
“La scuola è il nostro passaporto per il futuro poiché il domani appartiene a coloro che oggi si preparano ad affrontarlo.” Queste le parole con cui Malcom X cercava di spiegare l’importanza delle mura scolastiche all’interno delle quali si cerca di formare i ragazzi in modo che quest’ultimi siano pronti ad affrontare la vita tenendo alto lo spirito critico e la libertà di pensiero. L’esperienza scolastica, inoltre, è quel bagaglio che ci portiamo dentro fino alla fine dei nostri giorni e da cui dipendono molte scelte che poi faremo: per questo è di vitale importanza garantire a tutti un ambiente scolastico sano, libero e senza alcun tipo di differenze.
Accade però che la scuola, troppe volte, per molti diventi un vero e proprio inferno con cui fare i conti giornalmente per via di diversi fatti e tra questi, quello più rilevante, è sicuramente il bullismo. Basti pensare che secondo il monitoraggio effettuato nelle scuole Italiane dal Ministero dell’Istruzione attraverso la Piattaforma ELISA, nell’anno scolastico 2020/2021, nonostante la didattica non sia stata esclusivamente in presenza per via della pandemia, ben il 22,3% degli studenti e delle studentesse delle scuole secondarie è stato vittima di bullismo da parte dei pari mentre il 18,2% ha attivamente contribuito a episodi di bullismo verso un compagno o una compagna.
Dati particolarmente preoccupanti che ci fanno capire come quello del bullismo è un fenomeno con cui la scuola deve imparare a fare i conti. Di fronte a questo fenomeno capita anche che gli stessi docenti non facciano nulla per impedirlo ma anzi ne prendano parte attivamente come accaduto a Flavia Restivo, attivista politica romana e femminista, da anni in prima linea per combattere le violenze e le discriminazioni di genere portando avanti diverse battaglie come quella per l’introduzione dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole.
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Le ripetute violenze psicologiche durante le scuole elementari e medie
Essere vittime di bullismo sin da bambini nel momento in cui si ci affaccia alla vita iniziando a frequentare le scuole elementari e poi le medie è qualcosa che difficilmente si potrà cancellare così come racconta Flavia che durante quegli anni ha subito svariate forme di violenza psicologica e di abuso di potere: “La cosa che più di tutte mi ha segnato profondamente è stata la discriminazione per la mia famiglia di origine. Mia nonna è svizzera-tedesca e mio nonno è siciliano, ma è stata la provenienza della famiglia di mia madre a “crearmi” svariati problemi. Il fatto di essere per metà napoletana mi ha reso agli occhi di molti “diversa” ed “inferiore” e quindi in diritto di dover subire la loro cattiveria. Tali problematiche di intolleranza e razzismo erano preesistenti nelle famiglie dei miei compagni di classe stessi, partendo dalle madri che andavano a prendere i bambini fuori scuola, fino alle maestre stesse. Quando parlo di abuso di potere mi riferisco proprio alle maestre delle elementari e alle professoresse delle scuole medie che non facevano altro che istigare ulteriori atteggiamenti di bullismo nei miei confronti e di chiunque fosse ritenuto non conforme. ““La mia maestra di italiano” - continua Flavia – “si vantava quasi giornalmente della sua provenienza lombarda, mettendo in risalto negativamente determinate origini. La maestra di geografia, nello studio delle regioni italiane, ci tenne a delineare la pericolosità e la vergogna nell’appartenenza a regioni del sud Italia. La mia forma fisica non è mai stata di aiuto, il fatto di aver sviluppato precocemente e di essere particolarmente slanciata, ha fatto sì che mi venisse imposto un vestiario diverso rispetto alle altre bambine, facendomi sentire fuori posto. Non ero standardizzabile e così le maestre avevano nei miei confronti un atteggiamento aggressivo, di attacco, di derisione pubblica e di esclusione. In quarta elementare, per esempio, la maestra di italiano ci fece scrivere un tema sulle vacanze, io dissi che ero stata a Parigi con la mia famiglia, lei mi smentii davanti a tutti e mi diede un libro in testa. Non capii mai il senso di quel gesto, ma ne fui totalmente umiliata. Alle scuole medie, la situazione sarebbe andata migliorando se solo avessi subito, ma purtroppo non ho mai avuto quel carattere, ho sempre risposto e ho sempre difeso: così mi trovai oggetto di una rissa di quattro contro uno.”
Il razzismo del primo anno di liceo
Subire giornalmente tutto questo, non solo dai propri compagni ma anche dai propri docenti, ha avuto diverse conseguenze su Flavia: ”Mi sentivo talmente umiliata che non riuscivo a parlarne con la mia famiglia, ma solo a sviluppare qualche atteggiamento passivo aggressivo nei confronti di mia madre. Le chiedevo di non parlare delle sue origini con le madri dei miei compagni, di cui non posso riportare alcuna descrizione se non, “esseri raccapriccianti di un razzismo e classismo sconfortante”. Non riuscivo neanche a godermi lo studio delle materie che ho sempre amato, perché continuo bersaglio delle professoresse stesse. Avrei solo voluto trovare il mio posto nel mondo.”Quel posto nel mondo che, dopo le medie, Flavia cercherà al liceo ma inizialmente con scarsi risultati dato che si troverà di nuovo ad avere a che fare con dei docenti che incentivavano certi comportamenti razzisti e che trattavano in maniera del tutto diversa gli studenti in base alla posizione sociale dei genitori e al loro reddito: “Ho frequentato il primo anno al liceo classico Francesco Vivona, all’Eur. In pratica, la versione pro delle mie elementari e medie con la differenza che non venivo più particolarmente derisa per fattori familiari ma che vi era la preesistenza di un razzismo diffuso nell’ambiente. Le mie compagne e i miei compagni di classe cantavano quasi ogni mattina “Faccetta nera” con la complicità delle professoresse. La mia professoressa trattava diversamente alcuni figli di politici e persone particolarmente privilegiate. Ovviamente non tenni la bocca chiusa neanche in quel caso.”
La storia di Flavia fortunatamente, a differenza di molte altre, ha un lieto fine:”Dopo il primo anno al Vivona andai al liceo classico Plauto a Spinaceto, la scelta migliore della mia vita. Il corpo docente non faceva favoritismi in base a famiglia o al conto in banca, ma apportava una valutazione esclusivamente in base al tuo rendimento. I miei compagni di classe e di scuola erano differenti tra loro, ognuno con la sua provenienza, la sua origine e la sua specialità. Finalmente in un ambiente in cui mi sentivo a casa, trovai la mia vera passione.”
La petizione per l’istituzione dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole
"Per anni ho sempre pensato che non volessi che nessuno vivesse quello che ho subito io, molti ragazzi non riescono a resistere a determinati abusi e le conseguenze sono spesso tragiche. Ognuno di noi merita di vivere una vita al massimo delle proprie aspettative, in un luogo che ci faccia crescere e migliorare.” Proprio per questo, insieme all’attivista Lgbtq+ Isabella Borrelli e all’attivista Andrea Giorgini, Flavia ha pensato di lanciare una petizione per l’istituzione dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole che “si propone di livellare le differenze, diffondere conoscenza, abbattere gli stereotipi e soprattutto insegnare alle persone il valore dell’amore, del rispetto e del consenso.”“La nostra proposta” – ci dice Flavia – “prevede l’istituzione di una giornata dedicata all’educazione sessuo-affettiva nelle scuole superiori e soprattutto l’istituzione di uno spazio di confronto e divulgazione online che coinvolga sessuologi e psicologi del settore. Pensiamo che lo sportello online possa essere un modo ottimale per coinvolgere al meglio gli studenti e non far sentire l’imbarazzo che spesso si crea in situazioni di gruppo. L’importanza del progetto è definita dalla laicità e neutralità dello stesso, non possono essere i professori o i familiari a trattare determinati argomenti ma un corpo esterno.”
Nel frattempo, per tutti coloro che stanno attraverso la sua stessa esperienza, il consiglio è quello di “aprirsi sempre, parlarne ed essere propositivi, pensando che la nostra esperienza può aiutare qualcun altro e, se possibile, consiglio sempre di intraprendere un percorso di psicoterapia. Andare dallo psicologo è stato, ed in alcuni casi è, ritenuto spesso una vergogna, ma in realtà lo stesso è solo un modo per riflettere al meglio su noi stessi e il mondo che ci circonda, mettendoci in discussione. Ho sempre avuto l’idea che mi ha trasmesso mia madre della diversità come ricchezza, come cultura, specialità e bellezza. Quest’ idea non mi ha mai abbandonata nonostante tutto. Colui che odia è la vera vittima perché prova insicurezza, inferiorità e invidia verso chi ha il coraggio di vivere la propria vita essendo semplicemente ciò che si è e che si vuole essere, lasciando a loro le etichette e il mondo di copie tutte uguali. Essere forti e amare è sempre la scelta giusta, l’odio si combatte davvero soltanto tramite l’amore e il coraggio ed il progresso è anche questo.“
Paolo Di Falco