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Un ricorso presentato al TAR Lombardia per contestare la bocciatura di una studentessa di seconda liceo si è trasformato in un caso emblematico sull’uso dell’intelligenza artificiale nel mondo legale.

L’avvocato che assisteva la madre della ragazza ha ammesso di aver redatto parte dell’atto con l’aiuto di un sistema basato sull’IA. Il problema è che il testo, si è scoperto poi, conteneva numerose citazioni giuridiche inesistenti o del tutto fuori contesto.

Per questo, il tribunale non solo ha rigettato il ricorso, ma ha segnalato il professionista all’Ordine degli Avvocati di Milano.

Indice

  1. Il caso: un ricorso “artificiale”
  2. La reazione del TAR
  3. Segnalazione all’Ordine e possibili sanzioni
  4. Precedenti in altre città
  5. Il richiamo al controllo umano

Il caso: un ricorso “artificiale”

La vicenda nasce dal tentativo di una madre di contestare la bocciatura della figlia, ritenuta ingiusta per via di presunti mancati supporti didattici.

Il legale, incaricato di presentare ricorso al tribunale amministrativo, ha incluso nell’atto diverse sentenze e precedenti giurisprudenziali che, però, si sono rivelati inventati.

I giudici avrebbero riferito che il legale “ha affermato di aver citato giurisprudenza reperita mediante strumenti di ricerca basati sull’intelligenza artificiale che hanno generato risultati errati”, come riporta 'Il Corriere della Sera'.

La reazione del TAR

I giudici della V sezione del TAR lombardo hanno definito la condotta del difensore “una violazione del dovere del difensore di comportarsi in giudizio con lealtà e probità”.

Secondo il tribunale, “questa condotta costituisce una violazione in quanto introduce elementi potenzialmente idonei ad influenzare il contraddittorio processuale e la fase decisoria verso un percorso non corretto, e perché rende inutilmente gravosa a giudici e controparti l’attività di controllo della giurisprudenza citata”.

E non è bastato che il legale abbia ammesso in udienza di aver utilizzato “strumenti di ricerca basati sull’intelligenza artificiale che hanno generato risultati errati”: per i giudici il suo mea culpanon può avere una valenza esimente”.

La sottoscrizione dell’atto, infatti, implica la piena responsabilità del contenuto, “indipendentemente dalla circostanza che questi sia stato redatto personalmente o avvalendosi di collaboratori o strumenti di intelligenza artificiale”.

Segnalazione all’Ordine e possibili sanzioni

Il TAR, come detto, ha rigettato il ricorso e trasmesso la sentenza all’Ordine degli Avvocati di Milano “per le valutazioni di competenza”. Il legale ora rischia un provvedimento disciplinare: si parla di un possibile avvertimento o di una censura formale.

L’Ordine, entro 30 giorni, dovrà aprire un contraddittorio con l’avvocato e inviare gli atti al Consiglio distrettuale di disciplina.

Precedenti in altre città

Non è il primo episodio di “allucinazioni” da intelligenza artificiale nel mondo della giustizia italiana. A Firenze, qualche tempo fa, un avvocato aveva depositato una memoria con citazioni false davanti al Tribunale delle Imprese: numeri di ruolo, nomi di giudici e argomenti erano stati completamente inventati.

Torino, invece, in un giudizio sul lavoro, il tribunale aveva scoperto che l’atto introduttivo era stato generato da un tool di IA contenente errori e riferimenti errati.

In entrambi i casi i giudici hanno ricordato che l’uso dell’intelligenza artificiale non esonera il legale dal controllo e dalla verifica delle fonti.

Il richiamo al controllo umano

L'Ordine degli Avvocati di Milano, nel 2024, ha redatto anche una “Carta dei principi per un uso consapevole dei sistemi di intelligenza artificiale in ambito forense”.

Nel documento, si sottolinea l’obbligo di verificare sempre l’esito delle ricerche effettuate con questi strumenti, che “possono produrre risultati errati comunemente qualificati come ‘allucinazioni da intelligenza artificiale’, quando inventano risultati inesistenti ma apparentemente coerenti con il tema trattato”.

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