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Concetti Chiave

  • Tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, l'Italia ha vissuto una fase di rinnovamento sociale e politico, iniziata con le proteste studentesche del 1968.
  • Nel 1969, la classe operaia italiana ha lanciato scioperi significativi, chiedendo aumenti salariali uguali per tutti e sfidando le tradizionali pratiche sindacali.
  • I sindacati, costretti a rinnovarsi, hanno formato la Federazione CGIL-CISL-UIL nel 1972 e si sono appoggiati ai consigli di fabbrica per una democrazia diretta.
  • Nei primi anni '70 sono nati nuovi movimenti democratici, tra cui quelli femministi ed ecologici, che hanno cercato di trasformare ruoli professionali e sociali.
  • Il movimento femminista ha cercato di liberare le donne dai poteri maschili radicati, influenzando vari settori culturali e mettendo in discussione strutture di potere consolidate.

Indice

  1. Trasformazioni sociali in Italia
  2. Rivendicazioni operaie e sindacati
  3. Evoluzione delle rivendicazioni operaie
  4. Consigli di fabbrica e democrazia
  5. Nascita dei movimenti sociali
  6. Movimento femminista e liberazione
  7. Limiti dei movimenti sociali

Trasformazioni sociali in Italia

Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, l’Italia è soggetta a profonde trasformazioni di diversa provenienza sociale, volte tutte al rinnovamento del paese.

Cominciano nel 1968 gli studenti, che passano rapidamente nel giro di pochi mesi, da un atteggiamento di avversione e di rifiuto verso la scuola dell’epoca, ritenuta culturalmente vuota ed estranea ai problemi effettivi della vita, ad una messa in questione dell’intero assetto sociale e politico esistente, al quale essi contrappongono i messaggi rivoluzionari che in quel periodo provengono da Che Guevara e dalla rivoluzione culturale cinese.

Rivendicazioni operaie e sindacati

Nel 1969 passa poi all’attacco la classe operaia, che fa una serie di scioperi fino al 1973, avanzando radicali rivendicazioni e scavalcando dapprima le impostazioni di tutti i sindacati (CGIL, CISL, UIL), e poi costringendoli a rinnovarsi nei metodi di gestione e negli obbiettivi perseguiti ed a stringersi tra loro in un patto federativo unitario: nasce così, nel 1972, la Federazione CGILCISL-UIL.

Evoluzione delle rivendicazioni operaie

Mentre sino ad allora i sindacati avevano rivendicato aumenti salariali differenziati tra le diverse categorie dei lavoratori, gli operai del 1969 rivendicano, in occasione del rinnovo dei loro contratti nell’autunno di quell’anno (passato alla storia come “l’autunno caldo”), aumenti salariali eguali per tutti.

Mentre sino ad allora i sindacati avevano rivendicato maggiorazioni salariali per i lavoratori impiegati in mansioni nocive, gli operai rivendicano ora l’abolizione della nocività in fabbrica, reclamando la priorità del diritto alla salute sul profitto privato. Mentre sino ad allora i sindacati avevano rivendicato paghe più alte per i lavori straordinari ed i cottimi (cioè forme di retribuzione in proporzione alla quantità di lavoro effettivamente svolto), gli operai rivendicano ora l’abolizione dei lavori straordinari e dei cottimi, e la realizzazione di qualsiasi incremento della produzione attraverso nuove assunzioni. In queste rivendicazioni emergono profonde spinte egualitarie, aspirazioni di maggiore solidarietà umana e di migliore qualità della vita, esigenze di una più vera democrazia e di un’effettiva possibilità, da parte dei lavoratori, di avere voce sulle condizioni del loro lavoro.

Consigli di fabbrica e democrazia

Tutto ciò si manifesta anche nell’improvviso e spontaneo rifiorire dei consigli di fabbrica, come forme di organizzazione diretta dei lavoratori, senza la mediazione dei partiti politici e delle burocrazie sindacali. I sindacati sono costretti allora a fondarsi essi stessi sui consigli di fabbrica. Questa richiesta di una più incisiva democrazia che nasce nella grande fabbrica alla fine degli anni Sessanta (per una serie complessa e combinata di fattori, che vanno dai più moderni processi di meccanizzazione, tali da erodere antiche competenze professionali e correlativi egoismi corporativi, all’integrazione nella classe operaia di nuove leve di immigrati con le loro nuove esigenze), si diffonde poi anche in altri àmbiti della società.

Nascita dei movimenti sociali

Nascono così, nei primi anni Settanta, i cosiddetti “movimenti”, da quello dei magistrati democratici a quello per una nuova polizia, da quello femminista a quello ecologico, ognuno dei quali coagula esigenze di trasformazione di determinati ruoli professionali, o addirittura dello stesso modo di vivere l’esistenza umana, radicate in condizioni specifiche della vita sociale.

Movimento femminista e liberazione

Di significativa importanza è il movimento femminista, che indica alle donne obbiettivi non solo di emancipazione da residue condizioni di inferiorità giuridica, o di retribuzioni e di possibilità di carriera nel lavoro, ma soprattutto di “liberazione” da un millenario retaggio che ha plasmato la soggettività femminile in funzione di poteri e di tradizioni maschili, e quindi nel contesto di una alienazione radicale. La prospettiva di “liberazione” che il femminismo ha inteso aprire alla donna si connette quindi ad una impostazione culturale di vasta e profonda portata, che scopre nell’apparente “naturalità” di molti luoghi sociali, e persino nell’istituzione della famiglia, un tessuto di rapporti di “potere”.

Ciò spiega come le prospettive femministe abbiano portato nuovi fermenti in diversi campi della cultura, dalla poesia alla sociologia, dalla letteratura alla psicoanalisi.

Limiti dei movimenti sociali

Ciò che manca a tutti questi “movimenti” è la capacità di elaborare un progetto di creazione di un nuovo Stato, cioè di connettere i loro obbiettivi ed i loro princìpi ad una concreta strategia politica. Essi non arrivano a pensare se stessi in termini realmente politici, anche perché nessun partito offre loro un effettivo sbocco su questo terreno. Né tale sbocco possono offrirlo diversi gruppi della cosiddetta “sinistra extraparlamentare”, nati dal magma di quegli anni, ma culturalmente e politicamente del tutto impreparati a comprenderlo e tanto più a dirigerlo, e perciò rimasti minoritari e divisi, fino alla loro definitiva scomparsa.

Domande da interrogazione

  1. Quali trasformazioni sociali hanno caratterizzato l'Italia tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta?
  2. L'Italia ha vissuto profonde trasformazioni sociali, con movimenti studenteschi e operai che hanno messo in discussione l'assetto sociale e politico esistente, ispirati da messaggi rivoluzionari come quelli di Che Guevara e la rivoluzione culturale cinese.

  3. Quali erano le principali rivendicazioni della classe operaia durante la "rivolta della classe operaia"?
  4. La classe operaia ha avanzato rivendicazioni radicali, come aumenti salariali uguali per tutti, l'abolizione della nocività in fabbrica, e l'eliminazione dei lavori straordinari e dei cottimi, promuovendo una maggiore solidarietà e democrazia.

  5. Come hanno reagito i sindacati alle richieste degli operai?
  6. I sindacati sono stati costretti a rinnovarsi nei metodi di gestione e negli obiettivi, formando la Federazione CGIL-CISL-UIL nel 1972, e a fondarsi sui consigli di fabbrica per rispondere alle richieste di democrazia diretta dei lavoratori.

  7. Quali nuovi movimenti democratici sono emersi nei primi anni Settanta?
  8. Sono emersi movimenti come quello dei magistrati democratici, per una nuova polizia, femminista ed ecologico, ognuno con l'obiettivo di trasformare ruoli professionali e modi di vivere, radicati in specifiche condizioni sociali.

  9. Qual è stata l'importanza del movimento femminista in questo contesto?
  10. Il movimento femminista ha mirato alla "liberazione" delle donne da un retaggio millenario di poteri maschili, influenzando vari campi culturali e mettendo in discussione rapporti di potere apparentemente naturali, come quelli familiari.

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