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erin doomDopo il successo clamoroso del ‘Fabbricante di lacrime’, e soprattutto dopo aver svelato la sua identità, molti occhi di fan e nuovi lettori sono stati rivolti al primo libro inedito di Erin Doom, pseudonimo di Matilde, giovane scrittrice diventata un caso editoriale nazionale grazie a TikTok.

Fonte foto: Rai

‘Stigma’ è dunque la sua ultima fatica, un tomo di oltre 600 pagine che racconta le vicende di un’altra giovane protagonista di nome Mireya, per certi versi molto simile a Nica, eroina del suo primo romanzo. Ma vale la pena leggerlo?

Di cosa parla ‘Stigma’, il nuovo libro dell’autrice del ‘Fabbricante di lacrime’

Sempre ambientato Oltreoceano, questa volta nella caotica e fredda Philadelphia, ‘Stigma’ si apre presentando una vulnerabile, ma non per questo poco combattiva, protagonista, alla disperata ricerca di un lavoro, nonostante la sua giovane età, 19 anni.

È in una rigida serata di fine autunno che Mireya si imbatte nell’insegna luminosa del Milagro's, un locale dall’atmosfera accattivante che sembra provenire da un’altra era, con luci soffuse, divanetti in velluto e un palco per l’esibizione delle ballerine. Dietro al bancone di questo club esclusivo Mireya trova la sua dimensione, il suo ‘miracolo’ e quella che potrebbe essere la sua salvezza.

Subito si imbatte però nell’oscurità che infesta quel luogo, che si manifesta sotto forma di ragazzo dal viso perfetto ma dall’animo ostile, Andras, presenza la sua che si farà sempre più ingombrante nella mente della protagonista, soprattutto a causa della forte repulsione che prova per il giovane fin dal primo momento in cui si sono incontrati. Ma l’oscurità di Andras non è l’unica contro la quale Mireya si ritrova a lottare, infatti la ragazza porta con sé il terribile fardello di essere stata cresciuta da una madre dipendente da sostanze, con tutte le ripercussioni che un’infanzia così può lasciare.

Vale la pena leggere ‘Stigma’?

Fin dalle prime pagine del romanzo si può notare una indiscutibile continuità stilistica con gli altri libri della scrittrice, e quindi per i lettori che già si sono imbattuti nelle opere di Erin Doom, calarsi nelle fredde strade di Philadelphia al fianco di Mireya sarà assai facile, e anzi famigliare proprio per il tipo di scritture perseguita da Matilde.

Molte similitudini, descrizioni e il modo stesso di presentare situazioni e personaggi sono inconfondibili, come un marchio che Erin Doom è riuscita a infondere fin dal suo primo libro; quindi nella forma non ci sono sorprese, caratterizzata da profonde riflessioni, flashback e sensazioni della protagonista, sviscerate in ogni modo possibile lungo le 600 pagine. Nonostante il libro possa spaventare per la mole di pagine, queste, proprio come avvenuto per gli altri scritti dell'autrice, scorrono facilmente, senza alcun intoppo, ritrovandosi a divorare centinaia di pagine come se si fosse appena preso il libro in mano.

Il ritmo è infatti un elemento senza dubbio a favore, incalzante quanto basta ma che comunque non molla mai del tutto la presa dal lettore, facendogli bramare ogni pagina successiva. Nota dolente è però il ricorrere a situazioni simili ai suoi libri precedenti, che per quanto, come detto, possano creare un ambiente familiare, possono però altresì annoiare i lettori già ferrati sulle altre fatiche della scrittrice.

Dunque, il libro è scorrevole e ha come temi storie inedite per Matilde che però riesce a trattare con la giusta profondità e sensibilità anche argomenti tanto complessi, proprio come ha già fatto nel 'Fabbricante di lacrime'. D'altro canto però, la parte sentimentale potrebbe essere un po' ridondante, anche se dalla metà in poi anche questa linea narrativa si arricchirà di qualche guizzo apprezzabile. In conclusione siamo certi che il romanzo piacerà soprattutto ai fan della scrittrice, felici di ritrovare il suo inconfondibile stile, ma anche ai non appassionati potrebbe restituire spunti interessanti di riflessioni su dipendenze emotive e chimiche.