
“Basta compiti”, frase che tutti da bambini hanno detto almeno una volta nella loro vita, è anche il nome di un movimento nato con lo scopo di “promuovere e sostenere azioni volte a superare una pratica inutile e dannosa, quella dei “compiti a casa””, il cui ideatore, Maurizio Parodi, ha scritto e inviato nelle ultime ore una lettera aperta all’attuale ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi.
Nella missiva, come facilmente intuibile dal nome e dallo scopo del movimento, Parodi chiede al Ministro una regolamentazione definitiva e specifica in merito ai compiti scolastici assegnati a casa ai ragazzi.
Leggi anche:
- Scuola, mamme che si azzuffano e studenti fuori controllo: preside vieta l'ingresso
- Quali materie si studiano al Liceo delle Scienze Umane?
- Scuole e quarantene, nuove regole finalmente in arrivo: con un solo positivo si resta in classe
- Liceo Scientifico: quale indirizzo scegliere?
La lettera aperta al Ministro dell’Istruzione per lo stop ai compiti
“Sono un ex dirigente scolastico, in quiescenza da poche settimane, ancora impegnato in attività di ricerca e formazione - esordisce così Parodi nella sua lettera aperta al Ministro, riportata da Orizzonte Scuola -. Pur consapevole della complessità e dell’ampiezza delle questioni che è chiamato ad affrontare quotidianamente, in questi gravosi frangenti, non rinuncio alla speranza di ottenere udienza: è in gioco la qualità della vita, non solo scolastica, di milioni di cittadini, e, non meno importante, la qualità dell’offerta formativa di un intero 'sistema', scrive Parodi.“Il movimento “Basta compiti!” si è fatto interprete di una campagna per la regolamentazione dei compiti per casa, promuovendo l’omonima campagna che ha raccolto oltre 36 mila adesioni, auspicando la disponibilità dei docenti, dei dirigenti e degli organi di gestione della scuola a valutare i contenuti della proposta, senza pregiudizio, guardando al benessere e alla crescita culturale dei giovani loro affidati”, specifica Parodi, spiegando le sue ragioni.
Nella lettera la richiesta di regolamentare l'assegnazione dei compiti
“È appena il caso di precisare che una “riforma” in tal senso non comporterebbe alcun onere economico, e permetterebbe di ridurre la distanza che ci separa drammaticamente da altri Paesi, non solo europei, nei quali alla ridotta assegnazione (o alla totale assenza) di compiti a casa corrisponde l’acquisizione di competenze incomparabili rispetto agli “standard” del nostro sistema scolastico – per non dire dei tassi di analfabetismo funzionale, dispersione e insuccesso delle fasce più deboli” racconta l'ideatore del movimento "Basta compiti".Dunque è a questo punto che il mittente della lettera invoca un intervento del Parlamento, ponendo comunque attenzione allo spinoso tema della 'libertà di insegnamento': “Non è mia intenzione, ovviamente, invocare disposizioni prescrittive che non competono al Ministero dell’Istruzione, ma mi permetto di sollecitare l’apertura di un dibattito ampio e approfondito, e un suo intervento affinché le scuole (dirigenti scolastici, consigli di istituto, collegi dei docenti…) provvedano a regolamentare l’assegnazione dei compiti a casa, laddove si ritenga necessario ricorrere a una pratica abbandonata da tempo, per manifesta inadeguatezza didattica, in scuole di eccellenza internazionale; iniziativa tanto più urgente considerata la mole soverchiante di lavoro imposto, fin dai primi anni di scuola, agli studenti italiani e alle loro famiglie (che non ha eguali in Europa) – basti ricordare che si danno compiti a casa persino ai bambini (6-11 anni) che frequentano le scuole a tempo pieno: dopo 8 ore di immobilità forzata in aule più o meno confortevoli e sovraffollate, non è infrequente che si assegnino compiti tutti i giorni, nei week end e durante le vacanze”, enfatizza il rappresentante del movimento.
“Va detto, al riguardo, che i docenti operano in una situazione di reciproca ignoranza: non si curano di sapere quanto gravoso sia il carico di lavoro complessivo; ciascuno assegna i propri compiti come fossero i soli da svolgere, e gli studenti, fin dalla primaria, si ritrovano a trascorrere giornate intere, fino a tarda sera chini su libri e quaderni, con genitori costretti a svolgere il ruolo, improprio, di insegnanti di complemento, aggravando la condizione di chi provenga da famiglie culturalmente e/o economicamente svantaggiate”.
“Un siffatto intervento rientrerebbe nelle prerogative del Parlamento e del Governo, non sarebbe in contrasto con la “libertà di insegnamento” del singolo docente, con l’autonomia delle scuole e neppure con le attribuzioni dei dirigenti scolastici, e risulterebbe ampiamente legittimato dalla necessità di garantire allo studente il “diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età…” sancito dall’art. 31 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dallo Stato italiano il 27 maggio 1991, con legge n.176, ma ampiamente disatteso” conclude l’ex preside.