
Dopo settimane di critiche e polemiche, alla fine l’incontro all’Università Federico II di Napoli, con sede a Scampia, è avvenuto. Il rapper Geolier è stato accolto da uno scroscio di applausi da parte degli studenti.
Geolier, 24 anni appena compiuti, è ormai diventato un volto di riferimento all’interno della musica italiana: partendo dalle origini di Secondigliano, il cantante ha raccolto ben 60 dischi di platino al netto di due album, l’ultimo dei quali, Il coraggio dei bambini, è stato il più venduto nell’arco del 2023.
Senza dimenticare poi il secondo posto a Sanremo 2024, dietro soltanto ad Angelina Mango.
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Il Rettore contro le polemiche: “Questa è l’università che noi vogliamo”
Si è tanto parlato di questo incontro, malvisto da tutti quelli che non considerano Geolier un soggetto adatto a varcare la soglia delle università per portare il suo esempio. Tra questi c’è il procuratore di Napoli Nicola Gratteri che, come riportato da ‘Open’, ha definito la scelta dell’Ateneo “assurda” e Geolier un “modello negativo per i ragazzi”. Per lui l’Università deve rappresentare un luogo di formazione e di “raffinatezza culturale” senza svendersi alla “cultura a basso costo”. Insomma, non ci è andato affatto leggero. Parole che poi il Rettore dell’Ateneo, Matteo Lorito, non ha mancato di commentare in apertura dell’evento: “Ci hanno tirato dentro a polemiche che non ci interessano, l’autonomia dell’università è sacrosanta e con questo dibattito rispondiamo a tutte le critiche. Alcune preoccupate, alcune retrò, ma questa è l’università che noi vogliamo”.
Geolier: “Qua non posso insegnare niente a nessuno, posso solo imparare”
Ma cosa ha detto Geolier agli studenti universitari? Beh, tante cose. Tanto per cominciare ha sottolineato, con modestia, che “qua dentro io non posso insegnare niente a nessuno, posso solo imparare. Anche io, come voi, ho mille paure, mille ansie”. Il discorso è in seguito andato avanti sviluppandosi intorno alle domande preparate dai presenti, curiosi non soltanto del lato artistico della star ma anche di quello più prettamente umano e personale, tra cui per esempio il suo rapporto quasi viscerale con Napoli. “Quando voglio stare tranquillo sto nel mio rione”, ha spiegato Geolier, “lì le persone non mi fermano, sanno che sto là per sentirmi a mio agio, tutti mi chiamano Emanuele e mi piace”. E poi ancora: “Tutti i pregiudizi su Napoli sono sbagliati. A Milano mi chiedono se esiste il casco a Napoli, i rapper vengono qui a Napoli e non indossano l’orologio, e io mi domando: Ma come? Vieni da Milano, che è la città con più reati, e poi arrivi qui e non ti metti l’orologio?”. Un rapporto indissolubile quello con il capoluogo campano: “Al di là del legame che ho con la gente e la città e l’ispirazione che mi dà, Napoli mi ha creato. Non posso portare questo in un’altra città. Io sto combattendo per portare l’industria musicale a Napoli e poi me ne vado io? No, non succederà mai”
Il rapper sui genitori: “Quello che faccio è per loro, se loro sono orgogliosi di me va bene”
E poi l’andazzo si fa commovente quando si passa ai racconti che vertono sul rapporto con i genitori. Dalla madre che non capisce perché non risponda quando è in studio a comporre una canzone, ai silenzi di suo padre: “Mio padre quando parla crea silenzio, ma ogni volta che parla è un insegnamento: lui è quello che vorrei essere da grande. La prima volta che mi ha fatto un complimento è stato l’altro giorno per L’ultima poesia, la canzone con Ultimo, quando mi ha detto: “È proprio bella”. Quello che faccio è per loro, se loro sono orgogliosi di me va bene. Mi posso pure fermare, non mi interessa altro”.
La paura dell’intelligenza artificiale e quella di non essere capito
Nel corso della chiacchierata, naturalmente, non poteva mancare il rap. Geolier ha infatti raccontato come la sua scrittura sia cambiata nel corso del tempo, rinunciando però fin da subito ai classici cliché del genere. “Il tempo ti rende maturo”, ha spiegato, “nei miei pezzi parlo in maniera diversa ultimamente, ma l’arte non ha una responsabilità educativa, questa me la sono presa io”. Ma c’è anche tempo per parlare dell’intelligenza artificiale, che a poco a poco espande la sua ombra nel campo artistico: “Mi fa paura, assai”, confessa il rapper, “ma una cosa che l’intelligenza artificiale non avrà mai è il dolore di un artista. Dato che è matematica, non avrà mai un sentimento”. Ma c’è anche un’altra paura per il 24enne, quella cioè di non essere capito: “Avrei studiato di più per comunicare meglio con le persone. Durante le prime interviste avevo paura di parlare: sono un ragazzo rionale, era strano dire una parola in italiano, forse quello è l’unico rimpianto che ho”. E poi una parola sul suo passato: "Sono andato a lavorare a 9 anni per realizzarmi, pensano che la periferia sia uno svantaggio, invece non lo è: abbiamo fame negli occhi e non ce l’hanno tutti"