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Concetti Chiave

  • Nel 1861, le prime elezioni italiane videro una partecipazione limitata, con la Destra storica e la Sinistra costituzionale come principali partiti politici, rappresentando rispettivamente il liberismo e le aspirazioni repubblicane e democratiche.
  • La Destra storica, guidata da Camillo Benso di Cavour, promosse un'economia liberale e cercò accordi diplomatici per l'unificazione italiana, mentre la Sinistra favoriva un coinvolgimento popolare e l'estensione del suffragio.
  • L'Italia post-unificazione presentava una fragile economia agricola, con un disavanzo statale significativo dovuto a debiti e spese militari, costringendo i governi a misure fiscali drastiche.
  • Sotto la Destra storica, l'Italia adottò un modello centralista, affrontò problemi interni come il brigantaggio e lavorò per l'espansione territoriale, culminando nell'annessione di Roma nel 1870.
  • La Legge delle Guarentigie del 1871 cercò di definire i rapporti tra Stato e Chiesa, ma fu osteggiata da Pio IX, creando una frattura che perdurò fino ai Patti Lateranensi del 1929.

Indice

  1. Le prime elezioni e il parlamento piemontese
  2. Destra storica e Camillo Benso di Cavour
  3. Sinistra costituzionale e i suoi ideali
  4. Il primo parlamento d'Italia e la situazione economica
  5. Politica economica e il pareggio di bilancio
  6. Le prime leggi unificatrici e il brigantaggio
  7. Politica interna e la questione meridionale
  8. La questione romana e la Convenzione di settembre
  9. La legge delle Guarentigie e la frattura Chiesa-Stato
  10. Il Veneto e la Terza Guerra d'Indipendenza

Le prime elezioni e il parlamento piemontese

Le prime elezioni si tennero a Torino nel gennaio del 1861, per decidere la formazione del parlamento piemontese.

Votarono solo gli uomini con un certo reddito, stabilito dallo statuto albertino. Nel 1861 gli elettori erano circa il 2% della popolazione totale, dei quali solo il 17% si presentò alle elezioni. I due partiti per cui si poteva votare erano la Destra storica, la maggioranza, e la Sinistra Costituzionale. Entrambe erano formate da uomini della borghesia medio-alta, ma le loro idee erano molto diverse.

Destra storica e Camillo Benso di Cavour

Destra: rappresentata da Camillo Benso di Cavour, che voleva portare in Italia la monarchia costituzionale inglese (modello liberale, libertà garantite da carta costituzionale). Altre personalità importanti della Destra erano Minghetti, Ricasoli, Peruzzi, Lanza e Sella. Cavour adottò comportamenti per non mettere in discussione l’autorità dei Savoia. In politica economica Cavour è stato un liberista e chiese che lo Stato non intervenisse nel regolare la materia economica (stabilire i prezzi…). Il mercato doveva autoregolarsi senza che lo stato si intromettesse. Cavour sostenne inoltre che le merci dovevano essere scambiate con facilità, poiché gli uomini godevano di libero arbitrio. Per quanto riguarda il problema dell’unificazione italiana, Cavour e la Destra propongono una linea di accordi diplomatici con la Santa Sede, volti a liberare il Veneto e lo Stato della Chiesa.

Sinistra costituzionale e i suoi ideali

Sinistra: La sinistra costituzionale non ha niente a che vedere con la sinistra di oggi, basata sulle idee marxiste, che si diffusero da noi sono dopo il 1870-1880. La sinistra dei tempi era Mazziniana e Garibaldina, dunque propugnava la repubblica e la democrazia, fondata sul concetto partecipativo di Rousseau, secondo il quale i cittadini eleggono i propri rappresentanti attraverso il voto. I personaggi più importanti furono Crispi, de Pretis, Rattazi, Cairoli, Zanardelli, che saranno tutti presidenti del consiglio. La sinistra lavorò per estendere il suffragio e proporre leggi sul diritto di voto. Per quanto riguarda il completamento dell’unità d’Italia, a differenza della destra, la sinistra voleva proporre una guerra che coinvolgesse il popolo e che potesse portare alla liberazione di Roma e Venezia.

Il primo parlamento d'Italia e la situazione economica

Il 17 marzo 1861, a Torino, si riunì il primo parlamento d’Italia, che proclamò Vittorio Emanuele II re d’Italia.

Il Regno d’Italia aveva inizialmente 26 milioni di abitanti, di cui il 70% era dedito al settore primario; l’Italia era quindi principalmente agricola. Si praticava un’agricoltura capitalista (contrario di sussistenza), volta a produrre per guadagnare, sviluppata in latifondi o condotta a mezzadria. Le coltivazioni erano comunque povere e circoscritte a poche colture specializzate come il grano, e l’allevamento più praticato era quello delle pecore. Inoltre, il Paese era privo di combustibili come il carbone e quindi il settore delle estrazioni non esisteva. Il reddito nazionale era pari a un quarto di quello inglese. La rete ferroviaria era poco sviluppata e non esisteva un collegamento tra nord e sud. Non esisteva la lingua italiana, ognuno parlava il proprio dialetto e gli italiani non potevano comunicare tra loro; l’unificazione linguistica avverrà solo nel 900 grazie alla tv. La costituzione rimase lo Statuto Albertino.

Politica economica e il pareggio di bilancio

L’Italia nasce con una situazione economica molto fragile, per via del disavanzo dello Stato (l’eccedenza delle spese sulle entrate nel resoconto annuale della finanza pubblica). Questo perché il Piemonte si era indebitato con la Francia e perché la seconda Guerra di Indipendenza è costata parecchio, così come la spedizione dei Mille e tutto ciò che ne è derivato. Sia la destra che la sinistra hanno dovuto trovare un modo per raggiungere il pareggio del bilancio, che venne raggiunto dopo 15 anni di sforzi, proprio nel periodo in cui entrerà in crisi il governo.

La destra storica ha governato dal 1861 al 1876. Ministri: Cavour à Ricasoli à Rattazi à Farini à Minghetti à La Marmora à Ricasoli à Rattazi à Menabrera à Lanza à Minghetti

Primi governi poco stabili e durati pochi mesi.

Politica economica: l’obiettivo della politica economica era quello di raggiungere il bilancio economico, perché il regno d’Italia era praticamente nato già in deficit (disavanzo). Inizialmente, la strategia fu quella di aumentare il prelievo fiscale e vendere buona parte del demanio statale (proprietà dello stato): vennero quindi imposte nuove tasse sia dirette (pagate direttamente allo stato) che indirette (pagate indirettamente ad esempio attraverso i consumi). Nel 1866, a causa della terza guerra di indipendenza e di una crisi economica ci fu un peggioramento dei conti dello stato e fu necessario introdurre una nuova tassa indiretta: la tassa sul macinato (introdotta da Quintino Sella). Questa tassa era imposta sui cereali macinati (farina) e si trasformò di conseguenza in un aumento del prezzo del pane. Poiché non si può fare a meno della farina, questa tassa permise di realizzare immediatamente delle entrate sostanziose. Tuttavia, venne a crearsi anche un grande malcontento popolare e una grande distanza tra le masse popolari e i governi della destra storica.

Il pareggio di bilancio fu raggiunto sotto Marco Minghetti, nel 1876. Dopo questo episodio, il governo della destra storica tramontò e divenne la minoranza, perché il popolo non volle più votarla.

Le prime leggi unificatrici e il brigantaggio

Le prime leggi che prese il parlamento piemontese furono quelle unificatrici:

- Unificazione della moneta

- Rimozione delle dogane

- Regolamenti della sicurezza e della sanità uniformati

- Obbligo a tutti i cittadini maschi di prestare il servizio militare di leva

- Obbligo ai bambini di frequentare i primi due anni di scuola elementare

- Varazione (varato) di un progetto per ampliare strade e ferrovie

La leva militare toglieva braccia all’agricoltura, e quindi toglieva a molte famiglie del sud gli strumenti per la sopravvivenza. Molti giovani del sud, pur di non prestare servizio alla leva militare, divennero briganti e si diedero alla macchia; nacque così il fenomeno del brigantaggio.

Politica interna e la questione meridionale

Politica interna: Le possibilità erano due: il modello federalista, con regioni autonome e il modello centralista, caratterizzato da un forte governo centrale e regioni e comuni non autonomi. Cavour preferiva il modello federalista, ma alla fine venne scelto quello centralista, soprattutto perché si temeva che, una volta acquistata l’autonomia, la popolazione di ciascuna regione avesse cercato di insorgere e di conquistare altre terre.

La questione romana e la Convenzione di settembre

Oltre al brigantaggio e alla questione meridionale, l’altro grande problema che ha dovuto affrontare la Destra è stato il completamento del Regno d’Italia, a cui mancavano i territori di Roma, Venezia, Trento e Trieste. Dato che Trento e Trieste erano ancora realtà lontane, la destra si concentrò su Roma e poi su Venezia. Il primo ministro Ricasoli cercò di avviare una trattativa diplomatica con la Santa Sede, che però fallì perché Pio IX rifiutò. Ricasoli perse il posto e venne sostituito da Rattazzi, inizialmente di Sinistra, poi di Destra. Rattazzi aveva mantenuto i contatti con l’esercito garibaldino e ripropose l’esperienza garibaldina, ottenendo l’approvazione del parlamento e del re. Lo slogan dell’iniziativa era “O Roma o morte”. L’esercito garibaldino iniziò la marcia verso Roma partendo dal sud, ma, arrivati in Calabria, re Vittorio ricevette un messaggio da Napoleone III, che intimava di fermare la marcia. I francesi erano fortemente cattolici e, per non irritarli ulteriormente, il re fu costretto a mandare il suo esercito in Calabria per fermare l’esercito di Garibaldi. In ogni caso, a Roma c’erano già degli eserciti pronti a difendere lo Stato della Chiesa. Sull’Aspromonte ci fu un breve conflitto a fuoco, che si concluse con alcuni morti, l’arresto di Garibaldi e il conseguente fallimento del progetto di Rattazzi, che diede le dimissioni e venne sostituito al governo da Minghetti.

Nel 1864, sotto Minghetti, viene stretto un accordo con i francesi, chiamato Convenzione di settembre, con il quale si stabiliva che i francesi avrebbero ritirato i soldati da Roma e avrebbero permesso che la capitale venisse spostata a Firenze; in cambio lo stato italiano rinunciava in via definitiva ad invadere lo Stato Pontificio e a qualunque altra pretesa su di esso.

La Questione Romana si risolve solo nel 1870, quando la Francia viene sconfitta dai prussiani nella guerra franco-prussiana, Napoleone III muore e l’accordo viene sciolto (Lanza al governo italiano).

La legge delle Guarentigie e la frattura Chiesa-Stato

Il 20 settembre 1870 i bersaglieri si aprirono un varco a Porta Pia ed entrarono a Roma. Un plebiscito sanzionò l’annessione di Roma e il Lazio al Regno d’Italia, Pio IX si dichiarò prigioniero politico e il nostro parlamento emanò una legge, approvata nel 1871, per regolare i rapporti fra lo stato italiano e la Chiesa: la Legge delle Guarentigie. L’obiettivo primario era quello di separare le dimensioni Chiesa-Stato e fu una decisione unilaterale “imposta” dallo Stato. Essa garantisce al Papa il pieno esercizio dei suoi poteri spirituali (ma la perdita del potere temporale) e la disponibilità dei palazzi del Vaticano, del Laterano e di Castel Gandolfo, dichiarati beni inalienabili (appartenuti per sempre al Papa). Inoltre, più di 3 milioni di lire vennero messi a disposizione annualmente dallo Stato per mantenere il Papa e la corte papale, come una sorta di risarcimento. Tuttavia, Pio IX non era quindi d’accordo e la definì un Diktat; reagì emanando una bolla papale nel 1874 intitolata “Non expedit” (=non è opportuno), la quale esortava i cattolici italiani a non collaborare a nessun titolo con lo stato italiano. Se eri cattolico, non dovevi partecipare all’attività politica dello stato, quindi non dovevi candidarti alle elezioni o votare. Con questa bolla, si vene a creare una frattura fra Chiesa e Stato, risolta solo nel 1929 con i Patti Lateranensi.

Il Veneto e la Terza Guerra d'Indipendenza

Il Veneto divenne parte del regno d’Italia nel 1876, in seguito alla Terza Guerra d’Indipendenza. Questa guerra fu il frutto di un’alleanza italo-prussiana: dato che c’era un conflitto tra Prussia e Austria, la strategia prussiana era quella di attaccare da nord l’Austria e fare in modo che l’Italia la attaccasse dal sud; come ricompensa, la Prussia ci avrebbe lasciato il Veneto. La guerra andò a buon fine, perché i prussiani riuscirono a sconfiggere l’impero d’Austria, ma gli esiti per noi sono stati molto deludenti. In particolare, ci furono due battaglie, rispettivamente una per mare e una per terra, dove noi siamo stati pesantemente sconfitti dagli austriaci: Lissa e Custoza.

Domande da interrogazione

  1. Quali furono le principali differenze tra la Destra storica e la Sinistra costituzionale durante le prime elezioni italiane?
  2. La Destra storica, rappresentata da Cavour, sosteneva una monarchia costituzionale e un'economia liberista, mentre la Sinistra costituzionale, influenzata da Mazzini e Garibaldi, propugnava la repubblica e la democrazia partecipativa.

  3. Quali furono le principali sfide economiche affrontate dall'Italia dopo l'unificazione?
  4. L'Italia affrontò un disavanzo economico significativo, dovuto ai debiti del Piemonte e ai costi delle guerre di indipendenza. La Destra storica cercò di raggiungere il pareggio di bilancio attraverso l'aumento delle tasse e la vendita del demanio statale.

  5. Come si risolse la Questione Romana e quali furono le conseguenze per lo Stato italiano e la Chiesa?
  6. La Questione Romana si risolse nel 1870 con l'annessione di Roma al Regno d'Italia. La Legge delle Guarentigie regolò i rapporti tra Stato e Chiesa, ma Pio IX la considerò un diktat, esortando i cattolici a non collaborare con lo Stato.

  7. Quali furono le misure unificatrici adottate dal parlamento piemontese dopo l'unificazione d'Italia?
  8. Il parlamento piemontese adottò misure come l'unificazione della moneta, la rimozione delle dogane, l'obbligo del servizio militare e l'istruzione elementare obbligatoria per i bambini.

  9. Quali furono le conseguenze della Terza Guerra di Indipendenza per l'Italia?
  10. La Terza Guerra di Indipendenza portò all'annessione del Veneto al Regno d'Italia grazie all'alleanza con la Prussia, nonostante le sconfitte italiane nelle battaglie di Lissa e Custoza.

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