vanna_marchi
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Concetti Chiave

  • I souvenir, spesso considerati di cattivo gusto, incarnano un turismo ormai passato e sono prodotti a basso costo, spesso in Cina, riflettendo stereotipi di monumenti famosi.
  • Fin dai tempi dei Grand Tour, i souvenir rispondono al desiderio di testimoniare la presenza in un luogo, evolvendo da opere artistiche a oggetti posticci e dozzinali.
  • Il fenomeno del souvenir è un aspetto del consumismo occidentale, simbolo di un materialismo e di una moda usa e getta, ma offre un punto di vista antropologico interessante.
  • Fotografi come Martin Parr esplorano il mondo del turismo e dei souvenir con umorismo e satira, documentando le abitudini vacanziere attraverso immagini vivaci e kitsch.
  • Nonostante le critiche, i souvenir continuano a prosperare in ogni destinazione turistica, mantenendo una certa "magia" legata al loro luogo di origine.

Il souvenir come feticcio nell'arte

Grembiuli da cucina con corpi di uomini nudi e bandiere d’Italia, il David a Firenze è la vittima preferita dell’intimo e dei soprammobili, il cappello da gondoliere comprato a Verona, magliette che traducono gli insulti dall’italiano al francese, la Torre di Pisa e la Tour Eiffel trasformate in giocattoli erotici, portachiavi dei monumenti ovviamente di pessima fattura, il Colosseo nella palla di vetro, il Vesuvio nella palla di vetro, statuine catalane di personaggi intenti a defecare per augurare un anno fortuito, due nacchere di plastica da un posto spagnolo dove la corrida non s’è mai svolta, i rosari che vanno forte a Roma, l’aria di Ibiza o di San Francisco rinchiuse in pratiche lattine, una miniatura di Berlusconi con la testa ciondolante in perfetto stile “hawaiano” ed a seguire il Duomo di Milano in finto marmo, evitabilissimi accendini con apologie al fascismo, il posacenere di Padre Pio brillantinato, orrende borse con la scritta delle città identiche in tutto il mondo.

Solitamente raccapricciante e di cattivo gusto, il souvenir almeno una volta è stato comprato o ricevuto, ed oggi racconta di un turismo che in alcune forme non c’è più, ha l’odore di una gita scolastica con il pranzo al sacco nel 2001, una settimana in campeggio a Rimini bagnati dalla pioggia, una carovana di americani al Colosseo ed un gruppo di giapponesi in Via della Spiga; oggetto prodotto spesso a basso costo in Cina con i profili levigati e stereotipati di monumenti o simboli di un luogo, questo regalo difficilmente gradito –quasi offensivo- è riuscito per la sua poliedricità ad entrare nelle case di tutti, sotto forma di ombrello o canovaccio nel migliore dei casi.

La funzione principale del souvenir risponde al bisogno sempre più crescente di testimoniare in maniera un po’ feticista la propria presenza in un determinato luogo, tradizione antica che iniziò ai tempi dei Grand Tour, occasione in cui i giovani viaggiatori erano soliti acquistare pezzi archeologici reali e piccoli frammenti di ciò che incontravano: il fenomeno spinse la gente locale a creare disegni, quadri, miniature, litografie ed altre riproduzioni di paesaggi ed opere, avviando un mercato turistico per il quale artisti ed artigiani lavorarono creando copie d’arte e falsi per nutrire la domanda in aumento; questo tipo d’interesse favorì l’inizio di prosperi atelier e botteghe nelle città dell’itinerario, incoraggiando il successivo collezionismo di antiquariato e di oggetti “esotici”.
Accanto alle incisioni ed ai dipinti acquistati comparvero moltissime fotografie degli scorci cittadini scattate da artisti locali o stranieri che si esercitavano, ovviando le esigenze dei ragazzi del tour che non sempre erano dotati del mezzo fotografico o di un professionista nel loro equipaggio, cosicché in ogni tappa potessero acquistare immagini raccolte in pratici album che offrivano la sintesi delle città, preannunciando l’arrivo della cartolina fotografica.

Gli archetipi del souvenir sono riconducibili al periodo del Grand Tour e di matrice prettamente artistica, mentre il divenire ed il mercato nei secoli hanno tramutato questi oggetti in qualcosa di posticcio, i ricordi dell’estate di tutti e che ciascuna meta può offrire sono omologati dalla loro fabbricazione e raramente vengono realizzati con cura a mano; per quanto siano costosi rispetto alla qualità della fattura generalmente non si tratta di articoli elitari, ma egualitari e simbolici del consumismo occidentale.
Questo oggetto dozzinale è una conseguenza diretta della nostra società, del cattivo gusto omologato, del materialismo e della moda usa e getta, è un aspetto dei nostri folclori e dell’esperienza di viaggio, ma si tratta di qualità utilissime dal punto di vista antropologico; rispecchiano una sfaccettatura pop di qualcosa di grottesco ma paradossalmente attraente, e questo interesse è riscontrabile in alcune opere d’arte di più generazioni, dall’aria parigina rinchiusa in una fialetta di vetro di Duchamp, alla scultura di Michael Jackson con la sua scimmietta di Jeff Koons.
Intellettuali contemporanei come Marc Augé si sono occupati d’indagare i meccanismi del divertimento e del turismo massificato, osservando da vicino le stramberie dell’uomo moderno occidentale ed i suoi ritmi stereotipati; ad affiancare questo tipo di studio vi sono artisti, fotografi e collezionisti di cianfrusaglie che hanno fatto del mondo pop contemporaneo il soggetto prediletto, uno di spicco fra questi è Martin Parr.
Martin Parr è nato nel 1952 ad Epson in Inghilterra, dagli anni Settanta si dedica alla fotografia ispirato dalle curiosità del turismo nelle sue declinazioni, dal kitsch che circola nelle campagne inglesi sino al ciarpame delle bancarelle di tutto il mondo. In qualche modo si accomuna a Marc Augé per il suo interesse antropologico nei confronti delle abitudini dei vacanzieri, che sebbene siano diffuse continuano a stupire incuriosendo fotografo e spettatore. Membro dell’agenzia Magnum nonostante la sua cifra stilistica, la satira e l’umorismo siano state causa di dissidenze, ha interpretato la società contemporanea, soprattutto quella inglese, osservando da vicino ciò che le piace e consuma, criticandola ma rimanendone comunque sedotto e divertito.
Vivace, coloratissima e satura, la sua fotografia sembra estrapolata da una telenovela, dove gelati sciolti nelle bocche di anziani, anelli cocktail pacchiani e gabbiani che rovistano la spazzatura si susseguono con la stessa irriverenza degli articoli delle bancarelle.
Oltre ai volti e alle consuetudini della vita vacanziera, il fotografo si è interessato anche a collezionare cartoline, fotolibri e cimeli del turismo, ritratti ed esposti in diverse mostre come “ParrWorld” che nel 2008 ha girato l’Europa; della stessa ha realizzato un libro suddiviso in due volumi in cui sono catalogati secondo accurati criteri oggetti divertenti che l’autore ha raccolto in venticinque anni di collezionismo.
Carta da parati commemorativa dello Sputnik, orologi con il volto Saddam, Gesù o Lenin, fagioli Heinz di Barbie, infradito di Obama ed altri pezzi kitsch ordinati nel volume Objects, che affianca Postcards, una collezione precisa e riflessiva sulla storia della cartolina ed uno studio dedicato a tutte le tipologie della stessa; oggetto a cui l’autore già in passato negli anni Novanta dedicò la pubblicazione Boring Postcards, dove raccolse queste immagini che fungevano da specchio della società, i costumi, l’architettura ed i consumi britannici.

Il turista di questo secolo ha talvolta sostituito all’acquisto del piccolo monumento di plastica la possibilità di fotografarsi senza limiti non dovendo più sottostare al rullino, ricalcando però un altro stereotipo: accontentandosi generalmente di una visita approssimativa e raramente approfondita, riproduce con il mezzo fotografico un’immagine già esistente nel suo inconscio, appagandosi di un ricordo che non appare personale.

Sebbene il mondo del souvenir sia stato criticato e deriso dai suoi albori e l’ottica generale non sia cambiata di molto, è sopravvissuto invadendo rigoglioso ogni meta turistica; non vi è stato un vero revival dell’oggetto, ma le città continuano a strariparne semplicemente perché non hanno mai smesso di venderne: oggetti senza data impressa perciò senza tempo, cartoline senza l’anno d’edizione, possono garantire un’immortalità il cui unico rischio è quello di sbiadirsi con il sole.
In qualche modo quest’oggettistica contiene una sua magia, nonostante il portachiavi della Tour Eiffel sia acquistabile ovunque nel mondo, se non arriva da Parigi perde il suo significato, e lo stesso potere si vanifica nel momento in cui una cartolina viene consegnata a mano o spedita da un posto differente, ed è questa forza magica ad incoraggiare ancora all’acquisto.

Domande da interrogazione

  1. Qual è la funzione principale del souvenir nell'arte e nel turismo?
  2. La funzione principale del souvenir è testimoniare in maniera feticista la propria presenza in un luogo, una tradizione che risale ai tempi del Grand Tour.

  3. Come si è evoluto il mercato dei souvenir nel tempo?
  4. Il mercato dei souvenir si è evoluto da oggetti artistici e archeologici a prodotti di massa, spesso di bassa qualità, che riflettono il consumismo occidentale.

  5. Qual è il ruolo di Martin Parr nel contesto del turismo e dei souvenir?
  6. Martin Parr è un fotografo che esplora le curiosità del turismo e del kitsch, documentando le abitudini dei vacanzieri e collezionando oggetti turistici in mostre come "ParrWorld".

  7. In che modo i souvenir sono percepiti nella società contemporanea?
  8. I souvenir sono spesso visti come oggetti di cattivo gusto e materialismo, ma hanno anche un valore antropologico, riflettendo aspetti pop e grotteschi della cultura.

  9. Perché i souvenir continuano ad essere acquistati nonostante le critiche?
  10. I souvenir continuano ad essere acquistati per la loro "magia" simbolica, poiché rappresentano un legame con il luogo d'origine, perdendo significato se acquistati altrove.

Domande e risposte