
I buoni voti non sono bastati per essere promosso a uno studente di 13 anni, con spiccate doti di intelligenza ma irrequieuto, che frequentava la seconda media nell’istituto di Altavilla Vicentina. I professori hanno bocciato l'alunno a causa di un 6 in condotta, come previsto oggi dalla legge 150 del 2024.
La vicenda ha fatto molto discutere, soprattutto perché il motivo del cattivo comportamento dell’alunno era proprio la sua intelligenza superiore alla media. La sua velocità nell’apprendimento rispetto ai compagni, infatti, faceva annoiare il giovane e questo lo portava a creare disordine all’interno dell’aula.
I genitori non si sono arresi e, dopo aver cercato inutilmente un dialogo con la scuola, hanno deciso di fare ricorso al Tar che ha dato ragione ai genitori.
La bocciatura e la diagnosi
Non è stata una questione di voti, lo studente poteva infatti contare su quattro sei, quattro sette e quattro otto in pagella. A determinare la bocciatura è stato solo e soltanto il famigerato 6 in condotta.
La famiglia, però, non sarebbe mai stata informata del rischio e, anzi, si era più volte rivolta alla scuola per spiegare le difficoltà del figlio.
In passato, però, l'alunno aveva avuto due diagnosi di plusdotazione che, avevano certificato due psicologhe, "implica avere un quoziente di intelligenza alto e una immaturità comportamentale (che) porta il ragazzo a provare noia, demotivazione e frustrazione durante le lezioni mettendo in atto comportamenti disturbanti per la lezione", con conseguente “ricerca di stimoli attivanti”.
Percorso personalizzato e gita vietati
La famiglia, per trovare una soluzione al comportamento del 13enne, aveva chiesto alla scuola di attivare un percorso personalizzato per il figlio.
Si tratta di soluzioni didattiche pensate per ragazzi con bisogni speciali, che di solito sono destinate ad alunni con svantaggi. Ma il Ministero, dal 2019, lo ha riconosciuto anche per gli alunni che hanno un alto potenziale intellettivo, i cosiddetti "plusdotati".
Inoltre, lo scorso 6 novembre lo studente aveva ricevuto un provvedimento disciplinare, che gli ha impedito di partecipare alla corsa campestre e alla prima uscita didattica. I genitori, in quel frangente, avevano fatto presente che il ragazzino non era un teppista ma una persona che, per via della sua eccellenza, non era a suo agio con i tempi lenti della normalità.
La decisione dei giudici
La preside non ha, però, accolto le richieste dei genitori: secondo la scuola, infatti, non poteva essere attivato il percorso speciale perché le relazioni delle psicologhe non indicavano il quoziente di intelligenza dell’alunno.
Per questo, dopo l'amara sorpresa, la famiglia dell'alunno presentato un ricorso al Tar. E i giudici hanno accolto le loro richieste, annullando la bocciatura.
Il Tar ha, così, dato torto alla scuola, precisando che non esistono riferimenti normativi che impongono, per il caso di soggetto plusdotato, l'indicazione del Q.I. per la predisposizione di un piano didattico personalizzato.
I giudici hanno specificato che, a seguito della mancata attivazione del piano didattico personalizzato, "è seguita una disparità di trattamento del minore rispetto agli altri studenti che non necessitavano di misure di supporto con conseguente illegittimità degli atti impugnati".