Concetti Chiave
- La politica degli Stati borghesi si è evoluta per integrare le classi lavoratrici nel sistema capitalistico, riducendo i carichi di lavoro e migliorando i salari.
- Gli Stati borghesi riconoscono il diritto di associazione sindacale e di sciopero, accettando la presenza politica dei partiti socialisti.
- Il movimento operaio deve affrontare nuovi problemi strategici legati alla legittimità delle proprie organizzazioni e alle possibilità di integrazione sociale.
- Il revisionismo, inaugurato da Eduard Bernstein, mette in discussione i presupposti teorici del marxismo alla luce dell'evoluzione storica.
- Il riformismo, derivante dal revisionismo, propone la riforma delle istituzioni borghesi in senso democratico, promossa dal proletariato e altri strati sociali.
Indice
Mutamenti nella politica degli Stati borghesi
Di fronte a questi profondi mutamenti, la politica degli Stati borghesi nei confronti delle classi lavoratrici cambia profondamente in quanto non si esaurisce più nel porre la violenza degli apparati di repressione pubblica a disposizione delle grandi forze industriali contro gli operai, né mira più a consolidare l’emarginazione sociale degli operai stessi.
Ma al contrario si orienta verso un tentativo di portare almeno una parte dei membri delle classi lavoratrici ad accettare spontaneamente, senza più costrizione violenta, i rapporti di produzione capitalistici. Ciò è reso possibile anche dal fatto che i potenti gruppi imprenditoriali sono in grado di ridurre i carichi di lavoro dei propri operai e di concedere migliori salari ai più qualificati di loro, senza intaccare i propri profitti, ma semplicemente devolvendo al fondo salari una parte dei sovraprofitti, con il doppio vantaggio di motivare maggiormente gli operai stessi al lavoro di fabbrica, e di trovare nelle loro maggiori possibilità di spesa un nuovo mercato per i prodotti dell’industria.Nuova politica e riconoscimento dei diritti
Gli Stati borghesi interpretano dunque gli interessi complessivi delle nuove classi industriali quando, all’inizio del nuovo secolo, passano ad una nuova politica, cessando di vietare le leghe operaie, di impiegare le forze armate contro gli scioperanti, e di tentare di schiacciare i partiti socialisti, orientandosi piuttosto verso un pieno riconoscimento del diritto di associazione sindacale e di sciopero, verso una legislazione volta al miglioramento delle condizioni di lavoro in fabbrica, e verso una sostanziale accettazione della presenza politica dei partiti socialisti, con diritti pari a quelli degli altri partiti, nella misura in cui si propongono il compito di rappresentare le esigenze delle classi lavoratrici e di far progredire il loro tenore di vita all’interno della società capitalistica, e non già di sovvertire le basi di tale società.
Sfide per il movimento operaio
Ne derivano, per il movimento operaio, complessi e decisivi problemi di strategia sociale e politica, che sono del tutto nuovi. Mentre, infatti, fino ad ora il movimento operaio è stato costretto ad una lotta frontale per difendere l’esistenza stessa della propria organizzazione, invece ora che la legittimità della propria organizzazione gli è riconosciuta, deve decidere che cosa farne e come rispondere alle nuove possibilità di integrazione sociale che si aprono per le classi lavoratrici. I nuovi problemi che il movimento operaio è chiamato ad affrontare si riconducono perciò tutti alla grande questione dell’atteggiamento da tenere di fronte alla nuova forma assunta dal capitalismo.
Dibattito teorico sul marxismo
Tale grande questione, di natura pratico-politica, emerge però, data l’ideologia marxista generalmente assunta dal movimento operaio internazionale, nella veste di una questione teorica relativa alla validità scientifica del marxismo e alla finalità storica del socialismo.
Bernstein e il revisionismo
Questo dibattito teorico si apre in Europa con la pubblicazione, nel 1899, del libro I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia . Ne è autore un esponente di primo piano del socialismo tedesco ed internazionale, Eduard Bernstein, che vi raccoglie, dopo averli rielaborati, ampliati e sistemati, tutta una serie di articoli scritti nei tre anni precedenti, un libro ricco di argomentazioni e riflessioni che suscitarono adesioni, ma anche vivaci polemiche. La tesi di fondo di questo libro è che i presupposti teorici del marxismo, dai quali i partiti socialisti hanno derivato i loro compiti strategici, siano stati smentiti dall’evoluzione storica. Egli considera perciò necessario sottoporre a completa revisione i presupposti teorici del socialismo, inaugurando così una corrente di pensiero che per questo motivo viene chiamata revisionismo.
La conseguenza sul piano della strategia politica che deriva da questa revisione teorica è che il socialismo non deve più essere identificato con il rovesciamento da parte del proletariato delle istituzioni della società borghese, ma deve essere fatto consistere in un’opera di riforma di queste istituzioni, in modo da adeguarle sempre più ad un ideale di pari dignità civile di tutti gli esseri umani e di piena democrazia. Prevedendo di essere accusato di voler rinnegare il fine storico ultimo del socialismo — cioè l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e della divisione di classe, e l’instaurazione di un’eguaglianza non soltanto civile e politica ma anche economica e sociale — Bernstein dichiara che « il fine, qualunque esso sia, è nulla: il movimento è tutto ». Per movimento deve intendersi, come lui stesso precisa, la progressiva riforma in senso democratico delle istituzioni borghesi, per impulso non solo del proletariato ma anche di tutti gli altri strati della società interessati allo sviluppo della democrazia. Di qui il nome di riformismo all’indirizzo politico che discende dal revisionismo teorico. Il riformismo si afferma nei partiti socialisti europei, agli inizi del XX secolo, ad opera di “aristocrazie operaie” e di burocrazie sindacali che ne tutelano gli interessi.
Domande da interrogazione
- Quali cambiamenti ha subito la politica degli Stati borghesi nei confronti delle classi lavoratrici?
- Come interpretano gli Stati borghesi gli interessi delle nuove classi industriali?
- Quali nuovi problemi strategici affronta il movimento operaio?
- Qual è la tesi principale del libro di Eduard Bernstein?
- In cosa consiste il riformismo secondo Bernstein?
La politica degli Stati borghesi si è evoluta da una repressione violenta a un tentativo di integrazione delle classi lavoratrici nel sistema capitalistico, offrendo migliori condizioni di lavoro e salari senza intaccare i profitti.
Gli Stati borghesi riconoscono il diritto di associazione sindacale e di sciopero, migliorano le condizioni di lavoro e accettano la presenza politica dei partiti socialisti, purché non sovvertano la società capitalistica.
Il movimento operaio deve decidere come utilizzare la legittimità riconosciuta alla propria organizzazione e come rispondere alle nuove possibilità di integrazione sociale offerte dal capitalismo.
Bernstein sostiene che i presupposti teorici del marxismo sono stati smentiti dall'evoluzione storica, richiedendo una revisione completa del socialismo, inaugurando il revisionismo.
Il riformismo consiste nella progressiva riforma democratica delle istituzioni borghesi, promossa non solo dal proletariato ma anche da altri strati sociali, senza rinnegare il fine ultimo del socialismo.