
Il professore è stato condannato dalla Corte dei Conti lo scorso marzo per via dei guadagni ottenuti dal lavoro come libero professionista che gli avrebbe fruttato negli anni circa 370mila euro. Le carte del processo, riportate da 'la Repubblica', d'altronde parlano chiaro. Nel testo si parla di ”attività mai autorizzate per il lungo arco temporale di 17 anni”: l'università di Bologna infatti era totalmente all'oscuro del 'doppio lavoro' del docente.
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Il prof si difende: “L'università non poteva non essere a conoscenza”
Il docente di Ingegneria avrebbe svolto consulenze professionali dal 1997 al 2014: ”Oltre ai redditi di lavoro dipendente per l’attività d’insegnamento presso l’Università di Bologna - si legge nella prima sentenza – il docente ha dichiarato al Fisco anche redditi diversi (da lavoro autonomo) percepiti da committenti privati”. Nel dettaglio, si parla di istituti di formazione, consulenze offerte a officine e ditte meccaniche, e perfino al Cnr. Tra le società figurava addirittura una società di automazione facente capo alla stessa università.Quelle che per il docente erano delle semplici prestazioni, per la Corte dei Conti consistono in ”vere e proprie attività libero professionali” incompatibili con il ruolo di professore ordinario. Lo stesso docente ha ammesso poi di non aver mai comunicato all'ateneo le attività extra-curricolari: ”Non ho mai fatto una comunicazione diretta, almeno che ricordi, alla mia Amministrazione, di essere titolare di partita Iva, e di utilizzarla per svolgere l’attività alla stessa collegata”.
Il professore ha poi sottolineato come ”l’Università di Bologna non poteva non essere a conoscenza” di quelle attività extra-curricolari, di cui ”il 90% consiste in consulenze tecniche richieste dai tribunali”. Un cavillo, quest'ultimo, che la Corte dei Conti ha accolto. La presidente Rita Loreto ha infatti confermato la condotta antigiuridica del professore, valutando però come idoneo il ruolo del prof come consulente tecnico d'ufficio: il docente ha così ottenuto uno sconto sul risarcimento di circa 115mila euro.