
RAZZISMO - Siamo ormai alle soglie del 2010, ci piace viaggiare, conoscere gente nuova, siamo disposti ad accettare l’amicizia di chiunque sui nostri social network, ma quando si parla della vita reale e quotidiana continuiamo ad essere razzisti. I cori intolleranti negli stadi e i comportamenti discriminatori di molti ragazzi all’interno delle scuole sono alcune delle espressioni più lampanti del fatto che il fenomeno del razzismo è duro a morire. Ma da più parti ci si ingegna per risolvere il problema, dalla rotazione dei posti in classe fino alla nascita del “Liceo Balotelli”.
IL NUOVO LICEO BALOTELLI - Ed è proprio dai vergognosi cori razzisti nei confronti del calciatore neroazzurro Mario Balotelli, a cui si è dovuto assistere nelle ultime partite di calcio, che è nata l’idea di intitolare una scuola al giocatore interista. Una provocazione che è venuta in mente al preside del liceo Francesco Reti di Arezzo per sollecitare gli studenti, ma anche gli adulti, a riflettere su quanto stia accadendo nella nostra società e sul clima di intolleranza che divide le persone. Il liceo cambierà il nome per un solo giorno e non ci si aspetta di certo che basti questo a far cambiare le cose, ma come il preside del Reti ha dichiarato “La mia è una provocazione ma credo che servano anche queste cose per far riflettere ragazzi e adulti, perché nessuno può essere italiano per il colore della pelle”.

IMPARARE A COMUNICARE - “Più difficile – confessa la professoressa Moroni - l´integrazione dei cinque alunni cinesi, arrivati in classe quest´anno. Nei loro confronti il pregiudizio sembra essere più radicato: «Non pagano le tasse», «ci rubano il lavoro», «sono diversi», dicono gli altri ragazzi. Non aiuta il fatto che, non sapendo la lingua, i cinque debbano passare molte ore da soli, con un docente che insegna loro l´italiano”. Ed è proprio questo che dimostra come il non riuscire a comunicare sia il vero e fondamentale problema che porta alle varie forme di razzismo. O per la lingua o per un pregiudizio che non ci fa avvicinare all’altro, si rischia di rimanere distanti da chi, invece, potrebbe offrirci molto come un’amicizia, ad esempio.
E voi, avete paura degli stranieri? Diteci cosa ne pensate di queste iniziative lasciando un commento.
Cristina Montini