
È uno dei temi caldi affiliati alla Legge di Bilancio: il tanto discusso aumento in busta paga ai docenti italiani. Tra i meno pagati di Europa, i professori e le professoresse in Italia non godono di un trattamento economico in linea con la loro mansione: educare e formare le nuove generazioni. Ma come riconoscere un buon insegnante? Quali sono i parametri da prendere in considerazione per premiarlo? Nelle ultime ora sta facendo molto discutere un elemento presente nella Legge di Bilancio, ovvero il criterio della “dedizione dell'insegnante” grazie al quale sarebbe possibile individuare i docenti meritevoli del tanto agognato bonus in busta paga.
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Cosa si intende per dedizione dell'insegnante?
L'articolo 108 del testo, approvato dal Consiglio dei Ministri, è il riferimento normativo contenente la definizione di dedizione che sarà uno dei tre criteri (gli altri due sono l'aggiornamento professionale e la promozione della comunità scolastica) per determinare un ritocco alle buste paga dei più meritevoli nel corpo docenti italiani. Come si legge nel DDL, infatti, vengono stanziati fondi “al fine di valorizzare la professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali, premiando in modo particolare la dedizione nell’insegnamento”.Una definizione però troppo vaga che lascia ampi margini di interpretazione; e infatti l'ANP (Associazione Nazionale dei Presidi), tramite il suo presidente, Antonio Giannelli, dichiara il criterio di fatto non ammissibile: “Non significa nulla e infatti faremo in modo che venga cambiato: si tratta di una caratteristica non misurabile e di nessuna utilità per stabilire compensi e gratifiche ai docenti”, questo è quanto si apprende dall'intervista rilasciata a Donna Moderna.
Carlo Mazzone: “Valorizzare la figura dell'insegnante, non la sua busta paga”
Sulla questione è intervenuto anche Carlo Mazzone, professore di Benevento e finalista del Global Teacher Prize, che nell'intervista riportata da Donna Moderna si dice scettico: “È un argomento delicatissimo, perché anche l’idea di considerare la dedizione del docente può essere plausibile in via teorica, ma difficilmente applicabile nella realtà: come si valuta la performance di un insegnante? Qualche anno fa si era provato tramite sondaggi tra gli studenti, ma non è certo un criterio oggettivo, come non lo sono i risultati di alunni e studenti, perché sappiamo che subentrano molti fattori: i livelli di partenza di ciascuno, i contesti scolastici e le differenze geografiche, che nei casi di aree disagiate influiscono molto. Tra l’altro – aggiunge Mazzone - giudicare gli insegnanti ai fini dell’aumento dello stipendio potrebbe avere un effetto negativo tra colleghi: si può sempre pensare che esistano favoritismi da parte del dirigente preposto alla valutazione, che può essere visto come un erogatore di benefit, ma non dovrebbe essere così. Ad essere valorizzata dovrebbe essere la figura dell’insegnante in sé, rivalorizzato”.
Francesco Greco (AND): “Criterio della dedizione assegnato dai presidi è sottomissione”
E nella giornata di lunedì 22 novembre, era stato avviato un tavolo di trattative con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. L’incontro era stato chiesto dall’Associazione Nazionale Docenti, motivato dalla mancata valorizzazione della professionalità docente e dall’inadeguatezza delle risorse messe a disposizione dal Governo per gli aumenti retributivi, e si è concluso con un nulla di fatto.Il presidente dell’Associazione Nazionale Docenti, Francesco Greco, poco dopo ha rilasciato un’intervista, riportata da OrizzonteScuola, nella quale esprime tutta l’amarezza per un provvedimento atteso ma deludente, in particolare per quanto riguarda i criteri di assegnazione del bonus in busta paga ai docenti: “Purtroppo è stata sprecata un’occasione storica; ci si chiede quale sia il merito ed il senso delle frasi inserite nella legge di bilancio ‘premiando in modo particolare la dedizione nell’insegnamento, l’impegno nella promozione della comunità scolastica e la cura nell’aggiornamento professionale continuo’? È ovvio che la domanda è retorica, ma non la risposta. Infatti, chi dovrebbe “apprezzare” “la dedizione nell’insegnamento” e in funzione di questa elargire il “premio”? Chi se non i dirigenti scolastici? Ed allora dipanato l’enigma, questa frase, ma anche le altre, assume ben altro significato e valenza. Infatti, codificata questa frase in norma, il “premio” dipenderà dalla capacità di ogni singolo docente di genuflettersi al passaggio del Re, alias il dirigente scolastico. Ritorna, così, in modo ancor più subdolo, quanto si voleva introdurre con la “chiamata diretta”, una sorta di giuramento di fedeltà e di obbedienza, come facevano Re e Principi nel medioevo, quando iniziarono a premiare i cavalieri più valorosi che si legavano a loro tramite un giuramento."