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La prof che ha abolito i voti a TorinoErnestina Morella, prof di Geostoria al liceo scientifico Copernico-Luxemburg di Torino, ne è convinta: i voti sono solo un’apparenza, mentre quello che conta è la sostanza. E poi sono dei veri e propri “generatori di ansia”. Ecco perché ha deciso di avviare il progetto della scuola senza voti che coinvolgerà la classe 1D dell’istituto.

Fonte foto: La Stampa

A lei si sono aggregati anche il prof di scienze, di inglese e di sostegno. Al posto dei numeri, le valutazioni saranno di tipo discorsivo, come spiega in un’intervista rilasciata a ‘La Stampa’.

Scuola senza voti per “evitare l’omologazione numerica”

Il progetto andrà avanti fino a fine anno, quando si tireranno le fila della sperimentazione. “Noi docenti dobbiamo dare valutazioni agli studenti”, spiega la prof. “Di solito lo facciamo tramite i voti, ma si possono usare anche le parole: si chiama ‘valutazione formativa’. Un giudizio discorsivo, più ricco, che fornisce spiegazioni. Per Ernestina Morella, infatti, i voti appiattiscono tutto, senza dare spazio alle differenze di contesto: “Un 7 preso da uno studente con difficoltà alle spalle non vale quanto lo stesso voto di chi è in una situazione più privilegiata. Con la valutazione formativa posso evitare l’omologazione numerica e ho modo di valutare, invece, i processi cognitivi messi in atto. Come insegnante mi sento più corretta.

Ma questo, appunto, non vuol dire assenza totale del voto. Gli studenti avranno infatti una valutazione numerica sulla pagella, che sarà frutto di una traduzione secondo una tabella ben precisa: “Per esempio, un 7 corrisponde alla capacità di ‘riconoscere, rappresentare e leggere fatti e fenomeni geostorici’. Un 9 significa ‘saper formulare connessioni nel tempo e nello spazio, con spirito critico e originalità’”. La sperimentazione va in controtendenza con ciò che la prof definisce “una corsa al 10”, che vede i ragazzi lamentarsi per un 9, o piangere per un 7. “Il problema è che le famiglie pensano che i voti siano segno della loro capacità genitoriale. Ma questo non fa altro che alimentare l’ansia degli studenti, che hanno paura di deludere queste aspettative. Ed è sbagliato, anche perché non tutti partono dallo stesso livello”.

L’accoglienza del progetto: lo scetticismo iniziale tra gli adulti

Il progetto, racconta Ernestina Morella a ‘La Stampa’, è stato accolto bene dai ragazzi, che l’hanno incoraggiata a presentare la proposta in consiglio di classe. Solo tra gli adulti c’era un po’ di scetticismo, che comunque è stato superato grazie al dialogo e alla fiducia riposta nell’insegnante. Ciononostante, qualcuno ha detto no e non ha firmato il progetto. “Penso sia una questione di abitudine, ma è normale e lo capisco. Io non vendo ricette perfette, non so se funzionerà. A fine anno valuteremo i risultati e capiremo se ha senso andare avanti. Ma è diventata un’esperienza condivisa, i ragazzi hanno deciso di rischiare con me. L’hanno accolta come una sperimentazione, con la voglia di vedere a cosa porterà”. Ma la prof anticipa: Non può andare male. Perché non dobbiamo confondere il risultato con il processo: gli studenti imparano che ci sono sempre altre possibilità, altre strade”.

L’idea, fa sapere, è nata da un esperimento fatto in una scuola di Roma, otto anni fa, che la prof ha guardato da lontano con interesse. “Per presentare il progetto mi sono affidata al professore Roberto Trinchero di UniTo, esperto di docimologia, la scienza delle valutazioni. Lui è stato la mia ispirazione e punto di appoggio. E poi ho avuto il sostegno del preside Fulvio Genero, che ha colto lo spirito di ricerca e mi ha appoggiata in attesa di vedere i primi risultati. È stato lungimirante”.

Data pubblicazione 27 Novembre 2023, Ore 9:46 Data aggiornamento 27 Novembre 2023, Ore 9:53
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