
Nessuno appoggio affettivo: la sua famiglia vive lontana da lei e non si è mai interessata al suo percorso che la porterà a diventare una donna a tutti gli effetti. Negli anni, all’interno delle mura di casa, ha dovuto fare i conti con un’infelicità radicata che non le permetteva di essere se stessa. Le avevano consigliato di nascondersi e di non dare troppo nell’occhio. Una situazione che a F., con il trascorrere del tempo, è iniziata a stare troppo stretta. Oggi vive a Casa + e sogna di poter fare la parrucchiera e di non avere più lo sguardo puntato contro da parte di clienti e passanti. E spera, un giorno, di poter adottare un bambino, a cui dare tutto l’amore che a lei è stato negato.
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Donna in un corpo di uomo: la storia di F., accolta a Casa +
Incontriamo F. (la identificheremo in questo modo per preservare la sua privacy) all’interno del cortile di Casa +, dove vive da quasi un anno. La prima impressione è subito quella di una ragazza solare, forte, determinata, pronta a tutto pur di farsi rispettare. E lo è davvero. Perché nel racconto della sua storia ci mette di fronte a esperienze vissute che l’hanno portata a diventare la donna che è oggi. Situazioni in cui, senza un appoggio, spesso da sola, ha dovuto affrontare la lontananza da casa, una famiglia pressoché assente e la consapevolezza di essere all’interno di un corpo che non riconosce. F. è nata uomo, ma si è sempre sentita donna. Già a sei anni, quando ha iniziato a capire che i vestiti “da maschio” non le appartenevano, che alle macchinine preferiva trucchi e bambole.
“Pensavo di essere gay, la mia famiglia mi chiedeva di nascondermi”
Ma la sua situazione non le è apparsa chiara da subito. In un primo momento è stata la paura a sovrastarla: “Mi sono convinta di essere un ragazzo gay perché la condizione di transessuale mi terrorizzava e non la conoscevo fino in fondo”. La sua famiglia, in un primo momento, le aveva persino dato il proprio ok dicendole: “Puoi essere gay nel letto, per fatti tuoi, ma nella vita normale devi fare la parte dell’etero”, ma sinceramente io l’attrice non l’ho mai saputa fare” - commenta la ragazza. Quel mondo non le apparteneva e ha deciso di iniziare a dare un nome a ciò che si portava dentro da anni: era una donna in un corpo da uomo che voleva iniziare il percorso di transizione. E’ andata via da casa, ha iniziato a lavorare in un locale di parrucchieri, ma della famiglia che si è lasciata alle spalle racconta poco. I genitori non hanno più voluto sapere nulla del suo desiderio di cambiare genere: “a volte mi chiamano ma tramite cellulare, quindi non vedono come sono adesso” - ci racconta.
La svolta è avvenuta a venti anni e mi sono detta “Finalmente questa sono io”
F. ha deciso di cambiare città, di crearsi una vita lontano da quella famiglia che l’avrebbe voluta “diversa” e si scopre finalmente se stessa. “A vent’anni sono riuscita finalmente a riconoscermi: ho iniziato a vestirmi totalmente da donna, mi sono guardata allo specchio e un giorno mi sono talmente piaciuta che ho detto: ‘Questa sono io. Finalmente questa sono io’”.
I pregiudizi sul lavoro: “C’è chi mi evita e preferisce altri colleghi a me”
Cambiando ambiente e città, però, ha dovuto fare i conti con una realtà non molto diversa da quella da cui proveniva: stessi pregiudizi, stesse occhiate e sguardi taglienti. F. fa la parrucchiera e i primi tempi aveva deciso di presentarsi agli altri come un ragazzo gay, per paura di non essere accettata e compresa. Adesso, a distanza di qualche tempo, e con la transizione già avviata, ha deciso di mostrarsi e vestirsi da donna, proprio come si sente. Ma ha iniziato a notare dei cambiamenti tra le clienti del salone: “i datori di lavoro quando sentono che sei una ragazza trans fanno un po’ più di problemi perché non sei ben vista e ho notato un netto cambiamento pure nelle signore che mi guardano in una maniera diversa. Se mi presento come “un ragazzo gay” va tutto bene; “ma se dico sono F. e sono una una ragazza trans” mi iniziano a guardare strana”. Spesso è capitato che, nonostante si presentasse con un nome femminile, venisse chiamata sempre al maschile “come a farmelo apposta" - ribadisce.
Le molestie per strada all’ordine del giorno
In Italia scardinare preconcetti è difficile, così come è complesso riuscire a vivere serenamente la propria quotidianità sui mezzi pubblici, per strada, da sola o in mezzo alla folla, quando sei una ragazza trans. F. non sembra per niente sconvolta quando ci racconta che, nella vita di tutti i giorni, è costretta a subire molestie: “Mi rovinano la giornata, ma ormai ci ho fatto l’abitudine”. C’è chi si avvicina e prova ad avere un approccio con lei, chi la guarda male, chi la indica e le fa l’occhiolino. Tutte situazione che la mettono a disagio e non la fanno sentire sicura.
Il futuro? Vorrei adottare un bambino e insegnargli il rispetto per gli altri
C’è chi le dice che i transessuali oggi sono più fortunati che in passato: hanno associazioni pronte ad aiutarli, proprio come Casa +, centri specializzati a cui poter far riferimento per essere sostenuti nella transizione. E’ vero, ma per F. è vergognoso anche solo pensare che nel 2022 ci sia ancora la necessità di aiutare le persone che vogliono semplicemente essere se stesse.Al futuro pensa spesso e vorrebbe riuscire a ottenere un po’ di normalità, anche affermandosi nel suo lavoro. Creare una famiglia, poi, è il secondo step e, magari adottare anche un bambino: “sento la necessità di donare amore”. “Cosa insegneresti come prima cosa a tuo figlio o tua figlia?” - le chiediamo. Ci risponde: “Il rispetto e l’uguaglianza di tutti. Gli farei capire che tutto ciò che sta avendo non lo deve dare per scontato perché ci sono persone al mondo che non ce l’hanno”.
Fonte foto: Croce Rossa Italiana
Casa+, la casa di accoglienza per giovani LGBT di Croce Rossa
Casa + è il luogo in cui giovani che fanno parte della comunità LGBT, di età compresa tra i 18 e i 30 anni, riescono a trovare rifugio e sostegno a seguito di esperienze negative che li hanno portati ad allontanarsi dalla propria famiglia. Il progetto di Croce Rossa nasce nel 2016, insieme a un altro partner, per rispondere alle esigenze di protezione per vittime di omotransfobia e persone discriminate, e si evolve, nell’aprile 2021, in Casa +, un porto sicuro che offre gratuitamente ospitalità, e dove è possibile svolgere percorsi educativi e di inclusione lavorativa.Qui, i ragazz*, come F., vengono aiutati attraverso interventi individuali e concreti che si sostanziano nel recupero delle risorse e nel reinserimento sociale, intraprendendo percorsi di crescita personale e professionale, con l’obiettivo di renderli del tutto autonomi e capaci di tornare a volare da soli.
Come si accede a Casa +? E’ possibile mettersi in contatto con gli operatori CRI di Casa + mediante il numero verde gratuito 800 065510, oppure attraverso messaggi WhatsApp al numero di telefono 370 1288375, attivo dal lunedì al sabato, dalle ore 8:00 alle 20:00.