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studentesse in classe seduta al banco

Oltre 85mila euro di indennizzo, comprese le spese legali. E' il maxi risarcimento disposto dal giudice del tribunale di Pistoia nei confronti di una coppia di genitori, rei di non avere impartito alla loro figlia “un'istruzione consona al rispetto delle regole basilari della civile coesistenza”.

Era il 2019 quando la giovane, allora 14enne, spinse una compagna di scuola contro uno spigolo di cemento, provocandole un trauma cranico, un vistoso taglio sulla testa e un lungo ricovero.

Alla fine, la giovane vittima se la cavò con 20 giorni di prognosi, nel frattempo però la sua famiglia chiese un risarcimento per danni accusando sia la famiglia della compagna di classe sia l’istituto scolastico.

Indice

  1. La vicenda
  2. La colpa è dei genitori
  3. La difesa della scuola

La vicenda

L’episodio risale all’aprile del 2019.

Durante una lezione le due ragazze, 14enni, chiesero di poter uscire qualche minuto dalla classe, così da raggiungere gli armadietti al piano inferiore della scuola. La docente dell'ora acconsentì.

Uscite dalla classe e giunte in corridoio, le due si misero a correre verso la rampa di scale, ricevendo anche una sgridata da parte di una collaboratrice scolastica. In prossimità dei gradini, una delle due spinse la schiena dell’altra con entrambe le mani.

La giovane picchiò la testa contro lo spigolo di una colonna in cemento. E poco dopo fu portata al pronto soccorso, dove i medici le diagnosticarono un trauma cranico e un taglio a partire dal volto di circa 12 centimetri. Venne poi dimessa con 20 giorni di prognosi.

La colpa è dei genitori

Come riporta 'La Repubblica', durante il processo, il giudice ha evidenziato il fatto che un “genitore ha l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”.

E, “tenuto conto della grave ed immotivata spinta” il tribunale ha disposto il maxi risarcimento di oltre 85mila euro: più di quanto richiesto dalla famiglia della vittima, che chiedeva un indennizzo di circa 53mila euro.

La difesa della scuola

E la scuola? L’amministrazione scolastica si è difesa affermando che il sinistro si era verificato “in un ambiente noto alle alunne e privo di particolari profili di pericolosità, durante un’attività ordinaria autorizzata dall’insegnante" — si legge sempre su 'La Repubblica' — e che, al momento del verificarsi del fatto, "le alunne erano sorvegliate dalla collaboratrice scolastica, tanto che questa le aveva richiamate poiché stavano correndo”, rigettando, dunque, ogni responsabilità.

Una posizione che però non ha convinto il tribunale. Secondo la valutazione fatta infatti, al momento dell’incidente nel corridoio non c’era personale docente a sorvegliare.

La scuola in questo caso ha provato a contestare la cosiddetta 'culpa in vigilando' (spiegato semplice 'mancato controllo'), sostenendo che il fatto fosse imprevedibile e inevitabile.

Tuttavia, la mancanza di una figura preposta al controllo ha fatto scattare quanto previsto negli articoli n° 2047 e 2048 del Codice civile: “I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi ed apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.”

A integrazione, si legge nell’art. 2047: “ In caso di danno cagionato da persona incapace di intendere e di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che non provi di non aver potuto impedire il fatto”. In questo caso, quindi, parliamo della scuola che nei 

Per questo motivo, come anche specificato dal Corriere della Sera, i giudici hanno stabilito un concorso di responsabilità della scuola per mancata sorveglianza: dunque, anche l'istituto scolastico dovrà fare la sua parte nel maxi risarcimento da 85mila euro.