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Le parole di Valditara
Il Ministro, mentre stava citando un episodio di bullismo avvenuto in un istituto tecnico di Gallarate, ha dichiarato che la semplice sospensione dei ragazzi violenti non è la soluzione ideale, ma che al contrario potrebbe far allontanare ancora di più lo studente dalla società, e infatti le sue parole sono state molto chiare in questo senso: "Se ci si limita a sospendere per un anno, il rischio è che quel ragazzo vada poi a fare fuori dalla scuola altri atti di teppismo, o magari addirittura si dia allo spaccio o magari si dia alla microcriminalità".Valditara ha quindi continuato spiegando alla platea presente che le sospensioni devono essere integrate con altri provvedimenti: "Quel ragazzo deve essere seguito, quel ragazzo deve imparare che cosa significa la responsabilità, il senso del dovere. Noi dobbiamo ripristinare non soltanto la scuola dei diritti, ma anche la scuola dei doveri."
A questo punto, il Ministro ha proposto di far svolgere dei lavori socialmente utili ai ragazzi violenti, ma si è spinto oltre, utilizzando impropriamente il termine "umiliazione" per descrivere un aspetto della crescita dei ragazzi: "Quel ragazzo deve fare i lavori socialmente utili, perché soltanto lavorando per la collettività, per la comunità scolastica, umiliandosi anche, evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità." Questa uscita ha quindi scatenato l'ira dell'opinione pubblica.
Le scuse del Ministro dell'Istruzione
Il Ministro, dopo le reazioni seguite alle sue parole, ha fatto subito retromarcia, ammettendo di aver usato il termine "umiliazione" impropriamente: "Nel convegno di Direzione Nord a Milano ho utilizzato un termine che non spiega affatto il senso del mio ragionamento." E ha quindi spiegato il senso del suo discorso, insistendo sull'intento rieducativo che voleva imprimere in quel frangente: "Stavo intervenendo su un episodio oggettivamente intollerabile, quello di uno studente che ha preso a pugni una professoressa. Ho affermato che sospendere per un anno quel ragazzo non ha molto senso, molto meglio responsabilizzarlo facendogli fare lavori socialmente utili alla comunità scolastica”.Il Ministro ha continuato con le scuse, spiegando che gli errori vanno riconosciuti e va tratto un insegnamento da essi: “In questi casi, ero e rimango pienamente convinto che realizzare il proprio errore, imparare l’umiltà di chiedere scusa, affrontare il senso del limite e della responsabilità delle proprie azioni, sia un passaggio denso di significato formativo e culturale. Ammettere i propri errori significa realizzare che la realtà è più grande del proprio Io. È un tema di cui talmente avverto l’urgenza, da persona prima che da ministro, che al momento mi ha fatto utilizzare un termine sicuramente inadeguato, cosa di cui mi dispiaccio io per primo”.
Valditara ha infine riconosciuto che il termine che cercava non era "umiliazione", come ha pronunciato nel discorso incriminato, bensì "umiltà": “Riconfermo invece totalmente il senso del messaggio: alla società dell’arroganza occorre rispondere con la valorizzazione della cultura del rispetto e del limite e con la riscoperta del valore fondamentale dell’umiltà”.