
Stiamo parlando di Sara Melotti che a 35 anni, dopo un'esperienza nel mondo della moda dove si è scontrata con dei canoni di bellezza irraggiungibili, gira il mondo alla ricerca del vero significato della bellezza.
Sara nella nuova puntata del podcast di Skuola.net, #FuoriClasse, ci ha parlato di come la nostra società spesso ci pone davanti dei canoni ideali che ci fanno soffrire inutilmente e dell'importanza di ascoltare la propria voce interiore.
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Il sogno di fare la ballerina in America
Sara, come sottolinea lei stessa, a scuola era "una pessima studentessa: studiavo solo quello che mi interessava e avevo delle grossissime difficoltà con tutte quelle materie che avevano a che fare con numeri, termini scientifici...In più facevo anche la ballerina e, durante gli ultimi due anni delle superiori, avevo degli allenamenti intensissimi di ben otto ore al giorno. Mi ricordo che l’ultimo anno avevo accumulato più di 100 giorni di assenza ma riuscii ad essere promossa con un miracoloso 60".A portarla in America dopo il liceo "oltre al sogno di voler fare la ballerina è stata anche l’ossessione per i tanti film americani e una storia d’amore. Quest'ultima, in particolar modo, mi ha spinta ha trasferirmi lì definitivamente visto che quasi ogni estate per un mese studiavo danza a Los Angeles. Sono arrivata piena di speranze e poi ho capito che il mio sogno sarebbe sfumato molto in fretta: una cosa è andare a lezione, un'altra è fare le audizioni e cercare di sfondare nel mondo americano della danza che ha un livello molto più elevato rispetto a quello italiano".
"Così mi sono ritrovata con una feroce competizione senza avere nessuna reale possibilità di farcela. E’ stata una bella batosta anche per il mio ego visto che, soprattutto quando siamo più giovani, tendiamo a identificarci con quello che facciamo. Noi siamo la nostra essenza, quella cosa che sentiamo di avere dentro per tutta la vita. Identificandomi con 'la ballerina', nel momento in cui ho smesso di ballare non sapevo più chi ero e sono entrata in crisi".
L’esperienza nell’industria della moda e la bellezza illusoria
Sfumato il sogno della danza, Sara è ripartita da una macchina fotografica che le era stata regalata. "Sembrava veramente una cosa arrivata dal cielo e visto che era abbastanza costosa, dopo averla imparata ad usare, ho capito che la fotografia di moda era l’unico genere che mi dava la possibilità di tradurre quello che vedevo nella mia testa. Nel giro di sei mesi ho trasformato tutto in un lavoro a tempo pieno guadagnando cifre che non mi sarei mai aspettata di poter guadagnare"."Però più entravo nel business della fotografia di moda, più mi accorgevo che era tutto sempre più sbagliato e inconciliabile con quella che è la mia essenza. Era tutto molto superficiale, basato sulle apparenze...Iniziavo a chiedermi che effetto avessero le foto che creavo in quest'industria disumana. La risposta l'ho trovata guardandomi allo specchio: mi vedevo come un mostro e mi veniva da piangere. A questo, da un lato, si sono aggiunte tutte le mie amiche che insultavano costantemente il loro corpo e, dall'altro, una serie di eventi che mi hanno fatta riflettere".
"Per esempio, mi ricordo che nell'ultimo periodo avevo fotografato una ex top model che poi ho scoperto essere la madre di Elon Musk: ho fatto il servizio togliendo le rughe principali e mi è stato rimandato indietro il lavoro con la richiesta di eliminare tutte le rughe. Lì mi sono chiesta: come fa una donna di 70anni a non avere rughe? Unendo tutti questi tasselli sono entrata in crisi e ho capito che con le mie immagini contribuivo a creare degli standard di bellezza irreali, irraggiungibili e tossici. Questi sono la causa del nostro essere sempre insicuri, infelici, di quella sensazione di inadeguatezza che ci affligge. Quindi ho deciso di seguire la mia coscienza e smettere: come direbbe Terzani, ho preferito fare quello che era giusto a quello che mi conveniva".
I social: tra canoni di bellezza irrealizzabili e insicurezza
Quello dei livelli di bellezza impossibili da raggiungere, tra l'altro, è un fenomeno che è stato amplificato da social come Instagram. "Se prima questi standard di bellezza irreali erano limitati alla carta stampata, alla televisione adesso ce li abbiamo addosso costantemente e ci fanno male. Poi su Instagram non vediamo solo modelle ma anche persone che potrebbero essere la nostra vicina di casa o nostra cugina e quindi si viene a creare quel sentimento di insicurezza e infelicità"."I social infatti hanno aggiunto anche una sorta di termine di paragone continuo e perpetuo dove si ha modo di vedere sempre cosa stanno facendo gli altri che sul loro profilo mostrano solamente i ritagli più belli della loro vita. Così si crea quest’illusione ottica collettiva dove la percezione della realtà viene distorta sempre di più verso una bellezza ideale che in realtà non esiste. Per questo bisogna essere molto bravi a guardarsi dentro lasciando stare quello che c’è fuori".
"Riflessa nella specchio ho iniziato a vedere un’amica piuttosto che una nemica nel momento in cui ho capito che il mio valore è dato solamente da quello che ho dentro, da quello che sono. Purtroppo la nostra società ci porta a concentrarci sull’esterno, su quell'effimero che gli indiani chiamano maya cioè l’illusione. Per loro la realtà è fatta da molti strati illusori: prima riesci ad avere consapevolezza di te stesso e prima inizierai a vedere la realtà per quello che è".
Quest for Beauty: la domanda che l’ha portata in giro per il mondo
Messo da parte il mondo della moda, "volevo riparare un po’ il danno fatto con le mie foto e così ho deciso di creare un progetto fotografico, Quest for Beauty. Una domanda che mi era rimasta da quella crisi interiore che avevo attraversato era: 'cos’è la bellezza?' Per provare a capirlo, zaino in spalla, ho iniziato a viaggiare da sola in giro per il mondo. In ogni viaggio chiedevo alle donne che incontravo cosa fosse per loro la bellezza e mi sono accorta che nessuno parlava del proprio aspetto esteriore"."Tra le tante persone che ho incontrato molte hanno anche storie semplici come quella di una signora che ho visto a Parigi che dava da mangiare a dei piccioni a cui ho chiesto di poter scattare delle foto. Dopo abbiamo fatto una bella chiacchierata e ho scoperto che era un’attrice negli anni '40, aveva avuto una bellissima storia d’amore con il marito che era morto un anno prima e tantissime altre cose su di lei. Nel salutarmi mi ha abbracciata sussurrandomi 'grazie di esserti fermata a parlare con me, era una settimana che non parlavo con nessuno'. Lì ti accorgi di queste connessioni umane, dell’importanza di fare un sorriso a qualcuno mentre cammini per strada: qualcosa che per te può essere insignificante ma che al contempo può avere un grande significato per qualcun altro".
"Conseguenza naturale di questo progetto" - continua Sara - "è la documento-serie Ask a Local - A Quest for Beauty. Viaggiando, lavorando a progetti umanitari ho capito che c’è tantissimo da raccontare. I contrasti sono la cosa più importante soprattutto oggi che viviamo nell’era della polarizzazione e tendiamo a vedere tutto bianco o nero, giusto o sbagliato quando invece la vita sta in quelle sfumature di mezzo: più vedo il mondo, più ho capito che giusto e sbagliato dipendono dal dove sei nato, dal livello di consapevolezza a cui sei arrivato. Con questo nuovo progetto vorrei raccontare non solo queste sfumature ma vorrei anche raccogliere l’essenza delle diverse culture che compongono i diversi Paesi".
L’importanza di ascoltare sè stessi
Se c'è una cosa che Sara ha capito è che "ascoltare la propria voce, quell’essenza di cui parlavo prima, è difficile perché spesso è doloroso farlo visto che quello che ti dice va contro tutto quello che gli altri ti dicono di fare. In sostanza bisogna decondizionare il pensiero: noi ci troviamo qui per una ragione. Quest'ultima per gli indiani è l’evoluzione della nostra anima che si evolve solamente nel momento in cui decidiamo di seguire il destino, quel filo che tiene insieme l’universo. Non lo seguiremo mai ascoltando quello che ci dicono gli altri o quello che loro potrebbero pensare di noi quando facciamo un qualcosa che va fuori dagli schemi"."La cosa più logica da fare è fregarsene di quello che dicono gli altri. Quando lo fai inizii a sentire te stesso, questa dovrebbe essere la priorità nella vita dove l’unica certezza che abbiamo è che non ci sono certezze se non la morte. Perché vivere la vita privandosi di quello che ci fa stare bene solamente per delle paure che riguardano gli altri? Per me fare quello che sentivo è sempre stato naturale: l’alternativa era la morte interiore ma io amo la vita e la voglio vivere tuffandomici dentro anche se non so nuotare, anche se sbatto contro più di qualche muro perché so che alla fine ci si rialza sempre: l’importante è buttarsi nel flusso della vita e vivere".
Paolo Di Falco