
A quanto pare è stata una ragazza a far cominciare tutto. Si è seduta davanti alla porta della mensa dell’Università con in mano un foglio bianco, simbolo della ribellione contro la censura. È bastato questo gesto. In poco tempo altri studenti si sono aggiunti, imitandola, e così la protesta ha preso il via. Una studentessa italiana, che frequenta la prestigiosa Università Tsinghua di Pechino, ha rilasciato la sua testimonianza a la Repubblica.
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Università di Pechino: proteste contro il lockdown
La studentessa italiana, iscritta al Politecnico di Milano, spiega a la Repubblica il susseguirsi degli eventi: “È stata una ragazza, da sola, a far partire la protesta dentro al campus ieri mattina. Si è messa davanti all'ingresso della mensa con un foglio bianco in mano, completamente in silenzio. Piano piano si sono aggiunte sempre più persone. Tutti hanno iniziato ad imitarla e ad alzare i loro fogli bianchi. Sono stati lì circa tre ore. Lo hanno fatto in solidarietà ai dieci morti nell'incendio di Urumqi e anche perché ci hanno richiuso dentro all'università, di nuovo”.Che aria si respira adesso dentro l’Università? “I cancelli sono chiusi”, dice la studentessa italiana, “quindi da oggi anche i professori non potranno entrare e faremo le lezioni online. Non possiamo né entrare né uscire dal campus. All’interno siamo ancora però abbastanza liberi: a meno che non ci confinino in camera. Noi studenti internazionali siamo in ogni caso leggermente avvantaggiati rispetto ai cinesi: abbiamo stanze singole o doppie col bagno in camera, mentre loro stanno in stanze da quattro e senza bagno interno”.
Gli studenti internazionali sembrano dunque passarsela meglio, nonostante le restrizioni. Ma cosa dicono i ragazzi cinesi incontrati nel campus? “Il Covid e le restrizioni non ci permettono molto di socializzare con gli studenti locali”, afferma la ragazza. “Viviamo in palazzine diverse, frequentiamo classi diverse. Quelli che ho incontrato mi raccontano che sono stufi. Per me che vengo dall'estero il lockdown è come se fosse una novità, in Italia ormai ce ne siamo dimenticati. Per loro, invece, è una cosa che si ripete in continuazione, senza fine. Allo stesso tempo sono spaventati. Dopo le proteste tanti ragazzi hanno fatto richiesta speciale di poter tornare a casa, a Pechino e nelle altre città d’origine. Lasciano il campus perché non si sentono sicuri”.
L’Università in Cina: “Qui è una vita a parte”
La studentessa italiana ha deciso di intraprendere questa esperienza di studio perché affascinata dalla Cina e dalla sua cultura così diversa. “Sono iscritta al Politecnico di Milano e sono venuta qui con altri due miei colleghi per fare il mio ultimo anno di magistrale con un programma di doppia laurea in Ingegneria industriale. Mi affascinava come meta perché ti porta a scoprire una cultura molto diversa. E poi è un’ottima opportunità perché questa è una delle migliori università al mondo”.Stando alla testimonianza della ragazza riportata da la Repubblica, infatti, il periodo di studio in Cina si sta rivelando un’esperienza del tutto particolare. “[È] totalmente diverso da come siamo abituati a vivere l'Università in Italia, dove si va lezione e poi si torna a casa e si esce con gli amici. Qui è una vita a parte, ti estranei completamente da quello che c'è fuori”.
Le restrizioni legate alla pandemia, però, di certo non aiutano a vivere a pieno questa eperienza: “Viviamo bene qui dentro ma con la situazione Covid non è quello che ci aspettavamo, visto che siamo confinati. Ci sono cose che ovviamente a noi continuano a sembrare esagerate: se la signora delle pulizie è entrata in camera mia una settimana fa è assurdo che sette giorni dopo il campus mi chiuda per un’altra settimana in camera per sospetto contagio”.