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scuola 2022 2023"Occorre investire sull'istruzione. La misura è decisiva per il futuro dell'Italia. La scuola dovrà essere al centro dell'attenzione del nuovo governo". Questo è quanto sostiene la Fondazione Agnelli che ha riassunto, in un dossier alcuni dati sulla realtà della scuola italiana. Vediamo meglio nel dettaglio di cosa si tratta.

Sfatare i luoghi comuni sulla scuola

Il dossier, curato da Barbara Romano, con elaborazioni su dati di Ragioneria dello Stato, ministero dell'Istruzione, Eurostat e Ocse, cerca di dare risposta a quattro domande in particolare, se è vero che la spesa pubblica per la scuola è diminuita negli ultimi anni, se l'Italia spende meno di altri Paesi europei, se in questi anni gli insegnanti sono diminuiti e se è vero che le loro retribuzioni sono più basse rispetto a quelle dei colleghi europei.

La spesa pubblica sull'istruzione: 75mila euro per ogni singolo studente

Per ogni singolo studente tra i 6 e i 15 anni l'Italia spende circa 75mila euro, a parità di potere d'acquisto, collocandosi sopra la media europea di 71mila euro. "Questo avviene - spiega la Fondazione Agnelli - anche perché l'Italia non ha modificato la sua quota di spesa anche a fronte del declino demografico della popolazione studentesca". Un declino importante: perdiamo il 12,8% degli alunni in dieci anni, dal 2020 al 2030.

Crescono i docenti precari

Il numero degli insegnanti non risulta diminuito ma, nell'insieme, costantemente aumentato. Il corpo insegnante, sottolinea il dossier è, però, sensibilmente cambiato nella sua composizione interna. Sono leggermente diminuiti gli insegnanti di ruolo (poco meno di 700mila), principalmente per via dei pensionamenti. Sono, invece, più che raddoppiati i docenti a tempo determinato: l'anno scorso 225mila, incluso il sostegno, rispetto ai 100mila subito dopo la Buona Scuola.

Boom di supplenze sul sostegno

Soprattutto sono cresciuti gli insegnanti di sostegno a tempo determinato (122.000 nel 2021- 22). In 10 anni la percentuale di docenti di sostegno a tempo determinato sul totale del sostegno è aumentata, passando da un terzo a quasi due terzi. La maggioranza di questi, però, non ha una preparazione specifica.

“Va sottolineato – si legge nell’analisi – come l’aumento del personale di sostegno sia avvenuto grazie al crescente impiego di docenti a tempo determinato (in dieci anni passati dal 39 al 61% del totale del sostegno), la stragrande maggioranza dei quali, però, non sono in possesso di una specifica preparazione, con rischi gravi non solo per la continuità didattica, ma per la qualità del processo di inclusione degli allievi con disabilità"

Retribuzioni degli insegnanti inferiori alla media europea

Infine, per quanto riguarda le retribuzioni, dalla ricerca emerge che quelle dei docenti italiani sono inferiori a quelle della maggioranza degli altri paesi europei. In particolare, mentre nei primi anni di professione la forbice retributiva a sfavore dei nostri docenti non è enorme (25mila euro circa in Italia, con Francia, Portogallo e Finlandia comunque sotto i 30mila euro, con la Germania, però, nettamente sopra i 50mila euro), la differenza nel corso degli anni di lavoro si è accentuata sensibilmente. Le retribuzioni dei docenti italiani, sono poco dinamiche, in quanto legate completamente al meccanismo di anzianità, senza alcuna progressione di carriera, che in altri Paesi porta chi sale di responsabilità a massimi retributivi talvolta molto elevati
Data pubblicazione 22 Settembre 2022, Ore 13:52
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