
Ha dell’incredibile la storia riportata dal Corriere della sera: sette anni fa una studentessa, manipolando alcuni pezzi di HIV per preparare la tesi di laurea in una università straniera, ha contratto il virus. Adesso la ex studentessa ha fatto causa all’università ospite e all'università italiana di provenienza. E' primo caso di contagio da virus creato in vitro. Le dinamiche del contagio non sono ancora chiare e il Tribunale di Padova ha già fissato la prima udienza.
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Il contagio in laboratorio: le dinamiche
Sette anni fa una studentessa di Padova si è recata all’estero per finalizzare gli studi universitari e qualche mese un’attività di ricerca sull’HIV ha scoperto di aver contratto il virus. La circostanza le ha distrutto la vita e tornata in Veneto per laurearsi ha sporto denuncia a entrambi gli atenei, quello italiano di partenza e quello ospitante. Competente per l’ateneo italiano è il Tribunale di Padova, al quale ha chiesto un risarcimento milionario.Se la notizia viene confermata si tratterebbe del primo contagio avvenuto in laboratorio con un virus ricreato in vitro e non circolante nella popolazione. L’avvocato Antonio Serpetti ha inoltre sottolineato che il virus è “curabile ma con più difficoltà” perché i farmaci disponibili sono stati sviluppati sui virus circolasti. La vicenda giudiziaria è nelle fasi preliminari, anche se i giudici hanno già fissato la prima udienza. Per adesso, stando alla sequenza genetica della perizia di parte, il virus contratto dalla donna coincide con quello ricostruito in laboratorio.
L’infezione: la vicenda secondo i virologi di parte
"Voglio sottolineare che siamo nella fase iniziale dell'iter, quindi le nostre valutazioni, seppur di altissimo livello, dato che le analisi sono state effettuate i laboratori molto prestigiosi, sono pur sempre valutazioni di parte. Ora spetta al giudice nominare un perito che effettuerà ulteriori valutazioni e quindi potrebbero ipoteticamente anche determinare un'impostazione diversa", afferma così l’avvocato dell’assistita spiegando che la studentessa si è trovata a utilizzare alcune parti inattivate di virus Hiv, che però, secondo i loro esperti virologi, si sono ricombinate trasformandosi in infettanti, determinando il contagio.Alla domanda “Cosa è accaduto?” risponde così: “Saranno le indagini a fare luce sulla vicenda. Sta di fatto che la mia cliente si è infettata ed è profondamente provata e sofferente, anche se sono passati 5 anni dalla scoperta. La sua vita è stata stravolta".