
Nell’era dell’intelligenza artificiale, spesso ci si chiede se molti mestieri, tra cui anche quello dell’insegnante, potrebbero scomparire o se le persone che se ne occupano verranno sostituite da realtà virtuali.
Secondo un rapporto, intitolato “La professione docente nella scuola di domani”, realizzato da Ey in collaborazione con Sanoma, la figura dell'insegnante che conosciamo è destinata a cambiare faccia in modo radicale nei prossimi anni.
“Entro il 2035 - spiega lo studio - il 60% delle competenze richieste sarà ridefinito dall’impatto dell’intelligenza artificiale, della digitalizzazione e dall’evoluzione delle metodologie didattiche. Solo il 36% delle competenze rimarrà stabile”.
Questa rivoluzione, però, non significa che gli insegnanti spariranno. Al contrario, si evolveranno, grazie alla creazione di modelli di insegnamento personalizzati attraverso piattaforme interattive e strumenti di monitoraggio, alla gestione di ambienti digitali e la co-progettazione con chatbot educativi.
Come sottolinea Carlo Chiattelli, People consulting leader di Ey Italia: “Se usati in modo efficace, IA e nuove tecnologie consentiranno ai docenti di dedicare più tempo alla cura dell’aspetto umano e relazionale dell’insegnamento”.
Dalle materne alle superiori: cosa e come cambia
La trasformazione, inoltre, non sarà uniforme ma dipenderà dal grado di istruzione e dall'area disciplinare. Nelle aule dei più piccoli, alla scuola dell’infanzia, la stabilità resterà maggiore: il 39% delle competenze rimarrà pressoché immutato.
Alla primaria, invece, il 40% delle competenze sarà ridefinito per affrontare la personalizzazione didattica e l'uso di strumenti digitali per lo sviluppo degli alunni.
Passando alla scuola secondaria di I grado, le medie, il 41% delle competenze legate a comunicazione e insegnamento evolverà verso la facilitazione espressiva e la personalizzazione. Qui entrano in gioco analisi semantica dei testi e assistenti virtuali alla scrittura.
Per quanto riguarda, invece, le aree disciplinari, nel settore scientifico, in generale, il 44% delle competenze subirà una trasformazione verso la tecnologizzazione e personalizzazione, mentre il 36% sarà rafforzata nella dimensione relazionale e formativa. L'integrazione tra compiti didattici e amministrativi darà vita a nuovi requisiti, e coprirà il 27% delle competenze.
Nelle scuole superiori, fari puntati sopratuttto sull'area umanistica: in questo campo l'evoluzione riguarderà il 55% delle competenze, con addirittura il 12% di esse che rischia la sostituzione da parte dell’IA, soprattutto per attività di generazione contenuti e analisi dei testi.
Infine, sempre alle superiori, nel sostegno e supporto individualizzato il 38% delle competenze sarà ridefinito in chiave emotiva, dando risalto a mindfulness e resilienza relazionale. L'area scientifica, invece, vedrà un'evoluzione del 42% delle competenze nella personalizzazione e nel sostegno.
L'allarme del mismatch nel mondo del lavoro
Il vero punto dolente del futuro degli insegnanti sarà, piuttosto, nel mismatch, nel disallineamento tra la domanda e l'offerta di lavoro nel mondo della scuola. La trasformazione in atto farà sentire il suo peso proprio qui.
Lo studio, infatti, evidenzia come in Italia questo fenomeno sia già particolarmente accentuato: riguarda il 47% delle competenze scolastiche. Un dato che è superiore alla media OCSE, ferma al 40%.
Un disallineamento così ampio non è solo un problema teorico, ma genera un costo economico significativo per il Paese. Pertanto la soluzione sarebbe un aggiornamento professionale continuo dei docenti e una stretta collaborazione tra scuola e mondo del lavoro. I prof di domani dovranno essere formati sulle nuove competenze richieste dal futuro, e lo devono fare da subito.