
La pandemia, dunque, ha amplificato ciò che i docenti lamentano da anni, cioè un sistema d'istruzione che non garantisce equità nelle opportunità di crescita e che lascia i giovani liberi di soprassedere all'obbligo scolastico. Le percentuali più gravose di ragazzi che lasciano prematuramente gli studi sono registrate in alcune regioni del Sud: nel 2021, a livello nazionale, il 12,7% degli studenti ha mollato prematuramente; ma nel Mezzogiorno il dato sale addirittura al 16,3%. Continua ad aumentare, inoltre, il poco onorevole record italiano dei NEET, cioè dei giovani under 30 che non lavorano e non studiano: nella fascia tra i 15 e i 29 anni, in sei regioni italiane, il numero di quanti sono fuori da qualunque percorso lavorativo o di formazione ha superato quello dei coetanei "attivi". Più penalizzati, ancora, il Sud e le giovani donne.
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Un ragazzo su due non capisce ciò che legge
Disuguaglianza sociale e pandemia hanno però soprattutto allargato la cosiddetta "dispersione implicita", che si manifesta in una scarsa capacità di comprensione dei testi da parte dei nostri giovani. Secondo lo studio compiuto da Save the Children, nell'ultimo anno, il 44% di ragazzi e ragazze alla fine della scuola secondaria superiore non è in grado di raggiungere un livello minimo di competenze in italiano. Una percentuale che sale al 51% per la matematica. La metà dei quindicenni italiani, quindi, non è capace di comprendere il significato di un testo scritto, saper svolgere un ragionamento logico o fare un semplice calcolo aritmetico.Anche la cosiddetta "povertà educativa" colpisce preminentemente gli studenti del Sud Italia. Coloro che vengono privati della possibilità di apprendere, di sperimentare le proprie capacità, sviluppare e far fiorire liberamente talenti e aspirazioni sono in aumento e questa condizione, secondo Save the Children è prodotto dal contestuale ampliamento della povertà assoluta e delle incerte prospettive sociali, legate alla crisi energetica e all’inflazione.
NEET, il triste record italiano: sono oltre due milioni
Tornando sui NEET (Not in Employment, Education or Training), come detto, l'Italia ha il triste primato di essere in testa a livello europeo per giovani under 30 che non studiano e non lavorano: nel nostro Paese hanno raggiunto quota 23,1%, che corrispondono a più di due milioni di ragazze e ragazzi.Sempre sul fronte NEET, un dato ancora più eclatante si registra in Sicilia, tra le giovani donne, dove la percentuale di coloro che non lavorano e non hanno intrapreso alcun percorso di formazione raggiunge il 39,4%. Una condizione di svantaggio sociale e culturale vissuto dalle ragazze che, nonostante a scuola manifestino un rendimento superiore ai coetanei maschi, si allontanano gradualmente dalle materie scientifiche, quasi totalmente ad appannaggio dei ragazzi a causa di uno stereotipo di genere culturalmente radicato, e, al momento dell'entrata nel mondo del lavoro trovano di fronte una barriera troppo alta da riuscire a valicare.