
Ma c'è chi, come Benedetta, è rimasta incastrata in preconcetti che non le hanno permesso di continuare serenamente il proprio percorso della danza. Era una aspirante ballerina, voleva riuscire a conquistare quel mondo, ma il suo disturbo alimentare - l'anoressia prima, poi anche l'ortoressia - non le ha permesso di progredire. Ci sono voluti anni prima che Benedetta riuscisse a riprendere in mano la propria vita, a riaccendere quella luce che si era spenta e a riacquisire la libertà che i DCA le avevano sottratto. Oggi è volontaria Animenta e prova a tenere la mano a tutti quelli che, come lei, hanno trovato più di un ostacolo nel proprio percorso di crescita.
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"Volevo essere una farfalla, alla fine lo sono diventata: piccola e fragile"
La storia tra Benedetta e il suo DCA, raccontata attraverso le pagine del sito di Animenta - l’associazione no-profit creata dai più giovani per raccontare, informare e sensibilizzare sui Disturbi del Comportamento Alimentare - nasce durante l'adolescenza. Voleva essere una ballerina e il suo approccio alla disciplina, sempre così solare e appassionato, aveva portato un senso di prima stabilità emotiva con se stessa e con gli altri. Crescendo, il confronto con "gli altri", però, è diventato sempre più insistente: "giorno dopo giorno - racconta - ci sono state persone che mi hanno spinta a focalizzarmi su molti difetti fisici che fino a quel momento non avevo mai visto". Da quel momento, il cibo, con cui fino ad allora aveva convissuto con serenità, diventa il suo peggior nemico. "Ogni giorno era un togliere. Toglievo anche tutto ciò che che più mi piaceva. Qualsiasi cosa".I mesi passavano e "gli altri" iniziavano a farle sempre più complimenti focalizzati sul suo nuovo aspetto fisico: "stavo diventando leggera "come una farfalla". Ma la verità era che io non ero felice. Io soffrivo dentro, la mia anima si stava sgretolando e il mio corpo con lei". Lo specchio, ormai nemico, gli continuava a mostrare una realtà che sgradevole ai suoi occhi: "mi vedevo sempre più piccola, nonostante stessero avanzando gli anni".
L'anoressia e poi l'ortoressia: "con la pandemia ho assaporato un senso di libertà e sono guarita"
Anni trascorsi a nascondere la propria patologia, anche ai suoi genitori che non riuscivano a decifrare il suo malessere. Arrivata all'università, Benedetta ha iniziato a prendere coscienza di sé: stava cambiando anche, e soprattutto, caratterialmente: "Mi ero estraniata, non facevo altro che studiare e dare esami, mia madre non capiva cosa avessi, avevo lasciato la danza ormai da due anni perché ogni minimo movimento per me era una trauma. Insomma, mi ero resa conto che esistevo ma non vivevo".Tutto comincia a girare per il giusto verso quando Benedetta decide in autonomia di affidarsi a chi di competenza. Attraverso quella che definisce "la telefonata della mia rinascita" rivolta a un esperto del settore medico, la ragazza è riuscita a rimettere insieme i pezzi di sé che a causa del proprio disturbo alimentare aveva perso per strada. Oltre l'anoressia, infatti, a Benedetta è stata diagnosticata anche l'ortoressia, un DCA caratterizzato dall'ossessione per il cosiddetto cibo sano. Presa la corretta consapevolezza, inizia anche il suo percorso di guarigione che, paradossalmente, viene amplificato proprio durante il periodo più buio della pandemia: "Viverla da sola, lontana da casa, mi ha fatto riflettere ancora di più: ho buttato via tutto ciò che queste due malattie mi avevano lasciato e posso dire di avere assaporato il senso di libertà assoluta".