
Lo stop avverrà dal pomeriggio di venerdì 23 fino all’intera giornata di lunedì 26. Una situazione che, proprio per questo motivo, trova i dirigenti scolastici ancora di più sul piede di guerra: “Da decenni - dice Cristina Costarelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio, intervistata da Skuola.net - facciamo presente che l'utilizzo delle scuole come seggi elettorali è un qualcosa di inadeguato e inopportuno. In particolare in situazioni come quella di quest’anno”.
-
Leggi anche:
- Guida semplice alle elezioni: come si vota il 25 settembre? Orari, documenti e regole per il voto
- Guida semplice alle elezioni 2022: perché si fanno le alleanze e cosa c'entra la legge elettorale
- Elezioni 2022, come funziona il voto domiciliare per i positivi al Covid?
I presidi: “Perché non usare altri edifici pubblici invece che ricorrere sempre alle scuole?”
Ma non è tanto la tempistica delle chiusure, troppo precoce rispetto all’inizio dell’anno scolastico, la cosa su cui mettono di più l’accento i presidi. Piuttosto, è una considerazione generale sul periodo storico: “Utilizzare gli istituti, sospendere l'attività didattica, sacrificare la scuola a un “superiore interesse pubblico” - continua la dirigente - non è la strada da seguire. La scuola andrebbe tutelata e lasciata il più serena possibile, soprattutto in un anno come questo, in cui lentamente si sta ritornando alla normalità. Inoltre, utilizzare oggi gli istituti per altri fini crea ulteriori disagi, significa per esempio dover poi procedere ad azioni di sanificazione”.In più, come ricordano ancora i dirigenti scolastici, utilizzare le scuole come seggio elettorale, oltre a interrompere la didattica, penalizzando gli studenti, espone spesso a situazioni paradossali: “Nelle scuole, come quella di cui sono dirigente io (il liceo Newton di Roma, ndr), che hanno più plessi - segnala Costarelli - può capitare che solo alcuni di questi siano seggi elettorali. Ciò significa che una parte di studenti rimane a casa mentre un’altra continua ad andare regolarmente a scuola”.
Eppure, secondo i presidi, spostare i seggi in altri luoghi non sarebbe così complicato: "Non è che l’alternativa non ci sia, semplicemente - sottolinea Costarelli - manca la volontà. Al momento dei tentativi non se ne sono fatti, non sono nell’aria e quindi resta lo status quo. Per quanto ne sappia, almeno nelle grandi città, non ci sono proposte. Possibili soluzioni, però, vengono facilmente alla mente: ci sono le caserme in disuso, gli edifici pubblici come le sedi dei comuni, dei municipi, delle circoscrizioni; presenti praticamente in tutte le città. Perché non utilizzare quelli senza sacrificare le scuole?”.
Quasi 9 seggi elettorali su 10 sono nelle scuole
Un timido tentativo, in realtà, c’era stato lo scorso anno, quando le elezioni amministrative in alcuni territori cadevano proprio a inizio ottobre. Allora, per non interrompere l’attività didattica in una scuola già martoriata da pandemia e dad, vennero stanziati 2 milioni di euro per sostenere la ricerca di sedi di seggio da parte degli enti locali. Il risultato? Secondo le rilevazioni del Viminale oltre 30mila studenti furono restituiti alla didattica. Una goccia nel mare rispetto a un problema enorme, visto che l'88% degli oltre 61mila seggi elettorali del nostro Paese si trova all'interno delle scuole.Ma quest’anno le elezioni sono giunte in maniera così inaspettata che non è stato possibile predisporre attività simili. Così c’è stato qualcuno che con italico spirito di improvvisazione ha trovato soluzioni alternative, come un preside della provincia di Bologna che ha deciso di spostare i seggi nella palestra scolastica: “E’ sicuramente una buona idea - afferma la rappresentante ANP - anche perché, in molti contesti, magari si impegnano edifici con quaranta aule ma per le elezioni poi ne servono tre o quattro. Una cosa fuori dimensione, che ha conseguenze su milioni di studenti, per avere spazi che poi sono limitati. Ben vengano, dunque, tentativi di alleggerimento. Resta comunque, seppur minore, il sacrificio per le scuole”.
La Dad? Una possibile alternativa, ma solo per gli studenti delle superiori
Un’altra via d’uscita potrebbe essere quella di ripristinare, per situazioni come queste, la didattica a distanza. Ma, a detta dei presidi, non sarebbe una cosa pienamente risolutiva: “Sicuramente - dice Costarelli - potrebbe essere adottata per le scuole medie e superiori, dove ormai gli alunni hanno imparato a utilizzarla. Ma per i più piccoli ritengo di no, perché nel loro caso attivare la Dad per pochi giorni diventa complicato. Questo passaggio, inoltre, dovrebbe essere acquisito contrattualmente. Per come è il contratto nazionale dei docenti adesso, infatti, questi non sono tenuti a svolgere attività didattica durante le chiusure per cause di forza maggiore, come nel caso delle elezioni. Si dovrebbe procedere a una modifica degli accordi”.In ogni caso, alla fine, il “prezzo” maggiore lo pagano gli studenti e le loro famiglie: “Le problematiche principali - conclude la dirigente scolastica - sono certamente quelle, nel caso dei più piccoli, di dover organizzarsi per gestire i propri figli. Mentre per i più grandi ciò si traduce in una perdita di tempo che poi costringe a concentrare tutto il percorso di apprendimento, ad accelerare. Perché poi, spesso, le elezioni hanno doppi turni. L’anno scorso, ad esempio, con i ballottaggi per i sindaci, ci sono state due chiusure a distanza di quindici giorni”. Per fortuna, almeno stavolta, non sarà così.