Concetti Chiave
- Il Verismo è una corrente letteraria della seconda metà dell'Ottocento, influenzata dal naturalismo francese, che si sviluppa principalmente nel sud Italia, con Milano come centro culturale.
- Luigi Capuana è il teorico del Verismo, mentre Giovanni Verga è il suo caposcuola, noto per il Ciclo dei Vinti, una serie di romanzi che rappresentano la condizione immutabile dei "vinti" dalla vita e dalla società.
- Giovanni Verga, con opere come I Malavoglia e Mastro don Gesualdo, illustra la lotta per la sopravvivenza e l'attaccamento alle proprie radici, descrivendo la realtà in modo impersonale e oggettivo.
- Le tecniche narrative veriste includono l'eclissi dell'autore, la regressione per usare un linguaggio popolare, lo straniamento, e il discorso indiretto libero per rappresentare fedelmente la prospettiva dei personaggi.
- Le Novelle rusticane e La roba di Verga esplorano temi di lotta sociale, accumulo di ricchezze e l'inevitabile isolamento che deriva dalla fissazione sui beni materiali, evidenziando la critica sociale del Verismo.
Indice
- Origini e diffusione del Verismo
- Luigi Capuana e la poetica verista
- Giovanni Verga e il Ciclo dei Vinti
- Differenze tra Verismo e Naturalismo
- Federico De Roberto e altri autori
- Giovanni Verga: vita e opere
- Il Verismo e la rappresentazione del "mondo degli umili"
- Le fasi dell'opera di Verga
- Il Ciclo dei Vinti e l'ideale dell'ostrica
- I Malavoglia: trama e morale
- Mazzarò e l'ossessione per la roba
Origini e diffusione del Verismo
E’ una corrente letteraria della seconda metà dell’Ottocento, tipica del sud d’Italia (Sicilia e Sardegna), perchè soprattutto al sud erano diffuse condizioni di vita arretrate e degrado sociale.
Deriva dal positivismo e dal naturalismo francese, in particolare da Emile Zola. Infatti, gli intellettuali veristi recepirono le basi del naturalismo francese e le applicarono ai loro romanzi.
Centro di diffusione principale del verismo fu Milano, perché era il centro della cultura dell’epoca. I principali esponenti furono però tutti meridionali. Si distinguono due autori siciliani Luigi Capuana e Giovanni Verga ed uno napoletano, Federico De Roberto.
Luigi Capuana e la poetica verista
Fu Luigi Capuana, scrittore e giornalista del Corriere della sera. La sua opera più importante fu Il Marchese di Roccaverdina (1901), che in realtà sembra contraddire la poetica verista, finendo per essere soprattutto un’opera di contenuto psicologico. Capuana fu grande ammiratore di Zola e diffuse le idee del Naturalismo francese.
Secondo Capuana, lo scrittore deve:
1. abbandonare il romanzo storico-politico (Manzoni e i Promessi Sposi);
2. scrivere un romanzo di costumi contemporanei per analizzare la società;
3. seguire il principio dell’impersonalità, cioè eliminare il narratore ed i suoi giudizi dalle vicende raccontate;
4. non inventare nulla, ma rappresentare la realtà come fosse una fotografia;
5. usare la fantasia e l’immaginazione per dare un effetto di colore e di movimento alla vita di tutti i giorni.
Giovanni Verga e il Ciclo dei Vinti
Fu Giovanni Verga. Divenne famoso perché inventò il Ciclo dei Vinti, una serie di cinque romanzi. Vinti nel senso di derelitti e sconfitti dalla vita e dalla società. Essi sono coloro che non hanno più speranza e, come dice Verga, nascono e restano tali per tutta la vita, perché nulla si può cambiare: la realtà è statica e lo scrittore non può influire sulla società.
Differenze tra Verismo e Naturalismo
Tra Verismo e Naturalismo vi sono alcuni punti in comune ed alcune differenze:
Verismo:
1. Verga rappresenta la realtà senza esprimere nessun sentimento o fiducia nel progresso;
2. Tutto nella società rimane tale, perché non esiste possibilità di cambiamento;
3. Nei suoi romanzi Verga rappresenta l’ambiente rurale di campagna, misero ed arretrato del meridione d’Italia;
4. Impersonalità del narratore;
5. Utilizzo del metodo scientifico;
6. L’opera letteraria si fa da sé; sono i personaggi a farsi conoscere e lo scrittore scrive quello che gli detta il mondo;
7. Scompare il narratore onnisciente e l’autore è “eclissato”, perché non interviene nella trama del racconto.
Naturalismo:
1. Zola, invece, rappresenta l’ambiente industriale, il proletariato, i bassifondi di Parigi;
2. L’impersonalità del narratore;
3. Utilizzo del metodo scientifico;
4. La letteratura ha una funzione sociale, cioè lo scrittore ha il compito di migliorare la società; tuttavia, la politica deve intervenire per risolvere i problemi delle persone.
Federico De Roberto e altri autori
Tra i principali autori veristi ricordiamo Federico De Roberto, napoletano, che scrisse il suoi capolavoro I Vicerè, in cui egli descrisse le vicende (dal 1700 fino all’Unità d’Italia del 1861) di una nobile famiglia siciliana che cambia.
De Roberto segue la poetica verista e rappresenta in modo oggettivo gli ambienti, ma approfondisce anche l’indagine psicologica dei personaggi.
Ricordiamo la napoletana Serao tra le poche scrittrici donne di questo periodo.
Giovanni Verga: vita e opere
Giovanni Verga nacque a Catania in Sicilia nel 1840 da una ricca famiglia di proprietari terrieri di origine nobile. Per questo motivo, fu legato molto alle tradizioni. Studiò in un primo momento legge, ma ben presto si accostò alla vita intellettuale ed ebbe quindi occasione di conoscere l’Italia, molti intellettuali e letterati, tra questi Luigi Capuana con cui strinse amicizia e si accostò alle tematiche del verismo. Infatti, Capuana è considerato il padre del verismo, corrente letteraria che egli aveva ripreso dalle idee del naturalismo francese.
Il Verismo e la rappresentazione del "mondo degli umili"
Il verismo è una corrente letteraria che ebbe molto successo ed il pregio di descrivere il “mondo degli umili”. Infatti, Verga intende narrare “il vero” e, come un fotografo egli rappresenta la realtà con un’immagine precisa ed in modo impersonale, senza intervenire con commenti e giudizi e descrivendo la scena del racconto così com’è con i colori e i personaggi così come appaiono.
Verga, insieme a Capuana, a partire dal 1874, si dedicò appunto al verismo e ad un ciclo narrativo composto da 5 romanzi (il Ciclo dei Vinti), che si proponeva di raccontare la lotta per la vita all’interno delle diverse classi sociali.
Dal 1893 tornò a Catania, interrompendo così la sua produzione letteraria. Si impegnò in politica su posizioni reazionarie di destra e si schierò sul fronte interventista alla vigilia della prima guerra mondiale (1915-1918).
Morì a Catania nel 1922.
Le fasi dell'opera di Verga
L’opera di Verga si può dividere in due fasi:
- 1^ fase (detta anche fase pre-verista): romanzi storico-patriottici, romantici, di argomento sentimentale; romanzi e novelle legate al naturalismo francese (es. Nedda, novella in cui si descrive la Sicilia contadina povera ed arretrata. E’ la storia di una giovane contadina, che muore di stenti a causa dei pregiudizi e dell’ostilità dei suoi compaesani, che le impediscono di lavorare non perdonandole il “peccato” di essere rimasta incinta prima del matrimonio);
- 2^ fase: (detta anche fase verista):
a) Vita dei campi: si apre col racconto Rosso Malpelo (1878), che fa da spartiacque tra fase pre-verista e fase verista. La novella descrive la condizione di sfruttamento dei bambini e dei ragazzi che lavoravano nelle miniere di Sicilia e spesso morivano per la fatica e le sofferenze;
b) Novelle rusticane: raccolta di novelle in cui viene rappresentato il mondo contadino della campagna siciliana con racconti simili a quelli inseriti in Vita dei campi;
c) Il Ciclo dei Vinti: si tratta di un progetto narrativo che Verga vuole realizzare scrivendo 5 romanzi; i primi due sono conclusi; gli altri tre rimangono incompiuti.
Il Ciclo dei Vinti e l'ideale dell'ostrica
I “vinti” sono persone “vinte” dalla vita, cioè persone che non si mettono in gioco e quindi non possono migliorare la propria condizione sociale, ma sono rassegnati a stare al loro posto, nel loro guscio, nella loro famiglia senza convinzione e senza stimolo a progredire. E’ quell’atteggiamento che Verga definisce “religione della famiglia”, cioè l’attaccamento tenace dei poveri al loro mondo, alla famiglia di origine e al luogo natale, che rimangono l’unico aiuto possibile e l’unico punto di riferimento per l’individuo. A questo proposito, per spiegare meglio questa idea, Verga fa anche un paragone con “l’ideale dell’ostrica”; infatti, l’ostrica, che è un mollusco, riesce a sopravvenire soltanto se rimane attaccata in mare ad uno scoglio; se si stacca, muore; così l’uomo può soltanto sopravvivere e vincere la difficoltà della vita, se resta attaccato alla famiglia d’origine; altrimenti, come l’ostrica, annega e soccombe di fronte agli insuccessi e alle difficoltà.
I Malavoglia: trama e morale
Il primo di questi romanzi del Ciclo dei Vinti si intitola I Malavoglia ed è anche considerato il suo capolavoro. E’ la storia di una famiglia di pescatori che vanno in rovina uno per uno, a partire dal nonno e ad arrivare fino ai nipoti;
d) il secondo romanzo del Ciclo dei Vinti è Mastro don Gesualdo, che descrive l’ascesa sociale e il successo economico del muratore Gesualdo Motta, desideroso di migliorare la sua condizione e che, per questo motivo, dà importanza soltanto alle ricchezze e al “mito della roba” (per roba si intendono i beni materiali, case, campi, possedimenti e soldi), ma alla fine della vita muore solo e disprezzato persino da quelli della sua famiglia. La morale, secondo il Verga, è sempre la stessa: se uno vuol provare ad uscire dall’ideale dell’ostrica, è destinato all’insuccesso e a soccombere di fronte al destino avverso, abbandonato persino dalle persone di famiglia.
Sono descritti da Verga in tre testi fondamentali che rappresentano la sintesi del suo pensiero:
1. la novella “Fantasticheria” (1879), in cui Verga
a. rappresenta il mondo dei poveri pescatori di Aci Trezza, paesino della Sicilia, e la capacità di questa gente di sopravvivere in un ambiente così duro ed ostile;
b. descrive il concetto di “religione della famiglia”, che spinge la povera gente a rimanere il più possibile attaccata alla propria famiglia e al proprio luogo natale;
c. delinea “l’ideale dell’ostrica”, cioè l’attaccamento dei poveri al loro mondo, perché quando ci si stacca dal proprio ambiente e dalle proprie abitudini si è destinati a soccombere, proprio come l’ostrica quando si stacca dallo scoglio;
2. la novella “L’amante di Gramigna” (1880), che appartiene alla raccolta Vita dei campi, in cui Verga
a. afferma che il racconto deve descrivere un fatto realmente accaduto e non frutto di fantasia;
b. ricostruisce i processi psicologici dei personaggi, osservandone in modo scientifico le reazioni secondo la scienza del Positivismo (cioè l’artista e lo scrittore devono essere come gli scienziati, perché tutto si spiega con la scienza);
c. presenta il principio di “impersonalità” dello scrittore, perché lo scrittore stesso deve rappresentare e riprodurre solamente la realtà oggettiva e i rapporti di causa-effetto senza giudicare ed avere pregiudizi o mostrare i propri sentimenti;
3. la prefazione de I Malavoglia (1881), in cui il Verga
a. si propone di indagare le cause materiali ed economiche delle attività umane, perché l’uomo è spinto a produrre dall’economia e dal desiderio di migliorare la propria condizione;
b. usa come esempi della sua opera i “vinti”, cioiè coloro che sono sconfitti dal desiderio di voler conquistare una posizione sociale migliore, ma soccombono di fronte alle difficoltà e al destino contrario;
c. osserva i fatti in modo impersonale senza giudicare, riaffermando il principio di impersonalità dell’opera letteraria.
Le tecniche narrative
Sono quattro:
1. l’eclissi (= sparizione) dell’autore. Il romanzo deve escludere ogni intervento dell’autore perché l’opera letteraria si fa da sola. E così, a raccontare i fatti sono gli stessi personaggi, che esprimono anche i loro sentimenti e le loro emozioni. L’autore non interviene mai a manifestare la propria opinione e rinuncia ad esprimere il proprio punto di vista;
2. la regressione. L’autore si eclissa per lasciare spazio al mondo del narratore interno popolare (= il personaggio del romanzo) e si mette al suo stesso livello culturale, utilizzando un linguaggio umile, popolare e dialettale;
3. lo straniamento. Significa “stupore, cosa strana e confusa”, che mette in evidenza la visione del narratore (che coincide con il racconto che fanno i personaggi), il quale si immedesima nel modo di pensare dei personaggi stessi. Questa posizione si differenzia da quella dell’autore, che, nel caso dell’aristocratico Verga, noi ci aspetteremmo che scrivesse in un italiano più colto e letterario;
4. il discorso indiretto libero. I fatti sono raccontati direttamente dal punto di vista del personaggio che si esprime in modo libero, con un linguaggio popolare pieno di proverbi ed una grammatica molto semplice. L’obiettivo è quello di raccontare le esperienze e le convinzioni della gente umile (contadini, pescatori, braccianti della Sicilia di fine Ottocento).
Giovanni Verga - la visione della vita - Vita dei campi – I Malavoglia
Il pensiero del Verga e la sua visione della vita furono influenzati da:
1. positivismo: Verga lo intende come analisi e studio dei fenomeni e dei fatti reali;
2. materialismo: tutta la vita si basa sui bisogni materiali e primari;
3. determinismo: gli uomini agiscono secondo le leggi economiche;
4. evoluzionismo: sopravvivono solo i più forti, come diceva lo scienziato naturalista Charles Darwin, secondo la “legge del più forte”;
5. pessimismo: il mondo non cambia; l’uomo sprofonda, se desidera cambiare; non c’è speranza: si soccombe di fronte a chi è più ricco; nessuno può sottrarsi al suo destino;
6. l’arte non cambia il mondo e non ha nessuna funzione sociale, perché non può risolvere i problemi e cambiare la società, come sosteneva Emile Zola ed il naturalismo francese.
Si tratta della prima opera verista. Racconta la vita di alcuni contadini e pescatori con il metodo dell’impersonalità, che corrisponde al “narratore popolare”. Infatti, il narratore popolare, che è uno dei personaggi del romanzo, utilizza modi di dire popolari, come i proverbi, e parole dialettali. Così, l’autore si eclissa, cioè si mette da parte e non interviene nel racconto.
Nella Vita dei Campi ci sono due novelle programmatiche, che contengono i punti cardine del verismo:
1. Fantasticheria,
2. L’amante di Gramigna.
(Lettura della novella La lupa da pag. 138 a pag. 141)
Questo romanzo, che è il primo del Ciclo dei Vinti, è anche il capolavoro del Verga.
Si tratta di un romanzo storico, perché lo sfondo della vicenda di questa famiglia di pescatori sfortunati è la Sicilia storica della seconda metà dell’800 ai tempi dell’Unità d’Italia (intorno al 1861).
Il cognome di questa famiglia è Toscano; Malavoglia è un soprannome che rappresenta l’opposto di quello che in realtà essi sono. Infatti, tutta la famiglia ha molta voglia di lavorare da mattino a sera. Sono molti dignitosi, pur nella loro estrema povertà. La vicenda, che dura circa un ventennio, è ambientata ad Aci Trezza, un borgo di pescatori vicino a Catania.
Hanno una casa, la Casa del Nespolo, e una barca, La Provvidenza, che essi usano per la pesca e con la quale tentano di aumentare i loro guadagni e di migliorare la loro situazione sociale e famigliare. Ad un certo punto, comprano a rate un carico di lupini, per poi rivenderlo e guadagnare. I lupini, però, si perdono in mare nel momento in cui la barca affonda e muore uno dei componenti di questa famiglia, di nome Bastianazzo, il figlio di Padron ‘Ntoni, il capostipite della famiglia stessa.
E’ dunque una famiglia in sfacelo, che subisce altre disgrazie oltre alla perdita del carico di lupini. Quindi, i Malavoglia non saranno più in grado di pagare i debiti e di riprendersi da questa sciagura.
I giovani cercano di migliorare, ma una figlia, di nome Lia, abbandona il paese e finisce a fare la prostituta in città; un altro figlio, di nome ‘Ntoni come il nonno, si dà al contrabbando, diventa delinquente e finisce in carcere; un altro figlio Luca muore nella battaglia di Lissa (1866). L’unico della famiglia che riuscirà a riscattare la Casa del Nespolo sarà l’ultimo figlio, di nome Alessi, che continuerà il mestiere del nonno, Padron ‘Ntoni, anche se ormai la famiglia è disgregata.
Secondo il Verga, la morale di questa vicenda è la seguente: chi tenta di migliorare la sua condizione originaria è destinato a perire, perché:
1. va contro l’ideale dell’ostrica, cioè contro il proprio destino e contro la religione della famiglia;
2. sfida le proprie radici d’origine, cambiando le proprie abitudini e il proprio ambiente e precipita nella catastrofe;
3. la vita è una perenne lotta per la sopravvivenza ed il più forte vince sempre sul più debole; il progresso non è determinato da cambiamenti, ma da fatti che si ripetono e dalla capacità del singolo uomo di sapersi adeguare.
Giovanni Verga – I Malavoglia – trama e struttura dell’opera
Presso il paese di Aci Trezza, in provincia di Catania, vive la laboriosa famiglia di pescatori Toscano, soprannominata Malavoglia. Il patriarca della famiglia è l'anziano Padron 'Ntoni, vedovo, che vive presso la "Casa del Nespolo" insieme al figlio Bastiano, detto Bastianazzo, il quale è sposato con Maruzza, detta la Longa.
Bastiano e Maruzza hanno cinque figli, in ordine di età: 'Ntoni, Luca, Filomena detta Mena o Sant'Agata, Alessio detto Alessi e Rosalia detta Lia. Il loro principale mezzo di sostentamento è la "Provvidenza", nome dato alla piccola imbarcazione che utilizzano per la pesca.
Nel 1863 'Ntoni, il maggiore dei figli, parte per la leva militare. È la prima volta che un membro della famiglia dei Malavoglia parte per la leva nell'esercito del Regno d'Italia, e sarà questo evento a segnare l'inizio della rovina della famiglia stessa.
'Ntoni, lavorando, aiutava economicamente la famiglia, come era normale all'epoca, e a causa della sua partenza come soldato questi guadagni vengono a mancare. Per sopperire a questa perdita, Padron 'Ntoni tenta quindi un affare comprando una grossa partita di lupini, peraltro scadenti, da un compaesano usuraio, chiamato Zio Crocifisso (oppure Campana di legno) a causa delle sue continue lamentele e del suo perenne pessimismo.
Il carico viene affidato a Bastianazzo, ma durante il viaggio via mare la barca subisce un naufragio, Bastianazzo e il suo garzone muoiono e i lupini vanno persi. A seguito di questa sventura, la famiglia si ritrova con una triplice disgrazia: è morto il padre, principale fonte di sostentamento della famiglia, la Provvidenza va riparata ed occorre pagare il debito dei lupini.
Finito il servizio militare, 'Ntoni torna malvolentieri alla dura vita di pescatore alla giornata e finisce per non dare alcun sostegno alla già precaria situazione economica del nucleo familiare.
Le sfortune per la famiglia non terminano: Luca, uno dei nipoti, muore nella battaglia di Lissa (1866). Il risanamento del debito contratto con Zio Crocifisso costa alla famiglia anche la perdita dell'amata Casa del Nespolo e la reputazione e l'onore della famiglia peggiorano fino a raggiungere livelli umilianti.
Un nuovo naufragio della "Provvidenza" porta Padron 'Ntoni ad un passo dalla morte; Maruzza, la nuora, muore invece di colera. Il primogenito 'Ntoni decide di andare via dal paese per tentare di fare fortuna: una volta tornato ancora più impoverito, perde ogni desiderio di lavorare, dandosi all'ozio e all'alcolismo.
La partenza di 'Ntoni costringe nel frattempo la famiglia a vendere la Provvidenza per accumulare denaro al fine di riacquistare la Casa del Nespolo, mai dimenticata.
'Ntoni finisce in prigione e Padron 'Ntoni all’ospedale.
Intanto Lia, la sorella minore, vittima delle malelingue e del disonore, decide di lasciare il paese e finisce a prostituirsi a Catania.
Mena, a causa della vergognosa situazione della sorella, sceglie di rinunciare a sposarsi con il carrettiere Alfio Mosca, di cui è innamorata, e rimane ad accudire i figli di Alessi, il minore dei fratelli, che nel frattempo si è sposato con Nunziata e, continuando a fare il pescatore, è riuscito a ricostruire il nucleo familiare e a ricomprare la Casa del Nespolo, dove si è stabilito a vivere.
A questo punto ciò che resta della famiglia fa visita all'ospedale a Padron 'Ntoni, per informarlo che la Casa del Nespolo è di nuovo nelle loro mani e annunciargli un suo imminente ritorno a casa.
È questa l'ultima gioia per il vecchio pescatore, che muore proprio nel giorno del suo desiderato ritorno a casa.
Alla fine 'Ntoni, uscito di prigione, ritorna al paese, ma si rende conto di non potervi restare a causa del suo passato, per quanto il fratello Alessi lo inviti a farlo: con il suo comportamento egli si è auto-escluso dal nucleo familiare, rinnegando sistematicamente i suoi valori, ed è costretto ad abbandonare la sua casa proprio quando ha preso consapevolezza che essa era l'unico luogo in cui era possibile vivere degnamente.
La storia della famiglia Malvoglia attraversa tre generazioni ( l nonno Pandron Ntoni, il figlio Bastianazzo, il nipole ‘Ntoni e gli altri nipoti.
Il racconto si sviluppa in 15 anni.
Sullo sfondo ci sono gli eventi storici dell’epoca, come per esempio la battaglia navale di Lissa (1866 – 3^ guerra di Indipendenza), in cui morirà Luca.
(Ripassa bene il file n. 6 pag. 2, in cui si parla dei Malavoglia)
Giovanni Verga - Novelle rusticane - La roba
La raccolta di Novelle rusticane comprende 12 novelle, tra cui La roba, una delle più importanti, che è una specie di riassunto dei temi che il Verga svilupperà in Mastro don Gesualdo, il suo secondo romando del Ciclo dei Vinti.
1. sono ambientate nel mondo agricolo rurale della Sicilia simile alla raccolta Vita dei Campi;
2. vengono rappresentate in più anche persone e gruppi sociali che non sono contadini e braccianti, ma soprattutto ricchi di nascita oppure gente benestante, i cosiddetti “nuovi ricchi”, che per la loro avarizia e la loro avidità di ricchezza hanno compiuto una ascesa sociale, accrescendo la loro “roba” (beni, terreni, case, campi …);
3. vengono descritti conflitti tra le classi sociali e prevale la legge del più forte e dell’interesse economico per migliorare la loro condizione sociale.
Se confrontiamo le Novelle rusticane con Vita dei Campi ci rendiamo conto che:
1. nella Vita dei Campi sono descritti personaggi tragici che,
a. vivono una vita misera e triste, perché a loro tutto va male per tutta la vita;
b. ubbidiscono alle antiche leggi che governano la società siciliana, molto chiusa e primitiva: l’onore, la famiglia, l’obbedienza al padrone;
2. nelle Novelle rusticane, invece,
a. i personaggi principali sono ricchi di nascita oppure nuovi ricchi, e non sono più contadini, braccianti e pescatori;
b. c’è una maggiore attenzione del Verga ai motivi economici e materiali e tutti i protagonisti dei racconti sono ossessionati dalla “logica del profitto”, cioè dal desiderio di arricchirsi e di passare ad una classe sociale più alta.
Mazzarò e l'ossessione per la roba
Si tratta della novella forse più famosa del Verga.
Mazzarò, un contadino pagato a giornata, accumula denaro facendo enormi sacrifici e riesce a comprare terreni e case. Sacrifica tutto nella sua vita, con fatica e ostinazione per accumulare più beni materiali possibili (la roba), ma è incapace di godere dei benefici che possono scaturire da tanta ricchezza.
Non ha famiglia, vive in condizioni di povertà per non sprecare le sue ricchezze, lavora come un mulo nei campi.
Non ha vizi, non ha amici. Vive da solo con la vecchia madre e anche lui invecchia con lei. Ha allontanato tutti nella sua vita, per paura che potessero sottrargli la sua roba.
La sua scalata sociale riesce bene grazie ai suoi sacrifici e alla sua furbizia, ma una volta guadagnata una posizione migliore, egli sembra mandare in fumo ogni possibilità di crescita personale.
E’ sleale nei confronti di chi lavora per lui ed è ossessionato dall’accumulo della ricchezza.
Mazzarò vive nel terrore della morte e si domanda spesso che fine faranno i suoi sacrifici e i traguardi raggiunti al termine della sua vita quando egli morirà.
Diventato vecchio, Mazzarò si rende conto di quanto vuota e povera sia stata la sua vita. E così il suo attaccamento ai beni materiali diventa ancora più ostinato.
Non avendo eredi né conoscenti, va in fumo anche la possibilità di lasciare i suoi beni a qualcuno.
Il pensiero di non poter portare con sé la sua roba dopo la morte lo fa addirittura impazzire e la novella si conclude con una scena pietosa e indimenticabile: viene descritto lui che vaga nei campi, accecato dalla pazzia, mentre distrugge i raccolti e mentre colpisce gli animali e grida: "Roba mia, vientene con me!” (= muori con me).
Domande da interrogazione
- Quali sono le origini e le caratteristiche principali del Verismo?
- Chi sono i principali esponenti del Verismo e quali sono le loro opere più significative?
- In che modo il Verismo si differenzia dal Naturalismo?
- Qual è il significato dell'"ideale dell'ostrica" nel Ciclo dei Vinti di Verga?
- Qual è la trama e la morale del romanzo "I Malavoglia"?
Il Verismo è una corrente letteraria della seconda metà dell'Ottocento, tipica del sud d'Italia, influenzata dal positivismo e dal naturalismo francese, in particolare da Emile Zola. Si caratterizza per la rappresentazione oggettiva e impersonale della realtà, spesso focalizzata sulle condizioni di vita arretrate e sul degrado sociale del sud Italia.
I principali esponenti del Verismo sono Luigi Capuana, Giovanni Verga e Federico De Roberto. Capuana è noto per "Il Marchese di Roccaverdina", Verga per il "Ciclo dei Vinti" e "I Malavoglia", mentre De Roberto è famoso per "I Vicerè".
Il Verismo si differenzia dal Naturalismo per la sua rappresentazione della realtà senza esprimere fiducia nel progresso e per l'ambientazione rurale e arretrata del sud Italia. Al contrario, il Naturalismo, rappresentato da Zola, si concentra sull'ambiente industriale e ha una funzione sociale, cercando di migliorare la società.
L'"ideale dell'ostrica" rappresenta l'attaccamento tenace dei poveri al loro mondo e alla famiglia d'origine. Come l'ostrica che sopravvive solo se attaccata a uno scoglio, così l'uomo può sopravvivere solo restando legato alle sue radici, altrimenti soccombe di fronte alle difficoltà della vita.
"I Malavoglia" narra la storia di una famiglia di pescatori che affronta una serie di disgrazie, culminando nella rovina economica e sociale. La morale del romanzo è che chi tenta di migliorare la propria condizione originaria è destinato a fallire, poiché va contro il proprio destino e l'ideale dell'ostrica, sfidando le proprie radici e abitudini.