Quest’ultimo, tuttavia, covava al suo interno una profonda lacerazione, dovuta a differenti interpretazioni della teoria marxista. Da un lato la maggioranza riformista non condivideva le linee guida offerte dalla Rivoluzione bolscevica, dall’altro la minoranza massimalista (guidata da Antonio Gramsci) premeva per la soluzione rivoluzionaria. Non tardò a verificarsi una definitiva scissione: il gruppo di Gramsci diede vita al Partito comunista italiano, d’ispirazione sovietica.

Il biennio rosso e l'ascesa del fascismo

Tra il 1919 e il 1920, a causa delle problematiche che affliggevano il Paese, si organizzarono vaste manifestazioni socialiste. Il periodo fu perciò detto biennio rosso.

In questo contesto di instabilità politica nacque il Movimento dei fasci di combattimento. Fu fondato dall’ex socialista Benito Mussolini (1883-1945), espulso dal partito per la posizione bellicista assunta allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Al termine del conflitto Mussolini si era battuto a mezzo stampa in favore dei reduci di guerra, dando voce alle manifestazioni di scontento sociale che non trovavano spazio in politica. Per questo motivo al suo movimento aderirono principalmente ex combattenti ed esponenti dei ceti più colpiti dalla crisi postbellica. Nei fasci confluivano in maniera contraddittoria rivendicazioni sociali, un anticlericalismo radicale e istanze nazionalistiche.

Il fallimento del governo Giolitti

Tuttavia le elezioni del 1919 portarono al movimento fascista pochissimi consensi, mentre popolari e socialisti ottennero da soli la metà dei seggi in Parlamento. L’attuale governo, guidato da Francesco Saverio Nitti, fu messo in minoranza, ed al suo posto i liberali richiamarono Giolitti. Ma la politica di quest’ultimo, un tempo tanto efficace, si rivelò assai inadeguata alle mutate condizioni del Paese.

La marcia su Roma e l'ascesa di Mussolini

Intanto i fascisti, delusi dall’esito delle elezioni, modificarono la propria posizione in aperto contrasto con i socialisti. Organizzarono squadre d’azione paramilitari allo scopo di aggredire scioperanti e sindacalisti, spesso con l’appoggio della classe imprenditoriale. Da tali violenze, approvate anche tra i vertici delle forze armate e presso i piccoli borghesi più impressionabili, Giolitti pensò di trarre vantaggio contro l’espansione socialista. Dunque non ostacolò l’azione del fascismo, bensì, nonostante le ideologie avverse, si impegnò affinché si annettesse all’alleanza liberale (Blocco nazionale).

Dal 1921 il movimento dei fasci mutò in un vero e proprio Partito fascista ed assunse un nuovo e più chiaro allineamento. Divenne una forza nazionalista espressamente conservatrice, antisocialista e antiliberale; rivide anche i propri rapporti con la Chiesa.

In quello stesso anno Giolitti indisse nuove elezioni convinto di rafforzare la presenza liberale in Parlamento. Il Partito socialista si era infatti indebolito a causa di un’ulteriore scissione interna: una parte riformista, guidata da Giacomo Matteotti, si era distaccata fondando un proprio partito (Partito socialista unitario). La tornata elettorale, tuttavia, disattese le aspettative dei liberali, ma conferì al Partito fascista maggiore influenza nell’esecutivo. Il governo Giolitti fu sostituito e gli seguirono due amministrazioni liberali fallimentari, poiché sostenute da una maggioranza debole. Il fascismo, invece, continuò a rafforzarsi, finché sfuggì definitivamente ad ogni controllo. I dirigenti del Partito di Mussolini organizzarono un colpo di mano paramilitare allo scopo di incrementare la propria influenza politica. Il 28 Ottobre 1922 colonne di “camicie nere” fasciste marciarono su Roma senza che nessuno le ostacolasse. Il re, che avrebbe potuto decretare lo stato d’assedio contro quell’insurrezione, incaricò invece Mussolini di formare un nuovo governo, legalizzando di fatto le sue azioni.

La dittatura fascista e le sue riforme

Obiettivo principale del governo fascista era ristabilire l’ordine civile e sociale in Italia. Perciò Mussolini interruppe lo squadrismo paramilitare e ne fece l’elemento fondamentale della nuova Milizia volontaria, un corpo speciale destinato alla sicurezza nazionale. Consolidata la composizione del Partito fascista attraverso la formazione del Gran Consiglio del fascismo (un organo direttivo), Mussolini avviò una serie di riforme atte ad esaltare il ruolo del governo esautorando progressivamente il Parlamento dai suoi compiti legislativi. Il governo fascista s’impegnò inoltre nell’attuazione della sua politica antisocialista reprimendo scioperi e sindacati.

In vista delle elezioni del 1924 l’esecutivo approvò la legge Acerbo, che introduceva il sistema elettorale maggioritario. Grazie a tale provvedimento il cosiddetto “listone” governativo, coalizione delle forze conservatrici a cui aderiva anche una parte liberale (non Giolitti), si impose nettamente sugli avversari. Le elezioni si tennero in un clima di intimidazione nei confronti dell’opposizione. Il deputato socialista Matteotti denunciò in Assemblea le ingiustizie subite; fu rapito pochi giorni dopo e ritrovato morto.

Lo sdegno provocato da un simile evento indusse l’opposizione a protestare e reclamare giustizia. Di fatto molti schieramenti non fecero che abbandonarono il Parlamento, dando modo ai fascisti di rafforzarsi.

Nel Gennaio 1925 Mussolini tenne un discorso in cui si assumeva in prima persona la responsabilità morale, politica e storica di quanto accaduto, e dichiarava di voler porre fine ad ogni contrasto politico.

Così sorgeva una vera e propria dittatura.

Consolidato il proprio potere, il Governo di Mussolini s’impegnò nel processo di fascistizzazione del Paese. Intendeva, cioè, instaurare un regime che ne controllasse tutti i settori politici e civili.

Attraverso una nuova serie di provvedimenti, detti leggi fascistissime, l’esecutivo rafforzò il controllo sulla società italiana e nel giro di pochi anni eliminò i suoi oppositori.

Con l’approvazione della Carta del lavoro il Governo instaurò il sistema corporativo, una riforma sociale atta a sostituire i sindacati con nuovi organismi, chiamati appunto corporazioni.

S’impegnò nella rivalutazione della Lira, e quindi in un’opera deflazionistica che ridefinì dazi, costi e salari in tutto il Paese.

Per far fronte alla depressione del ’29, si concentrò nella realizzazione di molte opere pubbliche.

Con la riforma Gentile accordò i metodi educativi della scuola con l’ideologia fascista. I giovani venivano coinvolti in associazioni ricreative paramilitari (figli della lupa, balilla, avanguardisti).

Ottenne notevole successo, infine, ristabilendo definitivamente i rapporti con la Chiesa. L’accordo noto come Patti lateranensi “promosse” il cattolicesimo a religione nazionale e lo riportò nella vita civile.

Negli anni successivi all’instaurazione del regime fascista, attorno al Gran consiglio del partito nacquero numerose organizzazioni collaterali destinate al controllo di informazione, stampa, comunicazioni, cinema (Istituto Luce), ed ogni altro mezzo di divulgazione pubblica. Tuttavia il governo fascista non poté realizzare del tutto il suo disegno politico, poiché chi lo appoggiava, come clero e monarchia, non fu mai realmente assorbito. E sebbene in Italia non fosse possibile osteggiare legalmente il regime, non mancavano gli oppositori. Alcuni personaggi politici esiliati avevano infatti ricostituito i propri partiti all’estero, e clandestinamente diffondevano la loro ideologia oltre confine. Fra questi si ricordano il filosofo Benedetto Croce e Antonio Gramsci, leader dei comunisti.

La politica estera di Mussolini

Sul fronte estero Mussolini non aveva accantonato l’idea di estendere i confini dell’Italia. Ottenuta la sovranità su Fiume (patto di Roma), strinse accordi con Albania (patto di mutua assistenza), Romania e Ungheria per rafforzare l’influenza italiana sui Balcani, a cui era interessato. Tale proposito contrastava però con la posizione della Francia, la quale, in risposta alle mosse del Duce, si era alleata con la Jugoslavia.

Nonostante tutto Mussolini era orientato a collaborare con la stessa Francia e con la Gran Bretagna. Fu firmatario prima del patto Briand-Kellogg, che prospettava un fronte pacifista internazionale tra oltre 60 paesi, poi di un patto a quattro volto a distendere i rapporti tra le potenze dell’Europa occidentale e la Germania. Ma nei primi anni 30, con la Grande depressione e l’ascesa al potere di Hitler, quest’ultima iniziativa finì per fallire, e i nuovi obiettivi diplomatici mirarono a contrastare la pericolosa situazione tedesca (Conferenza di Stresa).

L'espansione italiana in Etiopia e le conseguenze

La svolta definitiva si verificò con la spedizione di conquista dell’Italia in Etiopia, del 1935. Al termine della campagna africana Mussolini proclamò la fondazione dell’Impero italiano (a cui fu poi annessa anche l’Albania, occupata nel 1939), probabilmente senza aspettarsi le dure sanzioni che ne sarebbero conseguite. L’intransigenza di Francia e Gran Bretagna di fronte all’aggressione italiana ad uno stato sovrano e indipendente determinò definitivamente l’assetto diplomatico europeo. Con l’Asse Roma-Berlino e poi con il Patto d’Acciaio, le sorti di Italia e Germania si accomunarono. Mussolini finì per dipendere da Hitler, al punto da introdurre anche in Italia le leggi razziali che colpivano gli ebrei. La Carta della razza (1938 ) avviò un antisemitismo che per 7 anni mutilò le antiche comunità ebraiche della penisola.

Domande da interrogazione

  1. Quali furono le cause principali dell'instabilità politica in Italia nel dopoguerra?
  2. L'instabilità politica in Italia nel dopoguerra fu causata da trattati di pace deludenti, problemi economici dovuti alla fine delle commesse militari, e conflitti sociali tra diversi schieramenti politici.

  3. Come si sviluppò il movimento fascista in Italia?
  4. Il movimento fascista, fondato da Benito Mussolini, nacque in un contesto di instabilità politica e sociale, inizialmente raccogliendo pochi consensi elettorali, ma crescendo grazie a una strategia di violenza e alleanze politiche.

  5. Quali furono le azioni principali del governo fascista per consolidare il potere?
  6. Il governo fascista consolidò il potere attraverso la creazione della Milizia volontaria, l'approvazione di leggi fascistissime, la riforma del sistema elettorale, e la repressione di scioperi e sindacati.

  7. In che modo il fascismo influenzò la società italiana?
  8. Il fascismo influenzò la società italiana attraverso la fascistizzazione di vari settori, la creazione di corporazioni, la rivalutazione della Lira, e la riforma del sistema educativo per allinearlo all'ideologia fascista.

  9. Quali furono le conseguenze delle politiche estere di Mussolini?
  10. Le politiche estere di Mussolini portarono all'espansione territoriale in Etiopia e Albania, ma anche a sanzioni internazionali e un'alleanza con la Germania nazista, culminando nell'introduzione delle leggi razziali in Italia.

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