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Studentessa in crisi di identità

Trovare la propria strada. A scuola gli studenti sono incanalati in un percorso stabile, fatto di quotidianità, orari prefissati e di lezioni obbligatorie. Ma all’università tutto si complica: la gestione della propria routine non è più imposta dall’alto ma diventa responsabilità del singolo. E non tutti riescono a vivere bene il passaggio trovando, appunto, la propria strada. 

E in tutto questo c’è chi si perde, come la 21enne che racconta di sé, dei suoi stati di indecisione, dei suoi cambi di facoltà, dei suoi continui alti e bassi che non le danno tregua. Fino alla sensazione di toccare il fondo: Non c'è mezza cosa che sta andando bene nella mia vita”. Il timore di non riuscire a rialzarsi:Non so più chi sono, ho paura di fare una brutta fine e di deludere tutti”. Qui di seguito la sua testimonianza.

Il post della studentessa: “La ragazza delle superiori con i voti sempre alti e tanto amata dai prof non esisteva più”

Così si presenta la ragazza su Reddit: “Ciao a tutti! Sono una ragazza di ventuno anni iscritta al primo anno di lettere moderne. Dopo il diploma di liceo classico avevo idee poco chiare e l'unico desiderio di emigrare da un piccolo paese e trasferirmi a Bologna

Un desiderio che diventa realtà, e che però si rivela un inganno: “Parto e mi iscrivo a storia: la decisione che ha rovinato per sempre la mia vita. Attacchi di panico, sensi di colpa, crisi di pianto (nonostante avessi amici e un ragazzo)”

Da qui i dubbi e la sensazione di una rapida perdita di identità: “Durante quell'esperienza mi inizia a balenare, tra le varie idee (considerando che prima di iscrivermi a storia avevo provato grande interesse per scienze della comunicazione) di lasciare completamente l'università e cercarmi un lavoro, considerando il fatto che la ragazza delle superiori con i voti sempre alti e tanto amata dai prof non esisteva più

La crisi e il cambio di facoltà

Scrive la studentessa: “In questo turbine, trasformatosi in vera e propria crisi d'identità decido di "scappare" e tornare a casa. Da quel momento tutto è cambiato: non ho più un punto d'equilibrio, non ho più autostima

“Subito dopo il ritorno faccio una breve esperienza come cameriera in una pizzeria e nel mentre intraprendo un percorso da uno psicologo (totalmente inutile, ad oggi mi ritrovo punto e a capo)”. L’irrequietezza della 21enne non sembra migliorare: “A settembre, non potendone più di quel lavoro e con la fissazione (divenuta ossessione) di cambiare vita e studiare mi iscrivo nuovamente all'università e, un po' presa dai consigli dati, un po' dall'emozione (il luogo in cui è situata la facoltà mi ha letteralmente catturata) mi iscrivo, appunto, a lettere. Dalla prima settimana sento che c'è qualcosa che non va, è un inferno e l'unica cosa piacevole che trovo sono i miei amici. Passo mesi a disperarmi, conosco un ragazzo e la situazione continua a peggiorare, nella testa mi dico che è tutta una bugia, che devo dirlo subito ai miei, sprofondo, vado in uni e mi chiudo in bagno a piangere, presa da crisi assurde e con la voglia di svenire

“Do un esame, prendo 30, ricominciano le crisi”

Il racconto della studentessa si fa circolare, una traiettoria che sembra non avere via di uscita: “Rompo il c***o a tutti i miei amici e nella mia testa inizio ad avvertire una confusione senza fine, che non mi fa dormire la notte: Bologna, scienze della comunicazione, lettere. A dicembre scompaio e non mi presento più alle lezioni. Tra litigate infinite con i miei genitori resto tanto tempo a casa”

Anche gli ottimi risultati non hanno l’effetto sperato: “A febbraio, dopo tanti ripensamenti, do un esame: prendo 30, ma lo faccio di nascosto e tornata a casa piango lacrime amare. Riprovo a marzo a frequentare qualche lezione, dopo una botta di malinconia, dovuta dal fatto che mi mancavano troppo i miei amici e l'ambiente universitario”. 

Ed è così chericominciano le crisi. Lascio tutto, continuo a litigare con i miei, in modo anche molto acceso e inizio a fare "str***ate": torno a Bologna per un'offerta di lavoro (a cui nemmeno mi presento), per poi accorgermi del fatto che nella mia attuale condizione sarei durata pochissimo, provo a seguire delle lezioni di comunicazione, ma senza troppe speranze, considerando anche il fatto che avrei dovuto prendere casa per frequentare l'uni, e fare sborsare altri soldi ai miei dopo tutta questa storia non mi sembrava il caso”

E ancora un altro blocco: “Non c'è mezza cosa che sta andando bene nella mia vita”

“A fine maggio”, riprende a raccontare la studentessa, “dopo aver bazzicato un po' con gli amici di lettere ed essermi fatta aiutare da un mio amico, ritento un esame e prendo 29. La felicità dura veramente poco”. Una frase che arriva come una sentenza. E il tentativo di appoggiarsi a qualcuno alla fine ha le sue controindicazioni:Il senso di colpa cresce ancora di più nei confronti di questo ragazzo, a cui mi avvicino un po' anche con la speranza di appoggiarmi a lui per riprendere il percorso. Inizio a preparare un altro esame e mi blocco nuovamente nella più totale disperazione. Dopo l'ennesima litigata mi rimetto a cercare lavoro”

“Lentamente”, spiega, tra me e questo ragazzo nasce qualcosa, lui evidentemente più preso di me: ci frequentiamo due settimane, io prendo la storia con una certa leggerezza e come palliativo, considerando il fatto che sto aspettando un'offerta di lavoro. Anche stavolta, sensi di colpa a palate perché mi rendo conto che non sono pronta per una relazione e non c'è mezza cosa che sta andando bene nella mia vita

“Non mi sono mai fatta così schifo in vita mia”

La situazione si fa cupa, e sempre più cupi sono i pensieri: “Mi ritrovo a luglio con la disperazione in corpo e con il pensiero fisso di volermi togliere la vita, o meglio, fare un atto così grave da farmi ricoverare

La studentessa si percepisce come una maschera, come se tutti questi cambi di programma e questo suo stato costante di malessere le avessero tolto un’immagine allo specchio in cui riconoscersi:Non so più chi sono, ho paura di fare una brutta fine e di deludere tutti. Non riesco più a riprendermi e nemmeno il minimo aiuto o le sgridate mi fanno più effetto. Vivo in una bugia e prendo in giro tutti (spesso e volentieri chiedo agli altri se sono una persona falsa)”

E infine il confronto, che spinge al giudizio spietato: Tutti i miei amici l'anno prossimo si laureano e poi ci sono io che non mi trovo più, mi sono smarrita e non mi sono mai fatta così schifo in vita mia, ho paura anche della mia ombra e non riesco più a uscire da questo enorme pantano”.

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