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Riccardo, lo studente di Medicina che ha fatto l'Erasmus a GazaRiccardo Corradini ha 29 anni ed è uno specializzando in chirurgia generale. Nel 2019, quando aveva 25 anni, ha compiuto un’esperienza formativa più unica che rara: è stato infatti il primo studente italiano ed europeo a compiere un Erasmus di 4 mesi nella Striscia di Gaza.

Fonte: Facebook Riccardo Corradini

A seguito dei drammatici fatti che hanno interessato la Striscia di Gaza, ‘Fanpage’ si è messa in contatto con lui per porgli alcune domande.

Ecco l’intervista rilasciata da Riccardo Corradini.

Il primo studente a fare l’Erasmus a Gaza

Riccardo Corradini, specializzando in chirurgia generale di 29 anni, ha radici a Rovereto, comune della provincia autonoma di Trento. Al momento si trova a Kabul, in Afghanistan, per partecipare a un progetto di formazione promosso da Emergency e realizzato in accordo con il Ministero dell'Università. “La situazione qui è, per fortuna, abbastanza tranquilla, non ci sono grandi stravolgimenti, se non le problematiche collegate al recente terremoto che hanno martoriato un Paese che è già in difficoltà”, ha spiegato il 29enne a ‘Fanpage’.

Ma questa non è stata la sua prima esperienza umanitaria all’estero. Nel 2019, Riccardo è stato il primo studente erasmus italiano ed europeo a trascorrere 4 mesi nella Striscia di Gaza, ospite dell’Università Islamica. Un’esperienza, questa, raccontata nel documentario “Erasmus in Gaza”, realizzato dalla giornalista Chiara Avesani e dal regista Matteo Delbò. Un documentario che ha portato a casa numerosi premi, tra cui il “Best reportage long” ai Dig Awards e presentato nel 2022 al Human Rights film Festival di Berlino.

Riccardo e la famiglia che lo ha ospitato a Gaza: “Sono giorni che non li sento, potrebbero anche essere morti”

In riferimento ai drammatici episodi di questi ultimi giorni, che hanno coinvolto proprio la Striscia di Gaza, Riccardo afferma: “È difficile mettere in ordine i pensieri. Quello che penso in questo momento è che siamo di fronte a una catastrofe umanitaria, in cui il numero delle vittime ha superato le migliaia e i bombardamenti stanno impedendo di avere la possibilità delle strutture mediche di accogliere tutti questi feriti. Ciò significa che la gente muore perché non ha la possibilità di essere curata. Le persone non solo non hanno più medicinali, ma anche carburanti per far funzionare gli ospedali”. E non avere elettricità in un ospedale vuol dire non poter usufruire delle sale operatorie: queste devono rimanere sigillate per questioni sanitarie, per cui non ci sono finestre da cui far entrare la luce. “Senza elettricità sei al buio e non operi. Se non lo fai, le persone muoiono. Nella Striscia non ricevono più cibo e acqua, si sta affamando e assetando una popolazione di oltre 2 milioni di abitanti”.

Riccardo ha concluso la sua esperienza Erasmus portandosi a casa un bagaglio di esperienze professionali, ma anche e soprattutto umane. In questi giorni ha provato a entrare in contatto con le persone che ha conosciuto durante il suo periodo all’estero, ma con scarsi risultati: “Subito dopo i primi bombardamenti, le ho sentite con difficoltà e nell'ultimo messaggio che ho ricevuto dalla famiglia che mi ha ospitato mentre ero a Gaza in Erasmus mi dicevano che stavano evacuando. Sono giorni che non li sento e potrebbero anche essere morti.

Erasmus a Gaza: la scelta è dipesa da due motivi

Ma perché proprio la Striscia di Gaza per l’esperienza formativa dell’Erasmus? “I motivi sono tendenzialmente due”, dice Riccardo. Dal punto di vista professionale, ho sempre voluto fare il chirurgo generale e d'urgenza, quindi poter andare a vedere la drammatica situazione di Gaza e vedere come si gestisce l'urgenza in un posto dove questa è quotidiana, mi è sembrata un'opportunità irripetibile per crescere. Da un punto di vista umano, invece, è stata un'esperienza utile che si rifà a un'idea di mediazione culturale. L'Erasmus è un programma unico che permette di creare una mediazione culturale fra popoli con culture, usanze, religioni diverse. Pensare di poter entrare a far parte di questo meccanismo, che crea ponti fra popoli, mi è sembrata un'occasione per cercare di dare un contributo in un luogo dove la diplomazia tradizionale non basta.

Per quanto possa sembrare strano, Riccardo è arrivato a questa opportunità semplicemente guardando la mail universitaria: “Non ho fatto altro che fare un'application per un bando emanato dalla Comunità europea, accolto dall'Università degli Studi di Siena, presso cui studiavo Medicina all'epoca. E dopodiché questo è stato diramato alla comunità studentesca e io ho fatto application come si fa per altre destinazioni”.

Riccardo Corradini: “I feriti erano soprattutto giovani, ciò ha significato creare una generazione di invalidi”

Una volta lì, Riccardo ha potuto mettere in pratica i suoi studi in campo medico su tantissimi pazienti, civili che vivono in prima persona il dramma della guerra. “Sono stato anche fortunato, se così si può dire, perché sono andato in un periodo di pace, se così vogliamo definirlo, un periodo in cui ci sono state solo due escalation. Questo va considerata ‘pace’ perché se in quattro mesi si contano solo 4 giorni di bombardamenti bisogna ritenersi fortunati se si vive all'interno della Striscia.

Il 29enne spiega che, durante il suo periodo a Gaza, avvenivano le cosiddette “marce del ritorno”: gruppi che si recavano verso i confini per protestare contro lo stato di assedio che va avanti da più di 16 anni. Questo ha portato a un gran numero di feriti e, in alcuni casi, di morti. “Avevamo questo tipo di pazienti che arrivavano dal confine con ferite d'arma da fuoco che, in tanti casi, necessitavano dell'amputazione degli arti. Considerato che la maggior parte erano giovani, ciò ha significato creare una generazione di invalidi.

Racconta Riccardo: “Hamas ha il controllo della Striscia, è il governo locale. Nel momento in cui ho dovuto fare il visto, sono andato in un ufficio gestito dalla loro autorità, non ci sarebbe stato altro modo. Ma tutte le persone che ho curato io erano civili, assolutamente, e non hanno mai avuto legami chiari con Hamas”.

I bombardamenti a Gaza: “Bisogna sperare che non tocchi a te, quella volta. Si tratta di una difesa basata sulla speranza”

Ma cosa succede quando avviene un bombardamento? Il problema, sottolinea Riccardo, è che nella zona non ci sono luoghi idonei dove nascondersi. Questo perché ormai da anni è vietato importare calcestruzzo, dunque non ci sono bunker in cui trovare riparo. In più, non esiste neanche un sistema di rilevazione dell’attività aerea sui cieli di Gaza, il che rende complicato se non impossibile prevedere un attacco. “Di fatto, quando cominciano le escalation, sai che prima o poi arriva e bisogna sperare che non tocchi a te, quella volta. Si tratta di una difesa basata sulla speranza.

Per quanto riguarda invece il documentario sulla sua esperienza, Riccardo parla di un’esperienza collettiva. Il protagonista del documentario non sono io, io sono stato il mezzo con cui si arriva a conoscere tutte le persone con cui mi sono rapportato. È stato un momento in cui ci siamo scoperti come amici e come colleghi, mettendo di fronte al dramma di Gaza, il mio rapporto con loro, come il conoscendosi, capendosi reciprocamente, volendo ascoltare, come tutto questo porti a stare bene e a fare progressi anche professionale e aiutare delle persone”.