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insegnante a 24 anniInsegnare a vent'anni può essere un'esperienza interessante, ma a volte difficile. Soprattutto perché non sempre la giovane età aiuta nell'ambiente scolastico: il problema, però, non sono gli studenti. “Ma perché, sei laureata tu?” E’ infatti la domanda che Gloria, supplente laureata magistrale, si è dovuta sentir porre in tono non del tutto amichevole da una collega che si chiedeva come mai a 24 anni fosse subentrata a un professore malato.

Tuttavia i motivi per desistere dal voler diventare insegnanti di ruolo non si fermano ai commenti dei colleghi, ma vanno ricercati anche nello stipendio spesso inadeguato, per i tanti anni di precariato che attendono chi vuole intraprendere questa strada, e della poca considerazione che questo ruolo ha al giorno d’oggi, per questo Gloria, intervistata da Skuola.net, non ha ancora deciso se continuare la carriera iniziata tramite una messa a disposizione di appena qualche settimana.

Essere supplenti alle prime armi è spiazzante: “Vieni mandato in classe senza che nessuno ti dia reali indicazioni”

“Mi sono laureata a 24 anni e in qualche mese sono diventata insegnante”, racconta Gloria, laureata in lettere con magistrale in linguistica alla Sapienza di Roma. “Passare dall'altro lato della cattedra è stato un impatto molto forte - spiega la ragazza - vieni inserito all'interno della scuola senza che nessuno ti dia reali indicazioni.”

“Io sono stata chiamata sabato per il lunedì e nessuno ti spiega niente” continua il racconto della sua esperienza, durata un mese e mezzo, sottolineando come possa essere spiazzante per un giovane appena uscito dall’università ritrovarsi una scolaresca a cui dover far lezione. “Tu arrivi, ti fanno firmare il contratto e ti dicono “Buon lavoro”.”

“Quindi inizialmente io avevo tanta paura e tanta ansia da prestazione” ammette la ventiquattrenne, che però racconta positivamente il primo approccio con i ragazzi: “Quando sono entrata quindi la prima volta in classe avevo paura che i miei alunni, vedendomi così giovane e con appena 10 anni di differenza con loro, mi avrebbero trattata malissimo, non mi avrebbero mai rispettata e ascoltata in classe. Ma mi sono dovuta ricredere” annuncia Gloria.

Differenza d’età: gli studenti si sentono “meno giudicati e più capiti” dai prof più giovani

“A me sono capitate tre classi di primo liceo scientifico e linguistico e quindi questi ragazzi avevano circa 14/15 anni” racconta ancora, e precisa: “Non so se sono stata fortunata io con quelle classi, perché mi ha detto che erano scolaresche molto tranquille, ma non ho avuto nessun problema di rispetto, e anzi, ho anche notato differenze di atteggiamento che i ragazzi avevano con gli altri colleghi.”

Infatti la ventiquattrenne non ha avuto alcuna difficoltà a rapportarsi con i suoi alunni, e anzi: “Molto spesso, quando parlavamo, i ragazzi tendevano a esporsi di più con me, nonostante ci sia stata comunque per poco tempo. Già dalle prime lezione i miei studenti venivano a parlare con me se avevano problemi con altri professori perché speravano in un mio intervento; ovviamente, vista la mia posizione, io potevo fare ben poco.”

“Fin da subito ho visto gli studenti che si aprivano molto più con me, rispetto agli altri docenti, raccontandomi fatti personali ed esperienze recenti. Quindi penso - sottolinea Gloria - che il fatto di essere così giovane realtà li abbia spinti a esporsi di più e anche a raccontare qualcosa in più su loro stessi, perché forse da una parte si sentiranno meno giudicati e più capiti.”

Insegnante a 24 anni? Feedback positivo dai genitori, un po’ meno dai colleghi

“Ho avuto modo di fare diversi colloqui genitori-insegnanti, devo ammettere che nessuno di loro mi ha mai trattata in maniera irrispettosa, nessuno ha fatto passare la sensazione che non si fidassero di me per la mia giovane età” esordisce Gloria parlando del rapporto che talvolta può essere difficile tra i prof e i genitori degli alunni. “La maggior parte, anzi, mi ha ringraziata per il lavoro che stavo svolgendo, mi ha fatto i complimenti. Quindi sono stati tutti molto carini” conclude la giovane.

“Per quanto riguarda il trattamento che ho ricevuto dai colleghi, è stato un po’ meno carino” ammette. “I colleghi veramente disponibili, che mi hanno trattata come pari, sono stati pochi” afferma, tirando le somme sulla sua esperienza. “Ricordo che quando entravo tutti i giorni in aula professori al mio “Buongiorno”, non rispondeva mai nessuno, anche se era da un mese che frequentavo quell’aula tutti i giorni.”

Ma l'esperienza peggiore riguarda una collega poco propensa ad accoglierla nell'istituto. "Un giorno, dopo diverse settimane che insegnavo in quella scuola, è venuta da me a chiedermi “Ma sei ancora qui?”". Davanti a una risposta garbata, l'insegnante non ha comunque esitato ad annunciare a Gloria che a breve avrebbe dovuto andarsene per il ritorno del professore di cui copriva l'assenza. Non senza tirarle, nel frattempo, una frecciatina. "Con tono abbastanza sprezzante - racconta Gloria - mi ha detto “Ma perché poi, tu sei pure laureata?”, il cui sotto testo era “Non ci credo che sei laureata”." Inutile descrivere il dispiacere della giovane: "Non è stato bello", commenta.

Metodo didattico e atteggiamento con i ragazzi: a metà tra moderno e convenzionale

Nonostante alcuni colleghi mettessero in dubbio i titoli della giovane supplente, lei ha dimostrato in classe di saper applicare le tecniche di insegnamento apprese in aula, infatti ha raccontato che: “Per insegnare latino utilizzavo uno dei metodi che avevo studiato durante l'esame di didattica del latino; questo metodo prevede l'applicazione del metodo tradizionale, ovvero quello di insegnare le regole, applicarle negli esercizi e poi arrivare alla traduzione, ma non si basa solo su questo.”

E continua spiegando: “Utilizzavo infatti un metodo basato sia sull'apprendimento deduttivo che l'apprendimento induttivo, quindi da una parte, per alcune regole, utilizzavo il metodo tradizionale, quindi spiegando la regola per poi applicarla. Altre volte invece, quando la regola grammaticale lo permetteva, assegnavo un esercizio in modo tale da chiedere loro come funzionasse attraverso una comparazione con le lingue romanze, con quelle da loro studiate e ovviamente con l’italiano. Quindi partendo da lì, portavo gli studenti a ricavare in autonomia sia la regola italiana o dell’altra lingua presa ad esempio, sia la regola che secondo loro doveva essere in uso anche nel latino. Ai ragazzi piaceva questo metodo - conclude la prof - e lo applicavano senza problemi e, anzi, sembravano quasi preferirlo al metodo tradizionale.”

Dunque, come afferma Gloria, “In media stat virtus”, sia per il metodo di studio, sia per l’atteggiamento da tenere in classe: “Ho sempre cercato di essere sì amichevole e quindi provando a mostrarmi simpatica, a fare qualche battuta in classe quando necessario, anche per attirare l’attenzione della scolaresca, ma dall'altra parte non troppo, facendomi rispettare, sgridandoli quando necessario e facendo sempre capire che ero io la professoressa e loro mi dovevano dare retta.”

Diventare insegnante in Italia dopo la laurea? “Non facilissimo, la strada è dura e precaria; lavoro stressante e non retribuito adeguatamente”

“Diventare insegnante, non era il mio sogno, no, tuttora non lo è” ammette Gloria, che però sottolinea: “ma avendo studiato lettere e poi linguistica, quella dell’insegnamento era comunque una strada che volevo tentare, visto che mi è sempre piaciuto stare a contatto con i ragazzi.”

Dunque, “non appena laureata ho dunque mandato le Mad e sono stata chiamata; è così che ho ottenuto il posto da insegnante, perché sono stata chiamata tramite le messe a disposizione per una supplenza di un mese e mezzo.”

“Secondo me in Italia, dopo essersi laureati, non è facilissimo ottenere un posto da insegnante, non è così immediato” osserva l’ex prof, e spiega: “devi essere fortunato, devi mandare ovviamente le Mad e aspettare l'iscrizione nelle graduatorie che aprono ogni tot anni. Io sono stata chiamata con le Mad, che è una cosa abbastanza rara, quindi semplicemente bisogna aspettare.”

Ma insegnare non era affatto come se lo sarebbe aspettato: “Il lavoro è decisamente più stressante di come me lo ero immaginato. Da studentessa non avevo mai fatto troppo caso al fatto che essere un professore dovesse essere così complicato. Devo dire che a livello psicologico è veramente pesante; richiede un bello sforzo psicologico e mentale.”

“Essere insegnante è stressante anche perché ti senti un sacco di responsabilità addosso - continua la ragazza - , tu li stai formando, sia a livello psicologico che a livello ovviamente di conoscenze, quindi penso che per poter insegnare devi essere veramente capace e competente nella tua materia.

Ovviamente, per quanto difficile, è un lavoro che riesce a darti tanto, come racconta la stessa Gloria: “La parte più bella di essere insegnante è la possibilità di esperimentare, di essere creativo, di affrontare con l’approccio che vuoi un determinato argomento; questo aspetto mi è piaciuto molto. Inoltre, se riesci a porti nel modo giusto con i ragazzi, puoi creare con loro un bel rapporto con loro, di fiducia e stima reciproca.”

Nonostante ciò, la ventiquattrenne non è sicura di voler continuare questo percorso: “Se si sceglie di voler essere insegnanti, la strada che si ha davanti è una strada molto difficile, lastricata da molti anni di precariato, non è facile. Continuerò la carriera? Non lo so. Tuttora, non lo so. Nonostante mi sia piaciuta l’esperienza che ho fatto, penso anche che gli insegnanti non vengano pagati abbastanza per il lavoro che svolgono e mi dispiace.”

Infine, la giovane conclude: “Mi sono resa conto di quanto lavoro c’è dietro a ogni singola lezione, a ogni singolo compito in classe e penso che la figura dell’insegnante sia molto svalutata, per questi motivi non sono sicura di voler continuare a insegnare.”

Data pubblicazione 17 Maggio 2022, Ore 14:10
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