
Questo spesso è dovuto all’età media dei professori in cattedra e alla difficoltà che si cela dietro i concorsi docenti; due dei molti elementi che scoraggiano i giovani e contribuiscono ad alimentare l’idea che a 24 anni si possa essere troppo giovani per prendere posto davanti la lavagna. Per provare a normalizzare l’entrata in servizio di ragazzi giovani, Skuola.net ha intervistato una neo-maestra, per raccontare le insidie che si nascondono nel diventare docente subito dopo la laurea.
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“Ho iniziato l’università con l’idea di diventare insegnante”, e a 24 anni è già in classe
“Ho 24 anni e ho iniziato lo scorso anno a insegnare”. Subito dopo aver preso la laurea magistrale, Martina Isabella, ha iniziato a cercare lavoro e ha quindi trovato degli incarichi come insegnante alle elementari, anche se, come da sua ammissione “il progetto rimane sempre quello di arrivare a fare latino al liceo, però vista l’età giovane non mi sembrava il caso, e quindi ho iniziato dalle elementari, però, più o meno è sempre lo stesso percorso”.Infatti, il grande sogno, manifestato già in tenera, quando “già da bambina mi correggevo i miei quaderni con la penna rossa e mi mettevo il voto”, è quello di insegnare agli adolescenti. Anche se il percorso appena iniziato nella scuola primaria sta portando comunque soddisfazioni: “Passare dall’altro lato della cattedra secondo me è ancora più bello che essere alunno; proprio perché ti godi ogni loro percorso, ogni volta che raggiungono qualcosa, che non sbagliano a scrivere qualcosa, che gli rimane qualcosa che hai detto, che te lo ripetono a distanza di tempo, capisci che sei entrata nelle loro vite - e ha poi aggiunto - Quando i bambini mi abbracciano prima di andare via, è quella la soddisfazione, capisci che sei arrivata.”
Ovviamente il modo di porsi con bambini di scuola primaria e con quelli delle superiori è diverso, ma iniziando con i più piccoli Martina racconta di aver cercato “di avere un rapporto con loro, quasi di amicizia; facciamo tante battute, in classe si ride, cerco sempre di capire come stanno, e se stanno male gli do una pausa.” Ma senza trascurare il suo ruolo da adulta: “Questo non vuol dire che loro possano mettermi i piedi in testa. Cerco di impormi, ma provo a fare in modo che in classe ci sia più serenità possibile, che loro si sentano liberi di raccontarsi e di sfogarsi.”
Insegna a 24 anni: “Il problema sono stati i genitori”
“I bambini pensavano che io avessi 18 anni, quindi si sono resi subito conto del fatto che fossi abbastanza giovane” racconta la maestra, che però ammette non essere stati loro il vero scoglio: “il problema sono stati i genitori”.Infatti, Martina racconta di come “in più occasioni hanno sottolineato il fatto che fossi piccola, che non pensavano che effettivamente avessi questa età o addirittura che non fossi proprio laureata, proprio perché per loro era impossibile pensare che a 24 anni già fossi laureata.” Ma oltre che ricevere i commenti durante il ricevimento genitori-insegnanti, queste voci l’hanno accompagnata per diverso tempo, anche se lei aveva assicurato di essere più che qualificata per insegnare ai loro figli: “Non hanno smesso di farmi notare che sono subentrata a una maestra vecchio stampo, con quarant’anni di esperienza e quindi con una lunga carriera, insinuando che io invece fossi troppo giovane per rimpiazzarla.”
Non abituati ad avere a che fare con maestre più giovani, “la loro paura era che i ragazzini avessero potuto prendere il sopravvento” spiega ancora la nuova maestra, che però tiene a precisare “anche se non non credo che sia andata stata così”, perché ha aggiunto con un pizzico di orgoglio: “La cosa che mi fa piacere è che noto come i bambini mi abbiano preso come punto di riferimento.” E continua “nonostante questa poca differenza di età, perché alla fine ci passiamo una decina d’anni, mentre con la maestra alla quale sono subentrata, ce n’erano 50 di anni di differenza, mi rispettano e si fidano di me”.
Anche i colleghi hanno accolto bene la giovane insegnante: “da parte dei colleghi, no, la differenza d'età sinceramente non non la percepisco, anche se è logico che si fa sempre riferimento a quello (alla differenza d’età, n.d.r.) però non in negativo, anzi, a volte è stata anche considerata un aspetto positivo; la vicinanza, la voglia di fare, le energie che hai, l'amore che ci metti”.
Diventare insegnanti non è un gioco da ragazzi
“Diventare insegnante è facile? No”, Martina conferma quello che è ormai un luogo comune: la procedura per entrare di ruolo è complicata e ostica. “Una volta diventavano insegnanti tutti; ad esempio la maestra sulla quale sto non è neanche laureata, quindi prima bastava un diploma” racconta, mentre “adesso, oltre avere una laurea devi avere l'abilitazione, che è quella che ti dà accesso al concorso di ruolo”.Le strade sono diverse: “Ad esempio io laureata in lettere, non ho diritto all'abilitazione, quindi io devo aspettare di partecipare ai concorsi, ma per poter partecipare ai concorsi devono essere passati un tot di anni di servizio, quindi io adesso non posso partecipare”. Mentre, se non volesse aspettare gli anni di servizio “l’altra strada che mi rimane è quella di prendere l'abilitazione nel sostegno, diventare di ruolo nel sostegno e poi, dopo un po' di anni, chiedere il cambio di cattedra, quindi dal passo di sostegno a posto comune.”
“Quindi è una trafila lunga - ammette la maestra, che poi aggiunge - io personalmente avrei preferito magari avere un anno in più di studi all'università, ma avere già l'abilitazione. Che al momento te la dà soltanto scienze della formazione primaria.”
Ma nonostante ciò, Martina sottolinea un punto importante: “le informazioni - su come diventare insegnanti - si recepiscono facilmente” e questo “perché è scritto tutto su siti specializzati, come Orizzonte Scuola, o sul sito del Ministero.”
Tenacia e forza di volontà: i due must have per diventare insegnanti
“Il Consiglio che darei agli aspiranti insegnanti, e che do anche a me stessa, è la tenacia”, e poi aggiunge “perché so che saranno tanti anni di precariato e prima di arrivare al liceo ce ne saranno tanti altri. Quindi serve tenacia, è necessario non abbattersi davanti alle grandi e piccole difficoltà.” Ma la fatica, assicura, verrà ripagata: “se è quello che ti piace fare, i bambini ti danno tanto.”E infatti, l’insegnante spiega “la parte migliore è il contatto con i bambini; la parte peggiore è il contatto con i bambini: nel senso che ti danno tanto, ma è impegnativo perché ci sono tante responsabilità, ma non credo che cambierò lavoro” conclude.