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ragazzo trans accusato molestieGiugno è il mese del Gay Pride, un evento nato per celebrare l'accettazione sociale e l'auto-accettazione delle persone LGBTQI+. Un modo per riconoscersi e abbattere la barriera di pregiudizi che, spesso, ancora oggi, porta a nascondersi, a essere condizionati dalla società, dagli sguardi e dai commenti indesiderati.

Trovare la forza, in un certo senso, per essere se stessi e per cominciare finalmente a vivere, come è accaduto a L.
uno dei ragazzi transessuali di Casa +
, casa di accoglienza di Croce Rossa Italiana. Una vita travagliata, fatta di bullismo e minacce di morte, soprattutto da parte della famiglia che non ha mai voluto accettare il suo status di ragazzo trans. “Ero stanco di vivere ma volevo vivere”: una frase che caratterizza tutto il percorso svolto da L. che oggi vorrebbe solo riuscire a trovare la serenità che merita. Vorrei poter essere finalmente me stesso e questo significa portare avanti la mia transizione”.

“Grazie a un amico ho capito di essere trans”: la storia di L.

L. ha 22 anni e da nove mesi vive all’interno di Casa + dopo essere scappato da una situazione familiare che non gli permetteva di vivere in tranquillità. E’ nato donna e ha sempre vissuto la sua sessualità naturalmente, preferendo le macchinine alle bambole e avendo atteggiamenti “più maschili”. “Non era una cosa tanto netta - ci racconta - non sapevo cosa volesse dire essere trans”. Tutto inizia a cambiare a 15 anni, quando un amico gli confessa di essere un ragazzo trans: “E io ho risposto. “Che cos’è? Spiegami”. “Io sono un ragazzo” mi dice. Non mi faceva strano, anzi, ho iniziato a pensare che esisteva qualcosa che somiglia a quello che sentivo io”.

Ha iniziato a prendere consapevolezza del suo status, ma per non creare problemi aveva deciso di tenerlo per sé. Primo del suo coming out, L. viveva una doppia vita: “Avevo paura di dire certe cose a casa, quindi al di fuori ero un ragazzo, con i miei amici ero un ragazzo, ma con i miei familiari tornavo a essere una donna”. Raggiunta la maggiore età, però, decide di doversi liberare da questo peso: “Non volevo più mentire, ho fatto coming out perché stavo esplodendo”.

“Ho fatto coming out con la mia famiglia: mi hanno minacciato di morte”

Il momento del coming out per L. è arrivato di getto, dopo anni di silenzio e paura. Con gli amici è stato semplice: “Mi hanno sempre appoggiato in tutto. A volte erano loro a dire a me certe cose. Quando ho comunicato che ero un uomo trans, mi hanno detto “Noi lo sappiamo già”. Con loro l’ho vissuta molto diversamente. I miei non se lo aspettavano. L. fa fatica a parlare della sua storia familiare. La crepa che si è creata dopo la sua confessione è stata tanto inaspettata quanto dolorosa. “I miei mi hanno guardato con degli occhi indescrivibili, come se avessi ucciso qualcuno. Lo stesso sguardo di quando in televisione vedi un assassino e fanno vedere la sua faccia. Sapevo sarebbe andata male. Ma non mi aspettavo quello che sarebbe avvenuto dopo”.

La situazione in famiglia degenera drasticamente quando vengono coinvolti anche altri componenti: “Non mi aspettavo di arrivare al punto di non uscire più di casa. Ho passato quasi due anni chiuso in casa da solo e c’è chi mi ha anche minacciato di morte. Mi dicevano: “Questo dispiacere a tua mamma non lo avrei dato. Perché non ti sei ammazzato?!”. Dolori indelebili che L. porta con sé anche nel suo racconto. Quasi giustificandosi ci dice: “Non potevo fare altrimenti, se non fossi stato me stesso non sarei mai stato felice. Essere me stesso per me è la transizione, e vivere in un certo contesto, vivere non essendo considerato donna”.

Le discriminazioni a lavoro: “Mi hanno accusato di molestie sessuali”

Dopo due anni chiuso Ero stanco di vivere ma volevo vivere, quindi sono scappato di casa - ci racconta. L. decide di andare via dalla sua città e di provare a cercare un lavoro fuori. Diventa cameriere ai piani di un albergo ed è qui che iniziano i seri problemi: “All’inizio mi danno la divisa da donna, ma io volevo lavorare quindi accetto. Al lavoro mi davano sempre del femminile, e anche in quel caso non ho mai detto nulla. Il peggio arriva quando sono dovuto andare a vivere nell’appartamento con le altre lavoratrici, perché non mi avevano mandato dal lato degli uomini. Le donne mi vedono, capiscono, e mi accusano di molestie sessuali solo perché sono un ragazzo e non posso stare dove ci sono le ragazze”. L. prova a spiegare la situazione, affermando che quanto accaduto non era stato frutto della sua volontà, ma le colleghe non hanno voluto sentire ragioni: Sono andate dal capo e hanno detto che io avevo molestato sessualmente una delle residenti perché sono trans”.

Il datore di lavoro prende immediatamente le difese delle ragazze, senza chiedere il parere di L. che si è trovato accusato ingiustamente. “Non ho avuto la possibilità di parlare, perché il capo si è arrabbiato. Alla fine sono stato licenziato e sono dovuto tornare a casa”.

“Ho perdonato i miei genitori ma non dimentico: adesso vorrei solo poter stare tranquillo”

Dopo essere stato licenziato dal lavoro, L. decide nuovamente di dare una svolta alla sua vita e si mette in contatto con gli operatori di Croce Rossa Italiana per essere ospitato all’interno della casa di accoglienza Casa +. Da circa nove mesi vive qui con altr* ragazz* che hanno vissuto esperienze di omotransfobia e oggi vorrebbero riuscire a riprendere in mano la propria vita evitando paura e pregiudizi.

“Il mio obiettivo per ora è stare tranquillo - ci dice L. - avere la mia casetta, il mio lavoro, sentirmi uomo e stare tranquillo. Mi piace l’avventura, mi piace tutto ma prima di tutto voglio stare tranquillo”. Nel frattempo sta provando a ricostruire un legame anche con i suoi genitori: “Perdonare è facile, però non dimentico. Le cose che mi dicevano, che mi sono state fatte, non le dimentico. Posso solo provare a vedere se c’è stato un cambiamento. Un genitore che ti dice di non tornare più a casa, che ti guarda negli occhi e ti dice “Tu mi stai ammazzando” o “Hai ucciso mia figlia”, fa male, perché io sono sempre la stessa persona, non sono cambiato”.

Oggi L. è un ragazzo maturo, saldo a dei principi che tiene sempre a mente e gli consentono di razionalizzare anche su ciò che sarà: “Questa è la mia vita. E’ una e non voglio avere rimpianti. Voglio sentirmi apposto con me stesso - sottolinea. "E’ un lavoro che dovranno fare anche i miei genitori, non solo io. Ma non mi piace lasciare le cose a metà”.

casa + croce rossa
Fonte foto: Croce Rossa Italiana

Casa+, la casa di accoglienza per giovani LGBT di Croce Rossa

Casa + è il luogo in cui giovani che fanno parte della comunità LGBT, di età compresa tra i 18 e i 30 anni, riescono a trovare rifugio e sostegno a seguito di esperienze negative che li hanno portati ad allontanarsi dalla propria famiglia. Il progetto di Croce Rossa nasce nel 2016, insieme a un altro partner, per rispondere alle esigenze di protezione per vittime di omotransfobia e persone discriminate, e si evolve, nell’aprile 2021, in Casa +, un porto sicuro che offre gratuitamente ospitalità, e dove è possibile svolgere percorsi educativi e di inclusione lavorativa.

Qui, i ragazz*, come L., vengono aiutati attraverso interventi individuali e concreti che si sostanziano nel recupero delle risorse e nel reinserimento sociale, intraprendendo percorsi di crescita personale e professionale, con l’obiettivo di renderli del tutto autonomi e capaci di tornare a volare da soli.

Come si accede a Casa +? E’ possibile mettersi in contatto con gli operatori CRI di Casa + mediante il numero verde gratuito 800 065510, oppure attraverso messaggi WhatsApp al numero di telefono 370 1288375, attivo dal lunedì al sabato, dalle ore 8:00 alle 20:00.