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camilla fezzi
Fonte foto: VeronaToday


Da Verona al California Institute of Technology (Caltech), con il sogno di dare un contributo nella lotta contro il cancro. Camilla Fezzi ha solo 19 anni ma ha le idee piuttosto chiare.

La studentessa, che ha superato il test per entrare in 19 università tra Stati Uniti e Regno Unito, è la prima italiana (e l'unica europea) tra i 220 studenti selezionati dal Caltech, a varcare i cancelli del prestigioso ateneo californiano.

Sta frequentando una doppia laurea in biologia e chimica, dando così sfogo a quella passione per le materie STEM scoperta tra i banchi del liceo classico.

Indice

  1. La passione per le STEM scoperta tra i banchi del classico
  2. La svolta
  3. La vita di una studentessa del Caltech

La passione per le STEM scoperta tra i banchi del classico

Intervistata da La Repubblica, Camilla spiega come è arrivata fin qui: “La vita è fatta di rinunce. Ho rinunciato al tempo per me, alle mie amicizie, alla mia vita sociale. Ma non cambierei nulla di quello che ho fatto. Con meno fatica avrei ottenuto gli stessi risultati? Non lo so. 

Preferisco essere un razzo con i paraocchi e continuare ad andare avanti. Sono orgogliosa di essere qui. Caltech è l’università con più premi Nobel del mondo sebbene sia un campus piccolissimo. Ci sono tre studenti per 1 insegnante”.

Tra i banchi del liceo classico, la studentessa ha scoperto un'innata passione per le materie scientifiche, raccontando un aneddoto in particolare: “Durante una lezione di genetica, la nostra professoressa di chimica ha iniziato a spiegare il DNA.

In quel momento ho capito qual era la mia missione: scoprire perché il DNA muta. La genetica è come una danza perfetta, in cui il DNA si replica, si duplica. A volte però questa perfezione si interrompe. Un errore, un altro errore, un altro ancora. La cellula muta.

E le mutazioni causano il cancro. La danza diventa imperfetta, va capita e riparata. Seduta alla mia scrivania ho deciso che avrei dedicato la mia vita a quella danza imperfetta, che un po’ mi assomiglia. Io sono piena di errori”.

Così la giovane scienziata in erba comincia a collezionare libri di genetica avanzata, biologia del cancro, filosofia della scienza: “Mia mamma voleva solo la mia felicità, mi diceva: 'mi basta che prendi 6 a scuola'.

E mi veniva a togliere la sedia per farmi smettere di studiare. Ancora oggi mi scrive: sto venendo a toglierti la sedia.

Mio padre, che ama le metafore calcistiche a un certo punto, mentre eravamo a Merano in seggiovia mi ha detto: tu devi giocare in un altro campionato. Devi andare negli Stati Uniti. Tornata a casa, tolti gli sci, ho scritto su Google: “come entrare nelle migliori università del mondo”.

La svolta

Ma è solo quando Mauro Ferrari, lo scienziato Ceo dello Houston Methodist Research Institute, ha messo piede nella sua scuola, che la vita di Camilla è cambiata: “È arrivato con gli stivali texani, una camicia rosa e il cappello dal cowboy. Ha raccontato la sua vita. Più parlava e più io mi illuminavo. Dopo la conferenza gli ho scritto una mail. È diventato il mio mentore.”

Da quel momento in poi, la studentessa ha iniziato a preparare due piani: “Il piano A: entrare nelle migliori università del mondo. Per tre anni ho lavorato con il supporto della piattaforma Crimson Education, che aiuta a fare le application.

Il piano B: entrare nelle facoltà di medicina italiane. Puntavo al top. Così quell’obiettivo è diventato la mia vita. Ho cominciato a fare 8.000 cose, perché per passare le application devi fare summer school, superare esami in inglese, fare volontariato e sport.

Negli Usa non vieni valutata solo per i risultati scolastici. Il loro è un holistic approach: guardano chi sei, cosa fai, quali sono i tuoi obiettivi e la tua storia”.

Un lungo programma preparativo, mesi in cui Camilla scrive circa 60 saggi. Poi la chiamata alla Caltech: “Trasferirmi così lontano da casa non è stato un cambiamento, ma una scoperta. Ho trovato il mio oceano. In Italia mi sono sempre sentita un pesce fuor d’acqua, come se non appartenessi alla realtà che mi circondava.

Mi sono sentita quella strana, quella sbagliata, per molti anni. Sono stata isolata, spesso nessuno mi rivolgeva la parola, è stato un periodo molto complesso per me. Mio padre mi diceva che i miei coetanei avevano paura ad avvicinarsi.

Ma io non ero un mostro, ero una persona che amava i libri. Mentre loro amavano il telefono. E ora finalmente qui, in questa bolla di nerd, io mi sento compresa. Perché qui sono tutti come me…”.

camilla fezzi caltech
Fonte foto: DailyVerona


La vita di una studentessa del Caltech

Adesso Camilla frequenta il primo anno. Al terzo anno farà domanda per il programmi MD-PhD, programma unico di doppia laurea dove gli studenti conseguono sia una laurea in medicina (MD) sia un dottorato di ricerca (PhD).

Ma non è stato tutto semplice: “Il giorno che sono arrivata qui è stato il giorno più felice. Mi avevano preparato una giornata tutta per me. Qui non sono un numero. Sono Camilla, l'italiana col cavallo”.

Sì perché anche oltre oceano Camilla continua a coltivare la passione dell'equitazione, avendo portato in California anche la sua cavalla, Deesse, che vive a 10 minuti dal campus: “È la mia compagna in California. Ha più di un significato sportivo, è una parte fondamentale della mia vita e del mio benessere. Qui ho creato un club di equitazione”.

Ecco la sua giornata tipo: sveglia alle 06:00 per andare a cavallo, poi lezione in aula, dalle 08:00 alle 12:00, e di corsa in laboratorio, dalle 14:00 alle 17:00. Senza dimenticare gli impegni extra: il volontariato e le gare di equitazione.

Ha anche pubblicato un libro, 'La genetica delle razze' e creato un sito dedicato ad aiutare chi come lei vorrebbe intraprendere questo percorso: “La mia più grande difficoltà? È capire che sono abbastanza. Capire che vado bene così. Combatto ogni giorno contro il mio perfezionismo. 

Ma Caltech ti insegna che si può essere imperfetti. E ora inizio ad accettarlo. Perché l’obiettivo non è la perfezione. È imparare. Cercando - come diceva San Giovanni Paolo II - di prendere in mano la mia vita e di farne un capolavoro”.