
Allo stesso tempo, sono arrivate anche le sanzioni da parte dell'Unione Europea che ha inserito ben 29 iraniani nella lista dei sanzionati tra cui anche i responsabili dell'arresto arbitrario di Massa Amini e il generale di brigata Kiyumars Heidari per la violenta repressione delle proteste. Sanzioni che, complessivamente, riguardano un totale di 126 persone e di 11 entità iraniane.
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Le proteste degli ultimi due mesi dopo la morte di Mahsa Amini
Tutto è iniziato lo scorso 17 settembre quando migliaia di persone sono scese nelle piazze dell'Iran per protestare contro la morte di Mahsa Amini, giovane ventiduenne arrestata perché accusata di non aver indossato il velo correttamente ed uccisa, presumibilmente, dalla stessa polizia iraniana.Da quel 17 settembre sono già morte, secondo l'Iran Human Rights, più di 326 persone oltre a migliaia di arresti come quello della giornalista del quotidiano progressista Shargh, Niloofar Hamedi, che aveva raccontato la storia di Mahsa, o di Alessia Piperno, la trentenne che si trovava in Iran e che è riuscita a tornare a casa solamente qualche giorno fa dopo un mese e mezzo di detenzione.
La prima condanna a morte e le migliaia di incriminazioni
A circa due mesi di distanza è anche arrivata la prima condanna a morte per il coinvolgimento nelle proteste contro il regime iraniano. Su Mizan, il sito di notizie della magistratura iraniana, si legge la persona in questione, di cui non si sa né l'identità né il sesso, è stata condannata alla pena capitale per aver "dato fuoco a un edificio governativo, per disturbo dell’ordine pubblico, complotto finalizzato a commettere un crimine contro la sicurezza nazionale" e per uno dei reati più gravi secondo la legge iraniana cioè quello di aver diffuso corruzione e declino morale essendo "nemica di Dio".Domenica mattina inoltre la magistratura iraniana ha comunicato di aver incriminato più di 750 persone in tre province con accuse di vario tipo, tra cui "l'istigazione all’omicidio", "la propaganda contro il regime", "i danni alla proprietà pubblica" e " le lesioni a pubblico ufficiale". Nelle settimane precedenti ad essere incriminati erano stati più di 2mila manifestanti. Numero già molto elevato e che potrebbe aumentare visto che, secondo le organizzazioni che si occupano di diritti civili, le persone arrestate durante le proteste sarebbero circa 15mila.
Le sanzioni adottate dall'Unione Europea
Nel frattempo il Consiglio dell'Unione Europea in una nota, seguita all'introduzione di nuove sanzioni contro l'Iran, ha ribadito la sua condanna al "continuo uso diffuso e sproporzionato della forza contro manifestanti pacifici" da ritenersi come "ingiustificato e inaccettabile". Per questo ha anche esortato l'Iran a "fermare immediatamente la violenta repressione contro i manifestanti pacifici, a liberare i detenuti e a garantire il libero flusso di informazioni, incluso l'accesso a Internet".Le nuove sanzioni, in particolare modo, colpiscono ben 29 iraniani tra cui i colpevoli dell'arresto arbitrario di Mahsa Amini e i responsabili delle violente repressioni delle proteste cioè i capi provinciali delle forze dell'ordine iraniane e del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche e il generale di brigata Kiyumars Heidari, comandante delle Forze di terra dell'esercito iraniano. Nei loro confronti è stato disposto un divieto di viaggio e un congelamento dei beni.
Tra i sanzionati poi ci sono anche: Vahid Mohammad Naser Majid, il capo della polizia informatica iraniana per la sua responsabilità nell'arrestare arbitrariamente persone per aver espresso critiche online al regime iraniano; il ministro dell'Interno iraniano, Ahmad Vahidi, che è anche responsabile delle forze dell'ordine colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani e l'emittente televisiva di Stato iraniana, Press Tv, responsabile della produzione e della trasmissione delle confessioni forzate dei detenuti.
Le sanzioni che adesso riguardano un totale di 126 persone di 11 entità iraniane, infine, introducono anche il divieto di esportazione in Iran di apparecchiature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna e di apparecchiature per il monitoraggio delle telecomunicazioni.
Paolo Di Falco