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scuola e disabilità storia di thomasSecondo l'ultimo rapporto Istat sull'inclusione scolastica degli alunni con disabilità, nel 2021 gli insegnanti per il sostegno erano oltre 195mila. Tra questi però più di 1 su 3 (circa il 34%) non aveva una formazione specifica riguardo il tema della disabilità: trend in crescita soprattutto nelle regioni del Nord Italia. Una problematica che si ripercuote sulla condizione degli studenti disabili, spesso proprio per questo relegati ai margini delle attività scolastiche.

Un paradosso se pensiamo che l’Italia è tra i pochi Paesi europei ad avere una vera e propria legge sull’inclusione scolastica, che però funziona a fatica. Nel caso dell'autismo, lo studente dovrebbe seguire un iter che coinvolga contemporaneamente famiglia, scuola e insegnanti. Ma questo rapporto funziona? Lo abbiamo chiesto a Pamela, madre di Thomas, bambino affetto da disturbo dello spettro autistico. L’esperienza scolastica del piccolo studente - divisa tra gli Emirati Arabi e l’Italia - è stata decisamente travagliata proprio a causa delle carenze del corpo docente. Un percorso scolastico che ci regala la dimensione della scuola italiana, sotto il profilo dell’inclusione, ma anche della didattica.

Luci e ombre dell’esperienza negli Emirati Arabi:

Thomas ha quasi 10 anni e la sua diagnosi è quella di autismo di livello tre, la gravità massima. Pamela ci racconta come il suo percorso scolastico sia stato particolarmente travagliato, a cominciare dall’esperienza negli Emirati Arabi dove la famiglia ha vissuto per sei anni: ”L’esperienza si è divisa in varie fasi. Negli Emirati non c’è una legge sull’inclusione, ci sono scuole private che possono scegliere o meno di accettare un candidato. I bambini con disabilità tendono a finire in quelle chiamate “Special Need School”, scuole per bambini disabili. Abbiamo iscritto Thomas alle scuole inglesi fino ai quattro anni e mezzo, anche senza maestra di sostegno. Lì i costi aggiuntivi sono a carico della famiglia: insegnanti di sostegno e terapisti devono essere assunti dalla famiglia” ci dice Pamela. Né ad Abu Dhabi né a Dubai la famiglia è riuscita a trovare la giusta dimensione per Thomas, discriminato quando sono sopraggiunte le prime crisi comportamentali: “Thomas è finito in una classe con bambini disabili, avendo una regressione dal punto di vista dell’apprendimento. Questo perché i bambini disabili difficilmente si stimolano tra loro, a livello di stimolazione è importante frequentare i pari non disabili perché entra in gioco un processo di imitazione molto funzionale per i bambini”.

Thomas è un bambino “non vocale”: cioè non parla, e comunica per lo più con i gesti e con un comunicatore inserito tramite terapisti. E’ un bambino con bisogni sensoriali, quindi necessita di stimoli costanti che non sono mancati nelle scuole degli Emirati: ”In generale, le scuole per i bambini disabili degli Emirati da un lato possono offrire diversi spazi e strutture molto più adeguate. Intendo dagli spazi alle attività, quindi in questo senso i bambini con bisogni sensoriali come Thomas sono molto stimolati. Mio figlio ha sempre bisogno di saltare o dondolare, perché ipo-sensibile, mentre è iper-sensibile a livello uditivo, cioè è sensibile ad alcune frequenze sonore, e ha quindi bisogno di indossare delle cuffie. Dall’altro lato però questi bambini vengono isolati da una società che invece andrebbe preparata ad accettare le persone con disabilità”

Il ritorno in Italia, un’esperienza “drammatica”: “Le scuole fanno fatica perché mancano le competenze”

L’Italia al contrario è uno dei pochi Paesi europei che ha invece una legge sull’inclusione, la cui applicazione però non trova riscontri pratici. ”Nel 2000 siamo tornati in Italia. L’esperienza è stata inizialmente drammatica. Ho contattato circa 21 scuole, tra pubbliche, paritarie e parificate, che senza nemmeno vedere il bambino e capire i suoi bisogni, mi hanno detto che non c’era posto. Io sono rimasta inizialmente sconvolta perché c’è una legge che dispone l’obbligatorietà scolastica. Per un bel po’ quindi a Thomas è mancata l’esperienza sociale e d’istruzione, e abbiamo fatto molta fatica. Finché poi siamo arrivati in una scuola pubblica che però ci rifiutava un ingresso quotidiano per mancanza di coperture. Senza la 104 il bambino non poteva andare a scuola perché l’Ufficio scolastico regionale non avrebbe dato il sostegno. Cosa in realtà non vera, perché anche i BES non hanno la 104 eppure hanno il docente di sostegno: c’è stata una mancata preparazione. In più secondo me la scuola ‘ha giocato’ su questo fatto perché i bambini problematici non li vuole nessuno” rivela Pamela.

Uno scenario che senza dubbio riflette le già note carenze del sistema scolastico, a partire dal livello del personale docente. ”Mi rendo anche conto che le scuole fanno fatica perché mancano le competenze. I docenti di sostegno, curricolari, e altre figure come gli OEPA non hanno una vera preparazione per gestire i comportamenti problematici, come quella di un terapista del comportamento RBT. Quindi sei un po’ in balia della fortuna: potresti trovare un insegnante preparato come no. Inizialmente avevamo un docente di sostegno che veniva dalla Campania, almeno sulla carta, perché in realtà non si presentava mai a scuola. O sei fortunato come noi che abbiamo la possibilità economica di assumere personale altamente qualificato per accompagnare Thomas a scuola, o accetti la sorte”.

I diritti sono per chi può “permetterseli”

La qualità dell’esperienza scolastica finisce col pesare sul portafoglio delle famiglie, costrette ad assumere terapisti esterni che possano seguire i figli in classe. In questo caso, e come spesso capita, i diritti sono solo per chi può “permetterseli”. E la mancanza di figure adibite alla gestione degli studenti disabili da parte della scuola genera uno spreco di risorse inaudite. “A proposito di questo, le famiglie stanno presentando ricorsi contro le Asl locali per farsi rimborsare la terapia ABA. ABA sta per “Applied Behavior Analysis”. I bambini che hanno avuto accesso alla terapia ABA da adulti avranno meno bisogno di assistenza. Quindi funziona, ed è la terapia consigliata dalle linee guida in Italia, ma non è convenzionata. Ci sono quindi tutta una serie di cause che le famiglie vincono, con le Asl locali costrette a rimborsare migliaia di euro. Spero che qualcuno si svegli, perché avere una legge sull’inclusione senza poter fornire un servizio e quindi avere delle Asl costrette ad un esborso considerevole è uno spreco per tutti”.

Nel frattempo le famiglie che hanno disponibilità spendono cifre considerevoli per garantire ai loro figli una didattica degna di questo nome: ”I costi sono altissimi, come è giusto che sia perché si parla di professionisti e il lavoro è molto delicato. Noi spendiamo in media 3.000 euro al mese, e siamo fortunati. Viviamo separati perché lo stipendio di mio marito ci consente le terapie per Thomas, nonostante un sacrificio umano considerevole. Ci sono famiglie che però non hanno questa fortuna, e spesso sei costretto a formarti e lasciare il lavoro. Dovrebbe essere lo Stato a garantire la presenza di terapisti nelle scuole” spiega Pamela.

Scuola e didattica personalizzata, modelli obsoleti: quali sono le mosse per il futuro?

Ma, in generale, Pamela come giudica la preparazione dei docenti italiani? ”Il mio giudizio rispetto allo scorso anno è negativo. Una preparazione inesistente da parte del corpo insegnante, dove non c’era nemmeno la volontà di venire incontro alla famiglia e al bambino. Adesso che abbiamo cambiato scuola stiamo vivendo un’esperienza decisamente più positiva, con un insegnante di sostegno più preparato, anche se solo ad occuparsi del bambino. Ma la differenza almeno nel nostro caso la fanno i terapisti che abbiamo assunto esterni alla scuola. Professionisti che secondo me, come già detto, il Ministero dell’Istruzione dovrebbe inserire nella scuola”.

La prima cosa da fare sarebbe quella di mettere gli studenti nelle condizioni di poter trarre un’esperienza positiva dalla didattica, magari con una scuola che favorisca l’inclusione con delle classi differenziate. ”Vedo Thomas fare fatica a stare al passo con la didattica dei coetanei, quindi l’ideale sarebbe dare la possibilità di seguire lezioni one to one, ma anche degli spazi di ‘sfogo’. E’ quello che stiamo facendo: Thomas è in classe con i suoi coetanei, ma in alcuni momenti esce per sfogarsi. Richiede un impegno anche economico più alto, ma a volte basterebbe un po 'più di impegno da parte dei docenti. Inoltre, si tende ad applicare dei metodi vecchi a livello scolastico. E’ certo che non si può applicare una sola didattica per tutti. I bambini non sono tutti uguali, in mezzo ai due estremi, cioè il normodotato e il disabile, nel mezzo c’è un altro mondo di difficoltà. C’è chi ha bisogno di tornare su una lezione più volte ma anche chi ha bisogno di un metodo di apprendimento diverso. Quindi per questo parlo di didattica personalizzata ma anche differenziata per tutti” afferma Pamela.

"I bambini tirano fuori il meglio, al Ministro Valditara chiedo l'inserimento di tecnici del comportamento nelle scuole"

Certo è che l’inclusione nel gruppo classe, per bambini come Thomas, è un primo passo fondamentale per il loro sviluppo. Nel caso di Thomas, dopo un primo anno dove è stato sostanzialmente escluso ed isolato, adesso le cose vanno meglio. ”Al secondo anno nella scuola nuova, grazie a questa insegnante ha iniziato ad essere integrato. Lo scorso anno siamo stati invitati ad una festa di compleanno. I bambini sono molto carini, hanno atteggiamenti molto spontanei verso di lui. Lui è contento e comincia, quasi a 10 anni, a palesare la volontà di stare con gli altri. Se ai bambini viene data l'opportunità e viene insegnato ad accettare il diverso, tirano fuori il meglio”.

Tuttavia, ciò non è sufficiente per garantire a questi piccoli studenti un’inclusione, e un’esperienza scolastica soddisfacente. Laddove non arrivano le famiglie, dovrebbe esserci la mano tesa dello Stato. A proposito di questo, cosa chiederebbe Pamela al Ministro Valditara se avesse l’occasione di incontrarlo? ”Chiederei di inserire i tecnici del comportamento nelle scuole: è una cosa fondamentale. Si tratta di una figura più importante dei maestri di sostegno. Sono figure che dovrebbero essere riconosciute all’interno delle scuole” conclude la mamma di Thomas.

Data pubblicazione 28 Novembre 2022, Ore 10:15 Data aggiornamento 28 Novembre 2022, Ore 10:21
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