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Concetti Chiave

  • La crisi del 1929 iniziò con un forte ribasso della borsa di Wall Street, portando al panico tra gli investitori, chiusura di aziende e aumento della disoccupazione.
  • L'Europa, dipendente economicamente dagli USA, subì pesantemente la crisi, con la Germania tra i paesi più colpiti, aprendo la strada al nazismo.
  • Il fascismo in Italia emerse dopo la Prima Guerra Mondiale, con Mussolini che sfruttò il malcontento politico per prendere il potere attraverso la Marcia su Roma nel 1922.
  • Sotto il regime fascista, l'Italia adottò misure di controllo economico e sociale, firmò i Patti Lateranensi con la Chiesa e intraprese una politica estera aggressiva, culminata con l'invasione dell'Etiopia.
  • Hitler salì al potere in Germania sfruttando l'instabilità della Repubblica di Weimar, instaurando un regime totalitario e avviando una massiccia campagna di riarmo e propaganda.

Indice

  1. L'ascesa economica degli USA
  2. La crisi del 1929 e le sue conseguenze
  3. Le risposte alla crisi economica
  4. Le premesse del fascismo in Italia
  5. La presa al potere di Mussolini
  6. L'organizzazione dello stato fascista
  7. L'espansione imperialista di Mussolini
  8. La caduta del fascismo e la fine di Mussolini
  9. La crisi della Germania post-bellica
  10. L'ascesa di Hitler al potere
  11. La costruzione dello stato totalitario nazista

L'ascesa economica degli USA

Dopo la Prima Guerra Mondiale l’unico stato ad ottenere vantaggi furono gli USA che erano diventati la nazione economicamente più potente. Tra il 1923 e il 1929 la produzione di beni parve inarrestabile. I prodotti erano destinati ad una più ampia cerchia di consumatori. Questa produzioni però aveva basi deboli, infatti mentre i profitti aumentavano, i consumi non riuscivano ad avere il passo con la produttività. Si ebbe una notevole crisi di sovrapproduzione soprattutto nei nuovi settori e nell’agricoltura.

La crisi del 1929 e le sue conseguenze

Il 29 ottobre 1929 la borsa di Wall Street ebbe un notevole ribasso dei titoli (50%). I possessori di azioni andarono nel panico, iniziarono a svenderle per limitare le perdite e molte aziende furono costrette a chiudere e la disoccupazione aumentò a dismisura. La crisi arrivò in Europa, che basava la sua economia negli USA. A rimetterci fu la Germania per prima, che dopo aver perso il valore della moneta si era affidata ai prestiti esteri. A causa di questa crisi il nazismo ebbe le porte aperte. La crisi arrivò pian piano in tutto il mondo. Si verificò una disoccupazione di massa. La Germania fu l’unica a risollevarsi grazie al nazismo puntando sulla via del riarmo e puntando alla guerra. La crisi del Ventinove fece terminare del tutto le idee liberiste. I più disorientati da questo avvenimenti erano i lavoratori. Si ricorse al PROTEZIONISMO (chiusura verso le merci straniere, soprattutto a causa di alte tasse di importazione). Il commercio scese del 60%. Si provò anche a svalutare la moneta, con scarso risultato si crearono dei mercati chiusi e protetti.

Le risposte alla crisi economica

Ultimo tentativo fu quello di far intervenire lo stato nell’economia, e per la prima volta intervenne sui meccanismi economici e finanziari. Vari stati provarono diverse soluzioni : L’opzione sovietica portò la modernizzazione del paese sfruttando costi umani pesantissimi. L’opzione nazifascista gli stati sotto la dittatura protessero e allargarono i propri mercati con un espansionismo aggressivo, militarizzando la società e portandola alla guerra. L’opzione americana Roosevelt promosse il New Deal, che fu la risposta più innovativa e meno pesante per i costi umani. Creò enti federali per dare lavoro ai disoccupati, sostenne l’agricoltura fissando i prezzi ecc.. Nacque così il Welfare State.

Le premesse del fascismo in Italia

Il fascismo LE PREMESSE DEL FASCISMO Dopo la Prima Guerra Mondiale lo stato liberale risultò incapace ad affrontare i problemi che di lì in avanti si sarebbero presentati. Due avvenimenti furono decisivi per la caduta dei liberali: L’impresa di Fiume e l’occupazione delle fabbriche. Fiume era una città popolata da italiani, ma che dopo la Prima Guerra Mondiale fu data in mano alla Jugoslavia. Nel 1915 fu occupata da D’Annunzio con circa 9000 volontari. Lo Stato non intervenne per paura che l’esercito si schierasse dalla parte dei rivoluzionari. Circa tredici mesi dopo Giolitti sottoscrisse un accordo con la Jugoslavia dove dichiaravano Fiume città libera e in cambio l’Italia dovette rinunciare ai piani di conquista sulla Dalmazia. Il governo fu accusato di mancanza di coraggio e impotenza. Nel settembre del 1920 a Torino ci fu l’occupazione delle fabbriche da parte dei lavoratori, che, imitando la rivoluzione russa, avrebbero voluto ricreare una “rivoluzione italiana”, attuando così il famoso “Biennio Rosso”. I lavoratori volevano autogestirsi e difendevano gli stabilimenti con le armi. Giolitti riuscì ancora una volta a risolvere la situazione, non intervenendo in alcun modo con la polizia, e aspettando che i rivoluzionari finissero le materie prime per arrendersi. Quando fallì tutti gli intellettuali che ne fecero parte dovettero abbandonare il Partito socialista e formarono il Partito comunista d’Italia. Nonostante l’abilità di Giolitti, lo stato liberale non riusciva più ad ottenere l’appoggio, e lo stesso Giolitti perdeva consensi. Dalle elezioni del 1921 uscì un nuovo parlamento frammentato in undici stati in contrasto l’uno con l’altro. Giolitti fu costretto a dimettersi e ci fu un vuoto di potere. Nel frattempo si faceva notare l’ex socialista Benito Mussolini, che nel 1919 fondò i fasci di combattimento. Egli cercava di conciliare nazionalismo e riforme sociali. Ebbe un forte consenso tra il popolo, dove li arruolò e li organizzò in “squadre d’azione” in camicia nera, violenti e aggressivi. I socialisti si trovarono impreparati a opporsi queste aggressioni armate tollerate dalla polizia. D’altronde i liberali pensavano di poter controllare il fascismo, e di usarlo per poter rinvigorire lo stato liberale. Sottovalutavano la voglia del movimento fascista per sostituirsi ad egli.

La presa al potere di Mussolini

LA PRESA AL POTERE Il movimento fascista diventò un vero e proprio partito nel 1921. L’anno dopo dimostrò subito la sua forza attraverso la marcia su Roma. Mussolini marciò con 50000 camicie nere mentre il re Vittorio Emanuele III si rifiutava di proclamare lo stato d’assedio. Lo faceva per sostenere il re, ed egli invece di fermare la marcia conferì a Mussolini il potere di creare un nuovo governo dove egli ne sarebbe stato a capo. Ottenne numerosi consensi tra i liberali e i cattolici pensando che il periodo fascista sarebbe stato breve e necessario a ristabilire l’ordine. Mussolini ne approfittò per trasformare le strutture dello stato liberale; attuò la fascistizzazione che eliminò gli oppositori, e nel 1922 nacqua il Gran Consiglio del fascismo. Concentrò per se gran parte del potere. Venne proclamata la Riforma Gentile e più avanti la Legge Acerbo. La Riforma Gentile divideva in due la scuola: da una parte c’erano i ricchi che potevano frequentare il liceo classico e continuare gli studi; dall’altra c’erano i figli dei “poveri” che potevano frequentare scuole professionali per imparare un mestiere. La legge Acerbo invece modificò il sistema elettorale, si passò da un proporzionale a un maggioritario (si doveva avere il 25% dei consensi per andare al potere). L’ascesa del fascismo pare arrestarsi per un breve tempo quando il deputato Matteotti aveva denunciato pubblicamente le violenze e le illegalità compiute dai fascisti durante l’ultima elezione. Viene pubblicamente minacciato da Mussolini, e due settimane dopo scompare, per poi essere ritrovato il 16 agosto morto. Manifestazioni e scioperi in tutta Italia e Mussolini fu costretto a dimettere alcuni funzionari. Successivamente Mussolini rivendicò la sua responsabilità sull’omicidio affermando “se il fascismo è un’associazione a delinquere, io sono il capo di essa”. Nel 1925 furono diffuse le leggi fascistissime che sciolsero i partiti d’opposizione e soppressero la libertà di stampa e di parola. Fu perfezionato un Tribunale speciale a seguito di alcuni falliti attentati alla vita di Mussolini.

L'organizzazione dello stato fascista

L’organizzazione dello stato fascista L’economia si divise in due diversi periodi, un primo momento liberista che prevedeva l’agevolazione delle privatizzazioni e detassò i capitali esteri per agevolare gli investimenti. Ma quando la crisi nel ’29 mandò in crisi l’economia mondiale, lo stato fascista iniziò ad intervenire nella stessa, con una strategia dirigista. Il primo provvedimento preso da Mussolini fu la rivalutazione della lira, che passò da 155 a 1 nei confronti della sterlina, a 90 a 1. Questa decisione fu nominata con il termine militaresco di >. La scelta provocò la crisi dei grandi settori industriali. Infatti mentre i grandi gruppi industriali ne ricavavano vantaggi, a perderci furono i lavoratori salariati che a causa delle perdite dei profitti esteri si recuperò con un aumento della produttività. Nel 1925 si decise di riconoscere solo le corporazioni nazionali fasciste, eliminando così le ultime organizzazioni della Cgl e del sindacalismo cattolico. Nel 1926 venne diffusa una legge che proibiva lo sciopero e nell’aprile del 1927 su promulgata la Carta del Lavoro. Si tentò di affermare il corporativismo abolendo ad ogni lotta di classe e rinunciando alle loro rappresentative autonome. I lavoratori dovevano iniziare a subordinare i loro interessi a quelli della nazione. L’11 febbraio 1929 Mussolini e il cardinale Gasparri firmarono i patti lateranensi, che comprendevano un accordo e un Concordato. Lo stato del Vaticano avrebbe riconosciuto l’Italia come stato e Roma come capitale, in cambio Mussolini avrebbe risarcito la Chiesta per la perdita dello Stato pontificio e avrebbe dichiarato il cattolicesimo come religione di stato. In questo modo il fascismo ottenne il 98% della preferenza grazie al rinnovato appoggio della chiesa. Nel ’29 la crisi arriva anche nello stato fascista, che diventa sempre di più uno “stato imprenditore” e dirigista. Nel ’31 fu fondato l’Imi e nel ’33 l’Iri. Il primo finanziava le industrie e il secondo le risanava. Inoltre Mussolini avviò anche un programma di lavori pubblici che lo portarono una serie di consensi. In politica estera invece tendeva ad avere un atteggiamento moderato. Si teneva a distanza dalla Germania perché intralciava le sue mire egemoniche verso l’Austria. Hitler infatti, mentre Mussolini iniziava una politica di espansione verso il Mediterraneo, dimostrò subito di essere un temibile concorrente; fece eliminare il cancelliere austriaco alleato con Mussolini, che contava in lui per esportare in Austria il suo modello di fascismo.

L'espansione imperialista di Mussolini

Dall’aggressività imperialista alla guerra mondiale I problemi iniziarono però nel ’35. L’Etiopia era uno stato neutrale membro della Società delle Nazioni, che legava da anni un rapporto di amicizia con l’Italia. Questo non impedì Mussolini di invaderlo in modo da espandere i suoi mercati. La guerra fu condotta in modo spietato, armando tutta la potenza militare italiana contro etiopi privi di armamenti moderni, in modo da assicurarsi una vittoria facile. L’Italia fu condannata dalla Società delle Nazioni come stato aggressore e sottoposta a sanzioni, quali blocco del commercio e della fornitura di materiali strategici. A quel punto l’Italia si ritrovò da sola, e priva di materie prime che fino ad allora erano state d’importazione. A determinare la salvezza dell’Italia furono gli unici due stati che non rientravano nella Società delle Nazioni: gli Stati Uniti e la Germania. La voglia di Mussolini nell’espandere il suo potere, lo spinsero sempre più verso la Germania. L’Italia partecipò al suo fianco nella Guerra in Spagna, e firmò un’alleanza subordinata. Negli anni seguenti infatti Mussolini dovrà accettare l’annessione dell’Austria con la Germania, e accordarsi all’antisemitismo hitleriano. Vennero promulgate le “leggi razziali”, e con Patto d’acciaio nel ’39 confermò tale subordinazione. Ciò portò l’Italia, del tutto impreparata, ad affrontare la Seconda Guerra Mondiale al fianco della Germania.

La caduta del fascismo e la fine di Mussolini

Il disastroso andamento della guerra fece perdere molti consensi, il malcontento tra gli operai del Nord li fecero arrivare all’uso dello sciopero. Il Fascismo ricevette un ordine di sfiducia nel 1943, e Mussolini venne arrestato. Il potere andò in mano al generale Badoglio, che continuava la guerra al fianco dei tedeschi, stringendo trattative segrete con gli anglo-americani. Quando nel 1943 l’armistizio con gli anglo-americani venne annunciato nel Sud Italia, i tedeschi ne approfittarono per occupare l’Italia settentrionale e liberarono Mussolini; tentò un’improvvisata Repubblica di Salò, dichiarando di continuare la guerra con i tedeschi. Il tentativo durò poco, quando l’offensiva degli Alleati e l’insurrezione generale sconfissero l’esercito tedesco. Mussolini fu catturato mentre tentava di scappare travestito da tedesco e venne giustiziato il 28 aprile 1945.

La crisi della Germania post-bellica

Le macerie della civiltà: Hitler e il nazismo in Germania La crisi della società tedesca dopo la Prima Guerra Mondiale La Germania, uscita dalla Prima Guerra Mondiale affrontò un dopoguerra particolarmente difficile. Il potere passò alle mani dei socialisti, e le altre forze politiche apparvero deboli e disorientate. Per trovare una potenziale soluzione alla crisi fu formato un governo provvisorio composto da sei commissari del popolo, tutti appartenenti al Spd (partito socialdemocratico). Nacque la Repubblica di Weimar, che rimase in vigore fino al 1933. Essa permise di avviare importanti risultati sul piano sociale, ma evitò qualsiasi ridimensionamento dei precedenti poteri. La Repubblica però si rivelò incapace di conciliare il consenso dell’ala della sinistra più intransigente con una destra forte e radicale che si opponeva alla politica riformista. Intanto, a seguito delle sanzioni poste nella pace di Versailles, il popolo tedesco era in miseria. Il proletariato era sempre più disgregato, e anche la classe media andava in rovina. Gli unici a ricavarne profitto erano i grandi gruppi industriali. Venivano accusati gli ebrei di questo disastro economico. Era in questo momento di forte crisi che si faceva avanti il Partito operaio tedesco, di Adolf Hitler. Nel 1921 si dota di un’esercito, le Sa. E seguendo l’esempio di Mussolini tenta un colpo di stato, che fallì e lo portò in prigione. Il cattolico Marx, e il conservatore Stresemann, si posero l’obbiettivo di una stabilità politica come Weimar. Questo portò una ripresa economica, sempre a discapito popolare. I conservatori stavano riprendendo il controllo. Nel 1925 fu eletto Hindenburg. Il paese tornava ad essere fortemente industrializzato, riducendo però il numero di operai qualificati. Con un gruppo di proletari non adatto il movimento operaio tendeva a declinarsi sempre di più. La ripresa si abbattè però con la crisi del ’29, che fece crollare del tutto la democrazia di Weimar e determinò l’ascesa del nazionalsocialismo con Hitler. Con la crisi la disoccupazione salì alle stelle. Hindenburg nominò cancelliere Bruning, che formò in due giorni il nuovo governo. Non avendo la maggioranza passava a chiedere aiuto prima alla destra e poi alla sinistra. Appariva debole. Contemporaneamente si facevano sempre più forte le camicie grigie, che eliminavano velocemente i propri oppositori. Con le elezioni del 1930 il centro perse del tutto i voti. La crisi portava il popolo a dirigersi verso i partiti nazionalsocialisti e comunisti. Hitler così facendo riuscì ad espandere le sue alleanze. Il 30 gennaio 1033 Hitler fu nominato cancelliere, e come in Italia, molti s’illusero che le nuove responsabilità di governo avrebbero normalizzato il nazismo.

L'ascesa di Hitler al potere

Hitler al potere Hitler rivoluzionò completamente lo stato. Creò un corpo di polizia fedeli al partito; fece chiudere più di 150 giornali d’opposizione e diede via libera alle Sa contro gli oppositori. Nel febbraio del 1933 scoppiò in incendio alla sede del parlamento tedesco, Hitler allora ne approfittò per dare la colpa ai comunisti e denunciandoli ne fece arrestare oltre 4000. Con questo clima d’intimidazione, nel marzo 1933 il Partito nazionalsocialista ebbe il 50% dei voti. Aveva ormai la maggioranza. Contro Hitler votarono solo il 94 socialisti presenti in parlamento. Nessuno più aveva il coraggio di ostacolarlo pubblicamente. Iniziava cosi la sua campagna di persecuzione antisemitica, che portò poi alla Seconda guerra mondiale e al genocidio razzista.

La costruzione dello stato totalitario nazista

La costruzione di uno stato totalitario passò pure attraverso l’eliminazione nello stesso partito. Hitler fece in modo di riunire tutti coloro che puntavano a una “seconda rivoluzione” nazionalizzando l’economia. Le Sa vennero totalmente massacrate dalle Ss. Questa drastica epurazione fece ammutolire industria e esercito, e Hitler potè autonominarsi Duce (Fuhrer). Per combattere la crisi Hitler attuò un programma di lavori pubblici e lo stato non predominò mai nell’economia. Ma la svolta si ebbe grazie allo sforzo che fece Hitler per riarmare i tedeschi, senza trovare ostacoli negli altri paesi nonostante la pace di Versailles. In poco tempo la Germania raggiunge la piena occupazione. Nel 1938 l’industria tedesca dichiarò un deficit occupazionale di circa un milione di lavoratori, e si salari aumentavano. Hitler non si preoccupava di pareggiare il bilancio, ma fece rialzare quello dell’esercito dal 4% al 50% nel 1938. Con il consenso dei grandi gruppi economici mondiali riuscì a potenziare l’industria chimica in alcune zone del territorio e riuscì a collegare Berlino ai nuovi centri industriali con una rete viaria, che poi saranno usate durante le guerre di conquista. Per riuscire a mantenere la massa sotto il suo controllo, Hitler recuperava i comportamenti tradizionali della quale il popolo si sottometteva al Fuhrer. Riusciva in questo scopo grazie alle capacità oratorie che possedeva, ricorrendo a forme di comunicazione teatrali o spettacolari, rafforzate da coreografie, effetti luminosi e dall’ostentazione dei simboli come la svastica. Le apparizioni in pubblico del Duce utilizzavano tutte le forme di comunicazione allora esistenti: radio, cinema o teatro. Il monopolio dell’informazione venne affidata a Joseph Goebbels, che attuò una brutale censura, e fece girare propagande contro gli ebrei, contro le opere d’arte o contro i libri proibiti. Ogni tedesco si doveva trasformare in potenziale soldato. Ma il nazismo trovò il consenso anche attuando leggi che proibivano il conflitto nel luogo di lavoro, oppure organizzando una specie di dopolavoro, occupando il tempo libero con attività ricreative a seconda della professione, sesso o età. Ma alla fine dei conti fu la paura dei tedeschi a far ricevere maggiore consenso al nazismo.

Domande da interrogazione

  1. Quali furono le cause principali della crisi economica del 1929 negli Stati Uniti?
  2. La crisi del 1929 fu causata principalmente da una sovrapproduzione di beni che non trovava un corrispondente aumento nei consumi, portando a un crollo del mercato azionario e a una conseguente ondata di panico tra i possessori di azioni.

  3. Come reagirono diversi paesi alla crisi economica del 1929?
  4. Gli Stati Uniti adottarono il New Deal di Roosevelt, la Germania si risollevò grazie al nazismo e al riarmo, mentre altri paesi ricorsero al protezionismo e alla svalutazione della moneta.

  5. Quali furono le conseguenze politiche della crisi economica in Germania?
  6. La crisi economica portò all'ascesa del nazionalsocialismo di Hitler, che sfruttò il malcontento popolare per ottenere il potere e instaurare un regime totalitario.

  7. In che modo Mussolini consolidò il potere in Italia dopo la marcia su Roma?
  8. Mussolini consolidò il potere attraverso la fascistizzazione dello stato, eliminando gli oppositori, promulgando leggi come la Riforma Gentile e la Legge Acerbo, e firmando i Patti Lateranensi con la Chiesa.

  9. Quali furono le strategie economiche adottate dal regime fascista in Italia durante la crisi del 1929?
  10. Il regime fascista adottò una strategia dirigista, rivalutando la lira, fondando enti come l'IMI e l'IRI per finanziare e risanare le industrie, e avviando programmi di lavori pubblici per ottenere consensi.

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