Fabrizio Del Dongo
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Concetti Chiave

  • La Prima guerra d'Indipendenza italiana culminò con le battaglie di Novara e Rieti nel marzo 1848, evidenziando il ruolo decisivo dei militari nel Risorgimento.
  • Gli eserciti italiani pre-unitari erano suddivisi in tre categorie: piccoli corpi militari, forze di medie dimensioni, e potenti eserciti capaci di conflitti internazionali.
  • L'esercito del Regno di Sardegna adottò una struttura ispirata ai modelli francese e prussiano, integrando il concetto di esercito permanente e servizio militare obbligatorio.
  • L'esercito del Regno delle Due Sicilie, con una forte tradizione militare, si distingueva per la formazione degli ufficiali presso la prestigiosa scuola La Nunziatella di Napoli.
  • Le differenze negli armamenti includevano i fucili a percussione piemontesi e le scimitarre napoletane, riflettendo le diverse influenze culturali e storiche dei due regni.

Indice

  1. Il ruolo dei militari nel Risorgimento
  2. Classificazione degli eserciti italiani
  3. Eserciti capaci di iniziativa di guerra
  4. Innovazioni e cultura militare
  5. Differenze negli armamenti

Il ruolo dei militari nel Risorgimento

La battaglia di Novara e la battaglia di Rieti del marzo 1848 che costituirono l’atto conclusivo della Prima guerra d’Indipendenza possono essere considerate come i primi test sul ruolo dei militari nel Risorgimento. In base all’organizzazione, gli eserciti italiani prima dell’unità possono essere classificati in tre gruppi.

Classificazione degli eserciti italiani

Nella prima categoria rientravano i corpi di militari di Modena e Reggio, di parma e di Lucca.

Per le loro ridotte dimensioni – tra 3.000 e 4.000 unità – essi non potevano svolgere altri compiti all’infuori di quelli di polizia e di parata. Nella seconda categoria, possiamo collocare l’esercito del Granducato di Toscana e quello dello Stato Pontificio. Rispettivamente, essi erano dotati di 12.000 e 16.000 soldat.

Eserciti capaci di iniziativa di guerra

Nel terzo gruppo si collocavano gli eserciti veramente in grado di esprimere una vera e propria iniziativa di guerra e di partecipare a conflitti anche di livello internazionale. Questi erano l’esercito del Regno di Sardegna e del Regno delle Due Sicilie. Il primo vantava un plurisecolare organizzazione e delle consolidate attitudini militari. Inoltre, nel corso della Restaurazione, all’esercito piemontese fu data una nuova struttura che ricalcava il modello francese e quello prussiano. Dalla Francia, fu mutuato il principio dell’esercito permanente, caratterizzato da un consistente nucleo di professionisti arruolati con una ferma lunga. Dalla Prussia fu preso il principio del servizio militare obbligatorio come dovere per tutti, arruolati tramite contingenti di leva brevi. Di fatto la guerra e quindi automaticamente la guerra, costituiva un vero e proprio mestiere.

Innovazioni e cultura militare

Qualche novità fu introdotta con la presenza dei bersaglieri., fondata dal capitano Alessandro Lamarmora nel 1836, con lo scopo di assicurare una certa mobilità sul campo di battaglia. L’esercito napoletano con 45.000 uomini in tempo di pace e 65.000 in tempo di guerra era in grado di competere con quello piemontese. I suoi ufficiali erano formate presso la scuola militare de La Nunziatella dioNapoli, una delle più prestigiose di Napoli. La cultura militare del Regno di Napoli risentiva del fatto di aver partecipato alle guerre napoleoniche, sotto il comando di Gioacchino Murat, re di Napoli dal 1808 al 1815. Tale esperienza aveva lasciato un segno nei comandanti che erano mal disposti ad accettare un governo ostile alle idee sostenute da Napoleone. Il fiore all’occhiello dell’esercito napoletano era costituito dall’artiglieria che era molto addestrata dal punto di vista tecnico e con nozioni di chimica delle polveri.

Differenze negli armamenti

Invece, l’armamento della fanteria era diverso. Infatti, l’esercito piemontese disponeva di fucili a percussione, superati dagli ’60 in poi col fucile a retrocarica Remingtion rolling-block di fabbricazione inglese. Un’altra arma del fante era la baionetta, da cui egli non doveva mai separarsi. Inoltre poteva disporre anche della sciabola che non veniva però portata da chi aveva un fucile munito di sciabola-baionetta.. Invece, nel Regno di Napoli, l’esercito continuava ad essere dotato di scimitarra, di foggia orientale. Il proprietario vi faceva incidere lo stemma della famiglia o l’emblema della propria dinastia.

Domande da interrogazione

  1. Quali furono i principali gruppi di eserciti in Italia prima dell'Unità?
  2. Gli eserciti italiani prima dell'Unità erano classificati in tre gruppi: i corpi di Modena, Reggio, Parma e Lucca; l'esercito del Granducato di Toscana e dello Stato Pontificio; e gli eserciti del Regno di Sardegna e del Regno delle Due Sicilie.

  3. Quali erano le caratteristiche distintive dell'esercito del Regno di Sardegna?
  4. L'esercito del Regno di Sardegna aveva una struttura basata sui modelli francese e prussiano, con un esercito permanente e il servizio militare obbligatorio. Era noto per la sua organizzazione plurisecolare e per l'introduzione dei bersaglieri.

  5. Come si differenziava l'armamento tra l'esercito piemontese e quello napoletano?
  6. L'esercito piemontese utilizzava fucili a percussione e successivamente il fucile a retrocarica Remington, mentre l'esercito napoletano continuava a usare scimitarre di foggia orientale.

  7. Qual era il ruolo dell'artiglieria nell'esercito napoletano?
  8. L'artiglieria era il fiore all'occhiello dell'esercito napoletano, con un alto livello di addestramento tecnico e conoscenze di chimica delle polveri.

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