ImmaFer
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universitaria in crisi

Il recente caso di cronaca che ha visto protagonista l'ennesimo studente universitario che ha deciso di togliersi la vita per paura di deludere i genitori ha scosso la comunità accademica e acceso un lungo dibattito su Reddit. Sotto un post dedicato alla notizia, centinaia di studenti, e non, hanno raccontato la loro esperienza con lo studio, la pressione, e la paura costante di non essere “abbastanza”.

Il thread è diventato un luogo di sfogo e riflessione collettiva. Che può aiutare a delinerare il quadro di una generazione di universitari stremata, compressa tra l’ansia da performance e il bisogno di sentirsi accettata anche nel fallimento.

Indice

  1. Il peso delle aspettative
  2. Stress, bocciature e umiliazioni
  3. Un appello ai docenti
  4. Il lato invisibile del dolore
  5. Pressioni familiari e senso di colpa
  6. La parola ai genitori

Il peso delle aspettative

Molti commenti puntano il dito proprio contro le aspettative familiari. “Se qualcuno con figli sta leggendo, fate attenzione a cosa dite e alle aspettative che avete sui vostri figli”, scrive un utente. “Io sono finito dallo psichiatra, questo si è ammazzato e chissà quanti altri come lui”.

Un altro aggiunge: “I genitori devono capire che non tutti i ragazzi sono adatti all’università e questo non fa di loro dei falliti. Bisogna finirla con questa retorica per cui tutti devono laurearsi. Ci sono tante alternative”.

Stress, bocciature e umiliazioni

Tra le testimonianze, molte riguardano però anche la gestione dello stress e i rapporti difficili con il corpo docente. Non necessariamente in ambito universitario. Un utente racconta: “Ho studiato per anni per l’esame di Stato, bocciato due volte. Alla fine ho preso il voto minimo. Me lo meritavo? Sapevo più degli altri. Ma il tipo di domande, lo stress, tutto mi ha distrutto. Ho cancellato il voto perché la sofferenza dietro quell’abilitazione supera la mia laurea magistrale”.

Un altro, invece, ricorda episodi di umiliazione: “Sono stato pubblicamente deriso prima di essere bocciato”.

Un appello ai docenti

Tra i commenti più discussi c’è quello di una studentessa che si rivolge direttamente ai docenti: “Io vorrei fare un appello ai professori universitari. Alcuni sono denigranti, arroganti, umilianti. Ti dicono: ‘È la prima volta che ti presenti? Ah, allora ne avremo di tempo!’. No, cari professori, questo non ci renderà esperti, ma solo più fragili. L’università mi ha fatta stare male, ho avuto ansia e disturbi fisici. Vi prego, smettetela e siate più giusti”.

Il lato invisibile del dolore

Molti utenti sottolineano, poi, come dietro ai voti e agli esami ci siano spesso problemi più profondi. “Sono stato vicino al suicidio e se l’avessi fatto avrei incolpato gli esami, ma in realtà ho ideazione suicida da quando avevo 12 anni”, scrive un utente. “Non tutti i casi sono legati all’università, ma una parte sì. E basta poco per cadere nel buio”.

Un altro racconta: “Sono andato in depressione dopo aver fallito il terzo anno. Ci ho messo dieci anni per finire la triennale. Ma almeno ho avuto un tutor e l’università gratis. E non sono morto”.

Pressioni familiari e senso di colpa

Tanti commenti parlano del peso del giudizio dei genitori. “Da studente fuori corso mi sono sentito male a leggere la notizia, perché avrei potuto essere io”, confessa un ragazzo. “A casa c’era sempre tensione, i miei mi facevano pressione. A un certo punto ho smesso di studiare. Poi mio padre ha capito e mi ha detto: ‘Studia senza angoscia, ti sosteniamo’. Quel discorso mi ha tolto un peso enorme e mi ha permesso di finire gli ultimi esami”.

La parola ai genitori

Tra le esternazioni più condivise, non mancano quelle dei genitori: “Stiamo vicini ai nostri figli - avverte un papà - non sono bilanci attivi da raggiungere, ma persone su cui non dobbiamo scaricare le nostre aspettative e le nostre frustrazioni. Amiamoli a prescindere da tutto”.

Nel mare di confessioni e dolore, questa frase sembra riassumere più di altre il sentimento collettivo: dietro la “crisi degli universitari” non c’è solo il fallimento scolastico, ma la fatica di vivere all’altezza di un modello che non lascia spazio all’errore.

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