
Tre anni di indagini hanno portato alla luce quanto già denunciato da diverse studentesse. Un primario di un ospedale di Pavia è finito al centro di un'inchiesta che lo vede indagato per molestie sessuali.
Il medico che è anche docente dell'università di Pavia avrebbe infatti abusato della sua autorità ai danni di 11 specializzande del corso di Medicina.
All'epoca dei fatti – che risalgono al 2021 -, il procedimento disciplinare dell'ateneo finì con l'archiviazione; l'indagine penale, invece, è proseguita fino ad oggi, evidenziando un quadro inquietante.Leggi anche:
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Molestie e comportamenti sconvenienti
Il caso è chiaramente balzato agli onori delle cronache, specie dopo le recenti denunce segnalate dalle studentesse di Torino. Della vicenda si sono occupati i carabinieri del capoluogo lombardo che hanno raccolto tutti i questionari anonimi in cui le studentesse denunciavano le molestie. Poi, le forze dell'ordine hanno inviduato una per una le specializzande e la versione fornita sarebbe stata molto simile tra tutte loro: molestie fisiche, simulazioni di posizioni inequivocabili in cui venivano simulati atti sessuali oltre a toccarle e palpeggiarle. Il quotidiano 'Il Giornale' sottolinea che questi atti sarebbero avvenuti specialmente durante alcune lezioni sugli esami diagnostici.
L'appello dell'UDU: “Le università sempre più insicure, soprattutto per le studentesse”
A proposito della vicenda, gli stessi studenti hanno già preso posizione: “Questo caso non è un evento isolato, ma l'ennesima manifestazione di una problematica strutturale profondamente radicata nel sistema accademico e sanitario italiano. La nostra recente ricerca "La tua voce conta" ha evidenziato con chiarezza che le molestie e le violenze di genere rappresentano una problematica sistemica all'interno delle università italiane” dichiara Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu.
“Con l’indagine – ricorda Piredda – abbiamo ricevuto risposte di oltre 1500 persone e 300 testimonianze in meno di un mese. Abbiamo constatato come più del 20% dei rispondenti non consideri le università italiane come luoghi sicuri. È inaccettabile che il 34,5% degli intervistati sia a conoscenza di episodi di molestia o violenza negli spazi universitari, con i docenti indicati nel 48% dei casi come i principali responsabili. Questi dati non sono sorprendenti, ma confermano ciò che denunciamo da tempo: la cultura patriarcale pervasiva favorisce un ambiente in cui l'abuso di potere e le violenze sessuali sono minimizzati, ignorati o peggio, normalizzati. Le università, luoghi dove dovrebbe prevalere il sapere e il rispetto reciproco, si trasformano così in posti insicuri, soprattutto per le studentesse”.
Per questo motivo l'UDU rilancia la proposta di alcune misure volte a mettere fine a questi episodi. Nel dettaglio, gli studenti chiedono la nomina di una Consigliere di Fiducia in ogni ateneo, l'implementazione di presidi antiviolenza efficaci e l'obbligo di percorsi formativi sull'educazione al consenso per studenti, docenti e personale.
Sul caso è poi intervenuta anche Vittoria Pompilio D’Alicandro del Coordinamento per il Diritto allo Studio – Udu Pavia: “Quanto successo dimostra ancora una volta che le denunce delle vittime vengono spesso sottovalutate o ignorate, lasciando i colpevoli in una posizione di potere e le vittime in uno stato di vulnerabilità e paura. L'archiviazione del procedimento disciplinare senza ulteriori azioni ci preoccupa perché troppo spesso abbiamo notato una certa riluttanza delle istituzioni a prendere posizioni ferme contro gli abusi, privilegiando l'immagine dell'ente rispetto alla giustizia e alla sicurezza degli individui”.
“Non possiamo più tollerare che la possibilità di frequentare l’università sia compromesso dalla paura e dall'insicurezza. È tempo di agire, affinché le università diventino ciò che dovrebbero sempre essere: luoghi di crescita, formazione e sicurezza per tutti e tutte. L'UDU continuerà a lottare per un cambiamento culturale e strutturale, affinché episodi come quello accaduto a Pavia non restino impuniti e non si ripetano mai più. Il silenzio e l'inattività non sono più opzioni accettabili” conclude Pompilio D’Alicandro.