
Il passaggio dall’altro lato della cattedra, avvenuto in modo così repentino, è sicuramente stata un'esperienza d'impatto per il neo assunto, ma l’intraprendere questa strada è stata proprio la spinta di cui aveva bisogno per rendersi conto che insegnare è ciò che vuole fare “da grande”. Gli ostacoli non sono di certo mancati, tuttavia ha ottenuto una risposta positiva sia da parte dei ragazzi, sia dai loro genitori.
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Insegnare a 24 anni: “Il legame con gli studenti è incredibile”
“Ho iniziato a insegnare a 24 anni: mi sono laureato a gennaio e dieci giorni dopo ero già dietro una cattedra” inizia a raccontare Antonello. “Passare dal lato dell’insegnante è stato parecchio strano, anche se, devo ammettere, non mi sono mai effettivamente seduto in cattedra; preferisco appoggiarmi rimanendo di fronte ai miei alunni, proprio per non far passare il messaggio che tra me e loro ci sia una distanza incolmabile.”La giovane età è dunque stato da subito un elemento che lo ha fatto riflettere: “Infatti solamente qualche anno fa io ero dall’altra parte, e quindi fin da quando ho iniziato a insegnare mi sono voluto porre in modo tranquillo; un prof che pretende rispetto ma anche comprensivo ed empatico, ben conoscendo i momenti che i ragazzi stanno passando e soprattutto le difficoltà che possono incontrare ora, post-covid.”
Ma, nonostante i 24 anni, i ragazzi hanno sempre risposto al meglio: “Gli alunni hanno sempre reagito bene alla mia presenza in classe; anche se io effettivamente sono giovane, tutti, sia i ragazzi delle superiori, sia gli studenti delle medie, mi hanno sempre preso sul serio.” Antonello ha poi aggiunto: “In molti casi il legame creato con loro è andato oltre le mie aspettative perché mi sono reso conto che erano molto inclini a fidarsi di me; infatti, nonostante solitamente la figura dell’insegnante è vista come equipollente al genitore, la mia giovane età mi ha permesso di essere considerato come un fratello maggiore, e quindi spesso i miei alunni si sono confidati, si sono aperti con me, mi hanno persino chiesto consigli, nonostante mi considerino comunque come una figura autoritaria.”
“Per questo ho notato che rispetto agli altri insegnanti più anziani, con me c’è più comunicazione; il che è sia positivo che negativo, in quanto sì, sono più partecipe delle loro situazioni perché io stesso le ho vissute da poco, ma al contempo, non mi faccio ingannare dai loro “giochetti” come giustificazioni esagerate, assenze strategiche, compiti dimenticati e “lavoro di squadra” attuato copiando dai compagni; tutti questi segnali per me sono di più facile identificazione, con le relative conseguenze.” Ha ammesso, rivelando quindi il feeling che ancora lo lega agli studenti.
Il rapporto con gli adulti? Alti e bassi tra genitori e colleghi
“Come per gli alunni, anche i genitori si sono accorti che la mia figura nella vita dei loro figli è simile a quella di un fratello maggiore, ma non ci sono stati problemi in tal senso, perché sono soddisfatti del lavoro svolto in classe” ha svelato il giovane prof.Ma se con i genitori è stata una passeggiata, più complicato è il rapporto con i colleghi: “Per quanto riguarda i colleghi, nelle mie passate esperienze ci sono stati dei casi in cui non si è creato un rapporto basato sulla fiducia nei miei confronti, e questo perché ero considerato troppo giovane; come se la mia preparazione universitaria fosse nulla in confronto alla loro esperienza. Quindi in queste situazioni di sfiducia sono nati anche episodi di contrasto più o meno espliciti verso la mia persona, il mio sapere e il mio metodo di insegnamento, persino in aula davanti ai ragazzi. Ovviamente queste situazioni non sono mai facili da affrontare, soprattutto quando ad assistervi sono anche gli studenti, che potrebbero quindi perdere la fiducia, la stima e il rispetto che avevano di me”, dichiara rammaricato.
Metodo didattico: “Inutile imparare a memoria date e nomi”
Ovviamente essere insegnanti non esclude la possibilità di commettere errori in classe, anche se la lezione che si tiene la si è preparata in anticipo: “Io preparo sempre le mie lezioni, perché voglio proporre ai miei alunni spiegazioni chiare e di spessore, anche se, non lo nego, ci sono stati dei momenti in cui ho fatto qualche scivolone. Ma ho sempre affrontato la cosa in modo quanto più maturo possibile, correggendomi il giorno dopo con i ragazzi e chiedendo scusa dell’errore fatto. “Ma entrando nel dettaglio dell’approccio del giovane prof con le materie di studio, rivela di non apprezzare se gli studenti imparano a memoria gli argomenti, ma preferisce un approccio diverso: “Per quanto riguarda il metodo didattico, tra superiori e medie rimane il medesimo, a cambiare è il grado di difficoltà e approfondimento con il quale si va a trattare ogni argomento. Io sono un professore di lettere, e quindi sono di mia competenza diverse materie: italiano, storia, latino e geografia. In italiano e latino parto sempre dal testo, infatti trovo inutile imparare a memoria la vita di un autore.”
Antonello continua dunque a spiegare: “Quindi per prima cosa si legge, si comprende e si fa proprio un testo, e solo in un secondo momento si passa al carattere biografico dell’autore, tramite osservazioni e collegamenti critici. Sono invece le cause e le conseguenze il fulcro delle lezioni di storia e geografia, portando gli alunni a ragionare sui motivi non solo dello scoppio dei conflitti o della nascita di determinati trattati, ma anche della spartizione di territori e la presenza di confini geografici che possono essere tanto naturali quanto politici. Inoltre, tengo molto al commento critico di ogni singolo alunno: voglio che il ragazzo che ho davanti non impari a memoria le sterili pagine di un libro di testo, ma che si faccia una propria idea sui fatti e gli episodi, ovviamente dopo che questi sono stati studiati, compresi e assimilati da ogni studente.”
Ma, oltre al preparare le lezioni, una parte importante dell’essere prof è l’approccio con gli studenti: “Tenere le distanze o essere amichevoli? Credo che l’opzione migliore sia una sana via di mezzo; mettere distanza tra te e gli alunni potrebbe non essere la strada giusta, anche perché l’insegnante non è estraneo alla classe, ma anche essere troppo amichevole può essere un’arma a doppio taglio. Quindi si deve arrivare a un equilibrio tra le due, anche perché il professore è comunque un elemento della classe, quindi non può risultare eccessivamente freddo e distaccato.”
Antonello, 24 anni già professore: “Insegnare non era il mio sogno”
Spesso ci si ritrova ad affrontare percorsi senza sapere dove potranno portare; e questo è esattamente ciò che è successo ad Antonello: “Diventare insegnante non era il mio sogno, io volevo prendere la strada della carriera universitaria, ma dopo dieci giorni dopo la mia laurea, tramite il sindacato, mi è arrivata notizia che serviva un professore di italiano e latino in un liceo delle scienze umane. Così ho mandato la Mad, sono stato subito chiamato per l’incarico e da lì è cambiata totalmente l’idea che mi ero fatto per il mio futuro” ammette.“Avevo dei dubbi sull’intraprendere il dottorato, ma dopo aver iniziato a insegnare, ho messo definitivamente da parte quella strada, perché il lavoro da insegnante mi ha dato più di quanto mi aspettassi. Ho realizzato che essere professore rende utile il tuo sapere. Ed entrando in contatto con i ragazzi oggi nelle classi mi sono accorto che la Generazione Z, che è anche la mia, è formata da ragazzi curiosi e affamati di essere e affermarsi, e io con le mie conoscenze divento il loro tramite.”
Tuttavia la strada che porta ad essere prof non è semplice: “Diventare insegnanti in Italia dopo essersi laureati è molto difficile soprattutto perché cambiano continuamente le modalità di accesso. Quella in vigore adesso è abbastanza tosta, perché dà per scontato che gli insegnanti debbano conoscere a memoria tutte le nozioni che poi andranno ad insegnare, quando in realtà non è proprio così.”
“Ovviamente bisogna partire con una buona preparazione di base, ma è scontato che prima di presentare una lezione alla classe, ogni docente ha bisogno di rivedersi e approfondire determinati concetti, non solo per un fattore puramente nozionistico, ma anche per affinare il lato didattico e inerente alla spiegazione da fornire agli studenti, aspetto fondamentale che però al momento del concorso non viene minimamente preso in considerazione”, afferma il neo-prof.
I consigli per chi decide di diventare prof
“A un ragazzo che vuole diventare insegnante consiglio di ricercare la passione per questo mestiere - dichiara senza esitazione Antonello -, perché è solo tramite la propria voglia di fare e l’amore per l’insegnamento che si può trasmettere qualcosa ai ragazzi. Senza la passione da parte dell’insegnante, l’alunno non recepisce, non è stimolato e non è interessato alla lezione che si vuole far passare.”Ma com’è ritrovarsi dall’altro lato della cattedra? “Il lavoro da insegnante non è come lo avevo immaginato, all’inizio vedevo la scuola come una giungla e avevo paura di poter essere sovrastato dagli alunni. In realtà, una volta che si entra in classe ci si accorge di far parte di una squadra, della quale proprio tu insegnante ne sei l’allenatore, gioendo delle loro vittorie e rammaricandoti per le loro delusioni.”
“Non è prettamente stressante come lavoro, almeno nel mio caso, perché quando sono a scuola mi viene tutto in modo naturale. Lo stress si fa sentire quando sono intento a preparare le lezioni a casa, perché, soprattutto per le superiori, è richiesto un approfondimento da parte del docente non indifferente, solo così si è in grado di offrire una lezione di qualità” conclude il ventiquattrenne.