ImmaFer
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Discute la tesi di laurea con il figlio in braccio

Durante la discussione della sua tesi di laurea, Alice si è ritrovata con il figlio di cinque anni tra le braccia. Un gesto spontaneo, tenero e potente che non era stato previsto, ma che ha finito per diventare un simbolo.

Sì, perché con quella scena – inattesa ma profondamente naturale – la studentessa ha mandato, più o meno volontariamente, un messaggio: si può essere madri, studentesse, lavoratrici e cittadine attive senza dover rinunciare a nulla.

Indice

  1. Il coinvolgimento del bambino
  2. Una seconda laurea, con un obiettivo preciso
  3. Una laurea “in famiglia”
  4. Oltre al ruolo di mamma e studentessa c'è anche l'impegno politico
  5. Un abbraccio che ha detto tutto

Il coinvolgimento del bambino

L’episodio è avvenuto all’Università di Verona. La donna, 42 anni, insegnante di scuola primaria e consigliera comunale, stava discutendo la tesi in Scienze Storiche – la sua seconda laurea – quando il suo bambino, dopo averla osservata camminare nervosamente per l’aula, si è avvicinato e l’ha abbracciata.

“Lui ha percepito che ero tesa, concentrata sulla discussione della tesi”, ha raccontato al 'Corriere del Veneto', “Sentivo che girovagava per la stanza, ma mai avrei immaginato che venisse lì con me. A casa, quando stavo preparando il discorso sulla condizione della donna nella storia, talvolta anche lui ripeteva con me”.

Una seconda laurea, con un obiettivo preciso

Non è un ritorno casuale tra i banchi dell’università quello di Alice. Dopo la laurea in Scienze Diplomatiche, ottenuta nel 2009 a Padova, ha infatti scelto di tornare a studiare per inseguire un sogno: insegnare storia e filosofia alle scuole superiori. Da qui l'idea di di iscriversi a Scienze Storiche, indirizzando la propria tesi sul ruolo della donna nella storia.

“È emerso che nella storia la figura della donna è stata relegata all’angolo, in una condizione di subordinazione”, ha spiegato, “E anche se oggi il ruolo della donna sta cambiando, la strada è ancora lunga. Lo ha dimostrato uno degli ultimi rapporti Inps secondo cui le donne occupano solo il 21,1% delle posizioni apicali. Bisogna parlare di questo e nella mia situazione perché io voglio lanciare un messaggio: che le donne possono essere libere di lavorare, di essere mamme, di essere studentesse se vogliono continuare a studiare e di portare avanti tutto questo senza sentirsi in colpa”.

Una laurea “in famiglia”

Il percorso non è stato semplice. Ma è stato condiviso: grazie al supporto ricevuto dal marito e dai nonni, che le hanno permesso di ritagliarsi lo spazio per studiare anche nei momenti più complessi.

Mio marito mi ha permesso, insieme ai nonni, di portare avanti questa mia passione per lo studio: si faceva carico delle mansioni quotidiane, dalla cura della casa alla gestione di nostro figlio. Con lui c’è una piena condivisione delle faccende domestiche”.

Una routine, quella degli ultimi anni di vita di Alice, fatta di serate passate sui libri dopo aver messo a letto il bambino e di weekend dedicati allo studio mentre il papà si occupava del piccolo. Tanto che, alla fine, anche il bambino aveva iniziato a familiarizzare con i contenuti della tesi.

“Le racconto un aneddoto: quando stavo preparando il discorso di laurea, ogni tanto ripetevo con il piccolo vicino e lui ha cominciato a ripetere le mie parole. Praticamente stava imparando anche lui l’abstract della tesi”.

Oltre al ruolo di mamma e studentessa c'è anche l'impegno politico

Accanto al lavoro da maestra e allo studio, poi, c’è anche l’impegno civico. Alice, come detto, è consigliera comunale nel suo paese, dove si occupa in particolare di iniziative rivolte alle donne e alle giovani madri.

“Aiutiamo le neo mamme a superare le difficoltà che si presentano nei primi giorni di vita dei figli, le accompagniamo nel percorso; abbiamo istituito anche il festival Ipazia, giunto alla quarta edizione, che premia le donne che si sono distinte per le loro gesta, in ambito politico, sociale o culturale”.

E come riporta ancora il ‘Corriere del Veneto’, tra le sue proposte future c’è anche quella di occuparsi direttamente delle Pari Opportunità, se le venisse affidata la delega. Le idee sono già chiare. “Rimuoverei gli ostacoli invisibili: farei in modo di abbassare le rette degli asili nido o addirittura di renderli gratuiti. Si stima che il 75% del lavoro di cura delle persone, bambini e anziani, sia sulle spalle delle donne. Bisogna intervenire per cambiare la mentalità, la cultura. Cercherei anche di mettere in atto politiche che equiparino il congedo parentale tra madre e padre”.

Un abbraccio che ha detto tutto

Un supporto decisivo, racconta, è arrivato anche da chi lavora con lei e dalla comunità locale. “Le mie colleghe di lavoro, di amministrazione mi hanno sempre incoraggiato. Ho ricevuto sostegno anche da chi non aveva una laurea alle spalle. Abbiamo bisogno di punti di riferimento. È fondamentale”.

E mentre lei parlava alla commissione, quel piccolo abbraccio ha fatto il resto: “Gli abbiamo spiegato cosa stesse per accadere e sono stata io stessa a volerlo con me in un momento così significativo, perché tenevo molto ad avere accanto tutte le persone più importanti della mia vita”.

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