paolodifalco01
di paolodifalco01
Autore
13 min lettura
Marco MaisanoTutto è iniziato dopo il liceo quando è partito insieme ad un suo amico per un viaggio in Nepal e da allora ha deciso di non fermarsi più.

Stiamo parlando di Marco Maisano che a 34 anni oggi, dopo aver fatto diversi reportage in Medio Oriente e in giro per il mondo da inviato de Le Iene e di Nemo - Nessuno Escluso, ha condotto un programma televisivo su TV8, Piacere Maisano, e ha realizzato ben quattro podcast per OnePodcast: The Italian Job, I Will Survive, Fantasma – Il caso Unabomber e Ma perché?.

Marco nella nuova puntata del podcast di Skuola.net, #FuoriClasse, ci ha parlato di com'è nata la sua passione per il giornalismo e come in tutti i progetti che porta avanti cerca di partire dalle basi per spiegare quello che a prima vista potrebbe sembrare complesso.

La passione per il giornalismo

Come ci dice subito, lui era "uno studente molto curioso ma non particolarmente attento allo studio in senso stretto: non sono mai stato, come si dice, un secchione. Al contrario ho sempre cercato di portare a casa la pagnotta, di prendere la sufficienza...Non ho mai brillato particolarmente nei voti se non nelle materie che mi interessavano di più a cui mi dedicavo molto anche al di fuori dei programmi scolastici comprando libri e facendo altri tipi di approfondimenti".

A differenza dello studio, quella per il giornalismo è stata sempre una vera e propria vocazione e per seguirla, al secondo anno di università, si è trasferito in Marocco. "Avevo voglia di fare un'esperienza che mi permettesse di apprendere la lingua che avrei poi voluto utilizzare per fare questo lavoro ovvero l'arabo. Impararlo per me era fondamentale perché desideravo diventare un giornalista che avesse modo di raccontare al meglio, quindi grazie anche alla lingua, il Medio Oriente". Potremmo sicuramente dire che "il Marocco è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: io non ho mai avuto l’ambizione di fare il giurista ma volevo fare il giornalista e questo il Marocco me lo ha comunicato chiaramente".

I primi passi in Medio Oriente, l'esperienza da inviato e da conduttore

Diventare giornalista non è qualcosa di facile soprattutto in Italia dove bisogna anche iscriversi all’albo dei giornalisti, "questo, se vogliamo, è utile per certi versi ma è anche una formalità visto che nella maggior parte del mondo occidentale non c'è nessuna iscrizione ad un ordine specifico. Per me imparare il mestiere era un elemento fondamentale e, da una parte, ho fatto un po' da solo, mentre, dall’altra, ho cercato di imparare da quelli che erano più bravi di me. In sostanza possiamo dire che viaggiando ho sempre cercato un maestro. Com'è stato? A tratti traumatico così come la mia prima volta in Medio Oriente a Israele: un'esperienza traumatica ma bellissima".

Dopo il primo documentario autoprodotto in Iraq per l’agenzia inglese Journeyman Picture è arrivata anche l’esperienza da inviato per il programma televisivo Le Iene. Il suo esordio avviene con un servizio in cui intervista tre terroristi dell’ISIS detenuti all’interno di un carcere in Iraq. "E’ stata un'esperienza a livello produttivo molto strana perché il pezzo non c'era: noi sostanzialmente ci stavamo rinunciando visto che i contatti che avevo preso si erano rivelati, come spessissimo accade, deboli e non in grado realmente di farci arrivare a chi poteva decidere o meno di farci incontrare questi detenuti. Alla fine avevo quasi rinunciato ma poi l'ultimo giorno, a non più di sei ore prima della partenza del volo, veniamo chiamati e ci viene detto 'potete venire subito’ e noi siamo corsi subito lì con le valige".

"Se devo essere sincero, non mi sono vissuto veramente quell'esperienza visto che è stata una grande corsa. Spesso questo lavoro è così: è molto meno romantico di quello che ci aspettiamo. Le gratificazioni raramente coincidono con il momento in cui stai registrando visto che mentre sei lì pensi a come raccontare meglio la storia, a cosa ti serve per raccontarla bene, a come convincere una persona a parlare...Insomma tutta una serie di cose che hanno a che fare con questo lavoro e con la resa del prodotto finale".

All’esperienza da inviato nel 2019 si è affiancata quella da conduttore su TV8 con il suo programma Piacere Maisano, "una grande soddisfazione per me e per chi mi seguiva come Alessandro Casati, un bravissimo autore televisivo. E' stato bello perché ho potuto sperimentare come provare a fare informazione senza annoiare: l'idea era quella di rendere semplici e chiari dei concetti che poi magari non lo sono a prima vista nella mente di chi ti ascolta. Questo l’abbiamo fatto attraverso l'utilizzo di grafiche particolari e di quelle domande che poi alla fine tutti si fanno".

"Io credo che un bravo giornalista si debba fare anche "portavoce" delle esigenze di chi ascolta: c’è bisogno che tu faccia anche le domande che in qualche modo le persone farebbero in modo da soddisfare anche la curiosità di chi ascolta che spesso è non ne sa molto e per questo bisogna partire dalle basi. Ecco, un bravo giornalista racconta bene le basi: Piacere Maisano infatti era un programma fieramente basico".

Fantasma: il podcast con cui ha fatto riaprire le indagini sul caso Unabomber

All’anno scorso, invece, risale il suo approccio al mondo dei podcast con The Italian Job, I Will Survive e Fantasma – Il caso Unabomber. Quest’ultimo, in particolare, ha portato a novembre del 2022 alla riapertura delle indagini sul caso chiuso nel 2009. "Come sempre, ho iniziato ad occuparmi di questa storia grazie ai rapporti umani che si creano facendo questo lavoro. Rapporti, in questo caso, pregressi visto che un carissimo amico che nella vita fa il regista, Ettore Mengozzi, mi aveva parlato di questo caso che io ricordavo nei suoi aspetti emotivi: i miei, per esempio, mi dicevano di non raccogliere cose a terra perché ce n'erano alcune che erano esplose".

"Con lui che ne sapeva già più di me mi sono messo a studiare e poi alla fine abbiamo deciso di provare a raccontare questa storia attraverso un podcast. Io ho sempre sentito dentro di me l'esigenza di provare a fare un passo in avanti che non necessariamente voleva dire all'epoca riaprire le indagini anche perché non sta di certo al giornalista farlo ma, provare a fare un piccolo passo in avanti sì. Così per via di una serie di circostanze legate in gran parte alla fortuna e alla fiducia di un procuratore che mi ha permesso di entrare all'interno di un archivio ormai quasi dimenticato abbiamo ritrovato dei reperti. Adesso vedremo se riusciranno a trovare delle tracce di DNA che verrà messo a disposizione della banca dati e degli indagati che all'epoca non lo avevano fornito perché probabilmente non gli era stato richiesto".

Un podcast che ha avuto un impatto concreto anche se, come ci tiene a specificare Marco, "non credo tanto che stia al giornalista avere un impatto nella realtà: il mio lavoro, almeno per come la vedo io, è raccontare una cosa. Dopodiché se raccontandola riesci ad avere un pezzetto in più di quella storia che non era stata raccontata e quel pezzetto in più impatta nella realtà sono felicissimo. L’ambizione personale però non è quella: io non ho mai pensato nella vita di chiedere la riapertura di qualche indagine. In tutto questo inoltre ci sono due persone, due vittime loro malgrado di Unabomber, Francesca e Greta, ed è con il loro supporto fondamentale che io ho chiesto la riapertura delle indagini".

La nuova avventura con Ma perché e quel mestiere che continua ad affascinarlo

Come ci tiene a sottolineare "un altro esempio di prodotto basico è Ma perché ovvero un podcast che prova a darti una risposta ad una domanda che tu non ti sei fatto perché non hai avuto modo quasi di fartela visto che ormai l'informazione è satura. Questo non è una cosa del tutto positiva visto che, tra l'altro, è satura anche di prodotti assolutamente inutili che poco hanno a che fare con il giornalismo. Nonostante questo le notizie arrivano: siamo bombardati da titoli che vengono considerati come un fatto assodato e raramente ti viene spiegato cosa c’è dietro. Così ho pensato che ci fosse questa necessità di spiegare, di approfondire. Ovviamente le risposte non le dò io ma un esperto diverso giorno per giorno".

Tornando su quel mestiere che tanto lo affascina sottolinea come lui non ha seguito una strada precisa e quindi a chi si approccia a questa nuova professione rischierebbe di "dire solamente banalità oppure di dare consigli sbagliati: credo che la cosa fondamentale sia crederci. Questo sta diventando purtroppo un lavoro da ossessionati visto che non è così semplice fare il giornalista in Italia: evidentemente è possibile però così come per molti altri lavori si è deteriorata la possibilità di farlo seguendo un percorso definito. Quindi il mio consiglio è quello di lanciarsi se si sente veramente che questa è la propria passione, per me è stato così: a me tutti dicevano che non era il caso ma io volevo fare il giornalista e per questo ho tentato di farlo fino all'ultimo".

Paolo Di Falco

Data pubblicazione 28 Aprile 2023, Ore 13:35 Data aggiornamento 28 Aprile 2023, Ore 13:36
Skuola | TV
E ADESSO? La verità su cosa fare dopo la maturità

Rivedi lo speciale di Skuola.net e Gi Group dedicato a tutti i maturandi che vogliono prendere una decisione consapevole sul proprio futuro grazie ai consigli di esperti del settore.

Segui la diretta