
Mentre in Italia molte scuole hanno chiuso i battenti per il Referendum sul lavoro e la cittadinanza, una preside di un istituto di Trento ha trovato il modo di tenere aperte le classi anche con i seggi in funzione, dimostrando che diritto allo studio e diritto al voto possono convivere eccome.
La dirigente scolastica ha affrontato la burocrazia, opponendosi a quelle disposizioni che normalmente escludono la presenza di estranei negli edifici che ospitano i seggi, e che causano la perdita di ore di lezione.
Volendo trasformare questo evento nella sua scuola in un’esperienza di crescita per gli alunni.Indice
La scelta della preside: democrazia in aula
La preside tiene a precisare che non è solo una questione di lezioni perse, ma una vera e propria azione educativa per gli studenti.
Come ha scritto lei stessa in una lettera: “Pensate i bambini, le bambine, i ragazzi e le ragazze che vedranno che nella loro scuola gli adulti vanno a votare, faranno domande e le insegnanti spiegheranno loro che cosa sta accadendo e che cos’è il voto (non cosa si vota), il valore di esprimerlo e la potenza che esso ha per la democrazia".
Un'occasione d'oro per capire l'importanza di un diritto fondamentale come il voto, proprio nel luogo dove si costruisce il futuro. E la cosa più bella è che questa sfida con la burocrazia è stata vinta grazie alla collaborazione tra Comune e Questura.
Anni di tentativi per tenere le scuole aperte
Questa battaglia, la dirigente, la porta avanti da tempo. Insieme ad altri istituti di Trento cerca di negoziare con il Comune per ottenere qualche ora in più di apertura, se non addirittura lo svolgimento regolare delle lezioni quando le scuole sono solo in parte occupate dai seggi.
Da anni si chiedono: perché mai vengono individuate le scuole come sedi di seggio? E la risposta è sempre la stessa: la Questura (cioè il Ministero degli Interni) valuta l'idoneità dei locali e le scuole sembrano essere quelle più adatte.
Quest'anno, però, il questore si è convinto e ha dato il suo ok alla "convivenza" di seggi e lezioni alle primarie. Un fatto davvero raro se pensiamo che, secondo i dati del Ministero dell’Interno, nel 2021 l'88% dei seggi elettorali si trovava proprio in edifici scolastici, e il 75% di questi sono edifici destinati alla didattica.
Le associazioni lo chiedono da tempo
Questa situazione, purtroppo, significa che milioni di studenti perdono giorni di lezione ad ogni turno elettorale. E non dimentichiamo che ci sono già tante altre interruzioni, dagli scioperi al maltempo. Insomma, il diritto allo studio ne risente parecchio.
Già nello stesso 2021, il Ministero dell'Interno aveva anche creato un gruppo di lavoro per trovare delle soluzioni, ma alla fine tutto si è risolto in una circolare ai prefetti per "sensibilizzare i sindaci sull’esigenza di individuare il maggior numero di immobili come sedi alternative di seggi". Ma intanto, milioni di ore di lezione continuano a saltare.
Una battaglia che anche associazioni come "Cittadinanzattiva" portano avanti da tempo. "Chiudere le scuole perché sede di seggio elettorale è una stortura, tipicamente italiana, che abbiamo denunciato varie volte e che ci ha indotto ad attivare una campagna 'Stop ai seggi elettorali nelle scuole'", spiega la coordinatrice nazionale scuola dell'associazione.